DAGOREPORT - COSA POTREBBE SUCCEDERE DOPO LA MOSSA DI ANDREA ORCEL CHE SI È MESSO IN TASCA IL 4,1%…
1. FAZENDA E MAZZETTE COSÌ L’OPERAIO RIVOLUZIONARIO È FINITO NELLA POLVERE
Omero Ciai per “la Repubblica”
UN eroe verde oro in manette per qualche ora. L’uomo che ha cambiato il Brasile è finito nella polvere per un’inchiesta, “Lava Jato” (autolavaggio), la Mani Pulite dei giudici di Curitiba, che da mesi ormai gli girava minacciosamente intorno.
DILMA ROUSSEFF E LULA DA SILVA
Luiz Inacio “Lula” Da Silva, l’ex presidente (2002-2010) più amato dai brasiliani, era diventato da tempo il pesce più grosso da incastrare nella crociata anti corruzione iniziata con la scoperta delle tangenti ai politici di Petrobras, la multinazionale del petrolio. E ieri i magistrati hanno calato gli assi.
Nelle carte contro Lula non ci sarebbe moltissimo. Una ristrutturazione, pagata da Odebrecht, una delle grandi aziende brasiliane, di una sua fazenda, una casa di campagna, piccola piccolissima, intestata a due prestanome. E il sospetto che la maggior parte delle milionarie donazioni per la Fondazione di Lula, “l’Istituto Lula”, siano in realtà pagamenti per i contratti ottenuti da numerose aziende, grazie alla mediazione dell’ex presidente, soprattutto a Cuba, in Venezuela, e in Africa.
Ma il fermo giudiziario di Lula, che fino ad ora si era rifiutato di presentarsi dai giudici per essere interrogato, è uno choc per il paese, perché la sua saga personale non è altro che la storia di milioni di brasiliani nell’ultimo mezzo secolo. Quella di un ragazzino che, nato poverissimo nel disperato Nordest del Brasile, si trasferisce in cerca di fortuna a San Paolo.
Fa il venditore ambulante e il lustrascarpe. Diventa tornitore in fabbrica. Poi leader sindacale che combatte la dittatura militare. E alla fine, come nelle favole, è l’operaio che diventa presidente. Eletto la prima volta nel 2002, poi a furor di popolo nel 2006, riesce perfino a indicare chi debba succedergli, Dilma Rousseff, l’ex guerrigliera. E domina senza rivali la scena politica fino alla rivolta sociale prima dei Mondiali di calcio (2014) e all’esplosione dello scandalo Petrobras.
Fino a ieri Lula era il valoroso che, grazie al successo delle sue politiche, aveva trasformato il paese trascinando venti milioni di persone dalla povertà, più o meno estrema, nella classe media, in un momento straordinario del boom economico brasiliano. Oggi è un poster sgualcito, strattonato da una parte e dell’altra delle barricate politiche, con il centro destra che pretende di cancellarne i meriti gettandolo nel fango della corruzione, e la sinistra che lo difende come il condottiero senza macchia.
Tutta colpa di Petrobras. Un’inchiesta che inizia quasi per caso a Curitiba, cittadina del sud, quasi provincia, nel marzo del 2013, e che cresce fino a coinvolgere le altre grandi aziende del Paese e tutti i suoi maggiori leader politici. Il sistema è noto. Appalti gonfiati per i lavori pubblici, in particolare per la costruzione di infrastrutture per l’estrazione del petrolio al largo delle coste brasiliane. E, con gli appalti gonfiati, un fiume di tangenti e finanziamenti illeciti per i partiti della coalizione di governo.
Lula e Mara Carfagna dal \"Corriere Della Sera\"
Denaro che, sostiene l’accusa, sarebbe stato usato per finanziare le campagne elettorali del Partito dei lavoratori (Pt), compresa l’ultima di Dilma Rousseff. Nella rete sono già finite, insieme a molti presidenti di aziende brasiliane e ai funzionari di Petrobras, molte persone vicine all’ex presidente.
Da Joäo Vaccari, il tesoriere del partito che Lula fondò negli anni ‘80, a quello che per anni fu il suo braccio destro, Jose Dirceu. Fino a Joäo Santana, il genio del marketing elettorale che ha organizzato tutte le campagne elettorali del Pt. Non è la prima volta che gli schizzi di fango della corruzione sfiorano Lula. Era già successo anni fa con lo scandalo del “Mensalao”.
lula e dilma sulla piattaforma petrolifera
Allora erano soldi in nero, usati per foraggiare nel Parlamento brasiliano deputati di piccolissimi partiti provinciali, indispensabili per far approvare le leggi. Caddero teste, ma non quella di Lula che negli anni da presidente è riuscito sempre a stare al di fuori e al di sopra dei guai combinati dai suoi compagni di partito. Fino a ieri.
Oggi il Brasile che è cresciuto, soprattutto grazie a Lula, comincia ad averne abbastanza. La classe media, vecchia e nuova, che nel decennio della crescita era anche disposta a chiudere un occhio sulla corruzione, nella crisi che graffia posti di lavoro e certezze, non lo è più.
Lula sperava di ripresentarsi alle presidenziali del 2018 ma forse, oltre a fornirci l’immagine di un paese spaccato in due, tra chi approva e chi rifiuta l’operato dei giudici, l’inchiesta Petrobras potrebbe diventare anche, nel bene e nel male, l’episodio che può chiudere la sua straordinaria avventura umana e politica.
2. UNA POTENZA MONDIALE ORA IN MANO AI CREDITORI CON L’INCOGNITA OLIMPIADI
Ettore Livini per “la Repubblica”
Piove sul bagnato in Brasile e per le Olimpiadi di Rio de Janeiro. L’ingresso ufficiale dell’ex presidente Luiz Inacio Lula da Silva nell’indagine Lava Jato è l’ennesima tegola che cade sulla testa dei Giochi e dell’economia nazionale.
Un fulmine (non proprio a ciel sereno) che rischia secondo alcuni osservatori di portare il paese ad elezioni anticipate. I mercati ci sperano: l’ipotesi dell’avvento di un governo moderato e market- friendly in tempi stretti ha spinto in rialzo in tarda serata Borsa (+4%) e real (+3% sul dollaro), regalando un +14% al colosso petrolifero Petrobras, l’azienda al centro delle inchieste dei giudici di Curitiba.
DILMA ROUSSEFF E LULA FOTO LAPRESSE
Una rondine però non fa primavera. E le drammatiche scene di ieri – l’ex presidente portato via dalla polizia e gli scontri sotto la sua abitazione – sono destinate a complicare nel breve termine le cose sul fronte domestico. Lula è stato nel bene e nel male il protagonista del boom nazionale.
Nel 2009 è stato lui a regalare ai suoi concittadini i Mondiali di calcio del 2014 e Rio 2016, al culmine di un’epoca in cui il barometro nazionale era sul bel tempo fisso: il Pil cresceva a tassi del 4% annuo da un decennio, Brasilia si era conquistata il ruolo di ottava potenza mondiale e la popolarità del presidente e del Partito dei lavoratori era alle stelle.
LUIS INACIO LULA DA SILVA FOTO
Oggi il vento è cambiato: le indagini dei giudici e i guai dei Brics - sommati agli errori di Dilma Rousseff - hanno affondato l’economia (-3,5% nel 2015, -4% le stime per quest’anno), 49 parlamentari sono sotto indagine e il rating è scivolato al livello di “spazzatura”.
L’interrogatorio di Lula è l’ennesima mazzata pure per le Olimpiadi costrette ad affrontare a un passo dal traguardo una serie interminabile di guai: la Zika ha messo in allarme spettatori e atleti, la crisi ha costretto gli organizzatori a tagliare i costi di 500 milioni (le squadre dovranno pagarsi di tasca loro zanzariere anti- virus e aria condizionata) e le vendite di biglietti nel paese è al palo. Ad oggi ne sono stati venduti meno della metà di quelli disponibili e solo il boom delle richieste dall’estero ha consentito di coprire il 74% del budget di entrate a questa voce.
Il caso Lula e l’accelerazione della crisi politica rischiano di rendere ancora più difficili i prossimi mesi: creditori e agenzie di rating, preoccupate dalla crescita del debito, hanno chiesto a Brasilia di tagliare le spese.
LUIS INACIO LULA DA SILVA FOTO
Rousseff invece, per recuperare un consenso scosso ancor di più dai fatti di oggi, si è mossa in direzione opposta: silurando Joaquim Levy, l’ex ministro delle finanze “rigorista” e consegnando la poltrona alla “colomba” Nelson Barbosa che ha subito sbloccato 20 miliardi di finanziamenti per le imprese. Il rischio è che la demagogia pre-elettorale, con questi chiari di luna, con l’attuale presidente a rischio impeachment e l’ex nel tritacarne dell’inchiesta Lava Jato finisca per essere il colpo di grazia per l’ex locomotiva dei paesi emergenti.
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