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Alberto Statera per "Affari&Finanza - La Repubblica"
Almeno 300 milioni di euro - ma forse il conto è sottostimato sarebbe costata ai piccoli azionisti Fonsai la satrapia della famiglia Ligresti, che la settimana scorsa ha portato all'arresto del capostipite don Totò e delle sue due figlie femmine.
A pagare, come sempre, il "Parco buoi". Definizione che mai fu più azzeccata per designare i risparmiatori destinati al macello ad opera di un capitalismo di relazione corrotto e quasi sempre impunito, che considera il mercato non un valore, non il momento della democrazia economica, ma uno strumento nelle mani di pochi per accrescerne potere e ricchezza.
Affari di famiglia, salvataggi, operazioni cosiddette di sistema e in conflitto d'interesse, fanno di Piazza Affari non la Borsa di un paese moderno, ma un deserto aperto alle imboscate e alla ripetuta spoliazione dei piccoli azionisti. Lo sceriffo che dovrebbe proteggere gli incauti viandanti è la Consob, dotata di poteri di polizia giudiziaria, che nel caso di specie, come in molti altri, è apparsa piuttosto garante dei predoni.
Fu il suo attuale presidente Giuseppe Vegas, ex parlamentare berlusconiano e sottosegretario di Giulio Tremonti al ministero dell'Economia, a concordare con Mediobanca e Unipol le mosse per il salvataggio della Fonsai sull'orlo del fallimento senza un'offerta pubblica di acquisto. Ciò che ha avvantaggiato i grandi azionisti e ha conculcato gli interessi dei piccoli risparmiatori. Come dieci anni prima, quando per il controllo della Fondiaria non fece scattare l'Opa obbligatoria, danneggiando il solito negletto Parco buoi.
La Consob è considerata, dopo la Banca d'Italia, l'Autorità di controllo per eccellenza, anche perché evoca la mitica Sec americana, che pure ha rivelato i suoi non pochi limiti. Ma in un paese in cui le parole 'controllo' e 'indipendente' sono da considerare quasi bestemmie, le Autorità indipendenti sono una selva intricatissima, con competenze che spesso si sovrappongono, tanto che non si sa bene chi debba fare che cosa, e naturalmente con costi elevati.
A parte la Commissione di controllo sulla Borsa e la Banca d'Italia, a sorvegliare tutto il sorvegliabile (in teoria) abbiamo l'Antitrust (AGCM), l'Autorità delle comunicazioni, l'Autorità dell'energia e gas, l'lvass, cioè l'ex Isvap, che si occupava alquanto distrattamente di assicurazioni (come prova lo scandalo Ligresti), il Garante della privacy, la Covip (fondi pensione) e la nascente Autorità dei trasporti. Nove, salvo errori od omissioni. Ciascuno di questi organismi ha i suoi uffici, i suoi commissari, i suoi impiegati e soprattutto i suoi presidenti, in genere ex politici riciclati, grand commis, magistrati amministrativi, ex capi di gabinetto ministeriali.
Personaggi collocati dai partiti perché trombati o cui comunque assicurare un posto e spesso una lussuosa integrazione della pensione. Di Vegas si è detto. Di Giovanni Pitruzzella, presidente dell'Antitrust, si può dire, per fare un altro esempio, che il suo atto più coraggioso conosciuto è di aver dichiarato che l'idea di collocarlo lì 'è stata di Schifani', nel senso dell'ex presidente berlusconiano del Senato inseguito da sospetti di mafia. Forse se il governo del Fare non fosse in realtà il governo del Rimandare, potrebbe chiudere un bel po' di Autorità 'indipendenti' e lasciarne solo un paio. Un paio di sceriffi, ma veri.
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