FINE LUNA DI MIELE: BERLUSCONI TORNA ALL’OPPOSIONE E RENZI MINACCIA LE URNE – MA RE GIORGIO HA GIÀ DICHIARATO CHE NON SCIOGLIERÀ LE CAMERE DURANTE IL SEMESTRE EUROPEO – PITTIBIMBO, SE CE LA FA, DEVE ATTENDERE IL 2015

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Carmelo Lopapa per la Repubblica

Il premier legge a Palazzo Chigi le agenzie che riportano il gioco di fuoco dell'ex Cavaliere durante la registrazione nel salotto di Vespa. La cosa più complicata è spegnere sul nascere gli ardori di chi, come il fedelissimo Roberto Giachetti, vorrebbe già minacciare il voto anticipato. «Calma e gesso, noi non rovesciamo il tavolo» impone il segretario Pd. Convinto che la tentazione di Berlusconi di stracciare il patto del Nazareno sia «figlia delle divisioni in Forza Italia», tra i disponibili al dialogo alla Gianni Letta e i disfattisti alla Renato Brunetta. Ma figlia anche dei sondaggi che in questi giorni non aiutano il partito dell'ex Cavaliere a mantenere la calma.

«Giachetti esagera come sempre» scherza Renzi coi suoi. Il discorso, però, si fa però subito serio: «Se Berlusconi vuole far saltare l'accordo faccia pure, noi i numeri li abbiamo e rischia di ritrovarsi con l'Italicum approvato in tempi rapidi, con tanto di secondo turno e soglie di sbarramento, e poi voglio vedere come va a finire. Noi stiamo tranquilli, vediamo le carte».

Carte che girano in favore del Pd, lui ne è certo. Il partito non starà a guardare, raccontano dal Nazareno, anche sulle riforme, «avanti come un treno». Il 5 maggio il seminario sulla modifica del Senato e della legge elettorale, il 29 aprile la riunione con il gruppo di Palazzo Madama, non viene esclusa una direzione nei prossimi giorni.

I sondaggi interni segnano un gradimento in crescita per Renzi, il Pd supererebbe addirittura la già ottimistica soglia del 35, col M5s al 21.9. Ma il voto è lontano ancora un mese e tutto può succedere con Berlusconi e Grillo in campo dall'altra parte. Il governo si gioca le sue carte, il bonus degli 80 euro, i provvedimenti imminenti su scuola e pubblica amministrazione. Il leader di Forza Italia si è giocato altri numeri davanti alle telecamere, come sa fare lui.

Era l'esordio della campagna per le Europee, del resto, lo show era preventivato. Ma nessuno tra i dirigenti aveva messo nel conto il bombardamento su più fronti nel quale si è prodotto il capo, dalle riforme al Quirinale, passando per la giustizia. Tutto nasce dal vertice in mattinata a Palazzo Grazioli. Berlusconi è reduce dalla firma di accettazione dei servizi sociali a Milano. Umore sotto i piedi. Terreno fertile per il pressing di Renato Brunetta, che si trasforma in detonatore nel salotto dell'ex premier.

Con lui, anche il capolista nel Nordovest Giovanni Toti, il capogruppo al Senato Paolo Romani. «A Porta a Porta sgonfieremo la mongolfiera di Renzi, le bugie del pallonaro Pinocchio » anticipava col consueto stile il "Mattinale", l'house organ del gruppo alla Camera che fa capo proprio a Brunetta.

Il fatto è che ieri mattina sul tavolo d'epoca dello studio al primo piano di Palazzo Grazioli sono finiti i responsi devastanti degli ultimi sondaggi. Il trend di queste settimane era già negativo. A far calare il gelo su Berlusconi, raccontano, soprattutto il dato che gli viene consegnato sulla Lombardia, la roccaforte elettorale di un tempo: Forza Italia sarebbe scesa al 14 per cento. L'assenza del leader dalle liste rischia di trasformarsi in una Caporetto.

«Non possiamo assistere a questa emorragia di consensi verso Renzi, dobbiamo reagire» si convince Berlusconi: «Soprattutto non possiamo consentirgli di presentarsi al voto di maggio per giunta con lo spot della riforma del Senato approvata ». Impedirglielo a tutti i costi, questa la linea. Meglio mettere da parte, per ora, i panni dei riformatori, dei responsabili, dei padri della Patria. Tanto, al di là delle decisioni della cerchia ristretta, sono i senatori ormai sul piede di guerra.

Paolo Romani conferma a Berlusconi che il gruppo parlamentare non regge, non si adegua al patto e alla cancellazione di Palazzo Madama dalle cartine. In questi giorni una cena riservata di senatori forzisti ha eretto barricate: il testo del governo non passerà così com'è, «Berlusconi faccia i patti che vuole». Non passerà certo prima del 25 maggio, come invece vorrebbe il presidente del Consiglio.

Alla fine diventa anche la linea dell'ex Cavaliere. Anche perché il timore che si sta facendo largo nella stretta ristretta è un altro. «E se fosse Renzi a volerci trascinare al voto anticipato, subito dopo l'approvazione dell'Italicum e della riforma del Senato?» In queste condizioni, con Berlusconi fuori gioco, ne andrebbe della sopravvivenza del partito.

«Nelle condizioni attuali, se Forza Italia va sopra il 20 per cento è un successo» ripeteva ancora ieri Toti, intervistato da Radio Capital. Bene, ma se è così - ragionavano alcuni deputati forzisti nel pomeriggio in un Transatlantico deserto -«vuol dire che siamo rassegnati a diventare terzo partito e con l'Italicum neanche si va al ballottaggio». Allora calma, meglio prendere tempo. «Le riforme le faremo, rispetteremo i patti» corregge in parte Berlusconi a Porta a Porta. Solo non subito.

Ma è un gioco pericoloso. Per Forza Italia, tanto per cominciare. È l'ennesimo azzardo. «Renzi deve solo sapere che non può dettare la linea e intestarsi le riforme, noi ci stiamo, ma con pari dignità» spiega Toti all'uscita dagli studi di via Teulada al fianco del capo. Poi di corsa verso l'aereo privato, ad Arcore entro l'orario limite delle 23. Fuori dagli studi, per strada, ci sono i "falchetti" vicini a Daniela Santanché, issano uno striscione con su scritto "Forza Presidente". Saranno gli unici nella giornata a strappargli un sorriso.

 

 

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