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Mirella Serri, “Claretta l’hitleriana. Storia della donna che non morì per amore di Mussolini”, Longanesi - Estratto
Come Ben svezzò la bambina
Il Duce fu molto orgoglioso di aver svezzato Clara e di essersi dedicato con solerzia alla sua «educazione sessuale»: «Quando venivi qua eri una bambina», le dirà qualche anno dopo. «E mi dicevo: ‘Non sarà amore, sarà affascinata dalla gloria’. Pensavo ti saresti stancata, temevo che il contatto crudo con l’uomo ti disilludesse. Poi è avvenuto ciò che doveva accadere.»
Clara aveva venti anni e aveva l’aspetto di una «bambina» ma non fu spaventata dal « contatto crudo »: fin dal primo incontro e dalla prima lettera che inviò a Mussolini… lo sfidò nella competizione erotica, mescolando ingenuità e astuzia.
Gran parte degli studiosi e dei biografi della Petacci sostengono che il vero rapporto amoroso tra il Duce e Claretta sia iniziato nel 1936, dopo quattro anni di «amore platonico», fino al momento in cui la Petacci divenuta signora Federici non ottenne la separazione dal marito.
«Per quattro anni i rapporti tra Mussolini e la Petacci rimasero circoscritti a un’affettuosa amicizia», rileva Renzo De Felice… Ma non fu così. Dagli scritti di Clara si evince che un avanzato grado di intimità era stato raggiunto molto prima del 1936, quando invece si verificò il consolidamento della loro relazione.
Claretta era perfettamente consapevole che il potere esercitato sull’amante era dovuto anche al suo tratto più infantile. «Ho preso centinaia di donne », le raccontò Mussolini, adombrando che forse erano state più di quattrocento. Fu Clara a sollecitare ripetutamente le attenzioni del suo stagionato corteggiatore.
I primi approcci non disillusero la giovane, come temeva il Duce… Seguendo la palese inclinazione del quarantanovenne dittatore, si definiva sua figlia o la sua bambina… e alludeva a rapporti per nulla castigati ma incestuosi. Lo definiva «un raggio di luce» e confessava che avrebbe voluto sdraiarsi «sotto di lui » e assorbirne le emanazioni. « Non posso vivere senza il vostro calore », constatava.
A dicembre del 1932 le lettere traboccano dei baci di Clara: «Ancora bambina... sognavo di salvarvi la vita e, per sola ricompensa da voi, un bacio sul mio labbro morente ». Lo aveva incontrato poche volte ma le richieste erano esplicite: « Ho desiderio di Voi » (il 22 febbraio 1933) oppure « Vi voglio bene ».
Lui si schermisce, « pensa a voler bene al tuo fidanzato ». Poi aggiunge: « Io sono vecchio ». Lei scoppia in lacrime: «Fate conto che io sia vostra figlia » stimolando la complicità erotica del suo anziano « amico ».
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