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Liana Milella per “La Repubblica”
Le mosse di Robledo contro Bruti hanno sortito l’effetto di «indebolire la credibilità e l’efficacia dell’azione giudiziaria dell’ufficio di Milano ». Lo scrive il procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati in una nota interna all’ufficio del primo luglio che da ieri, assieme ad altre 28 pagine, costituisce il nuovo dossier sulla guerra di Milano tra i due magistrati. Trasmessa a Roma dal Pg Manlio Minale, la nota squaderna il giudizio che Bruti ha sul suo aggiunto.
Un magistrato con cui «l’interlocuzione continua a presentare profili di rilevante criticità», che fa interrogatori con troppe persone e soprattutto «con i giornalisti dietro la porta», che indirizza «mail riservate di cui poi dà conto il Corriere della Sera », che «conduce un interrogatorio con l’imputato Rognoni, senza coinvolgere i due sostituti e senza adottare alcun provvedimento motivato al riguardo».
Proprio lui che, del rispetto delle forme all’interno di una procura, è un teorico. C’è questo, ed altro, nella lettera interna la cui trasmissione a Roma ha fatto infuriare il procuratore di Milano. Che già una volta si era scagliato contro Robledo quando aveva inviato carte riservate dell’inchiesta Expo su cui lo stesso Bruti fu costretto a mettere il segreto, mentre i pm chiesero l’anticipo degli arresti.
Bruti è furibondo innanzitutto perché si tratta di una nota interna, in cui sono descritti fatti riservati dell’ufficio di cui nessuno sarebbe dovuto venire a conoscenza. Una missiva che avrebbe dovuto essere nel solo possesso di Robledo e che invece è stato Minale a mandare a Roma. Esistono gli estremi per un possibile reato? È presto per dirlo, al momento si può registrare solo la collera di Bruti.
Arrabbiatura che trapela evidente dalla nota di due pagine con cui Bruti assegna, oltre che a se stesso, il troncone milanese dell’inchiesta Mose ai pm Luigi Orsi e Luigi Pellicano. Resta fuori Robledo, che pure è il coordinatore del pool per i reati contro la pubblica amministrazione. Un elenco di punti ne spiega la ragione. Robledo «non ha mai preso parte agli incontri dei pm» che pure si sono svolti quasi ogni giorno.
Bruti dispone che gli atti di indagine «si debbano tenere in luoghi riservati onde evitare l’inconveniente alquanto sgradevole della presenza di numerosi giornalisti ». Gli interrogatori non devono essere «sovraffollati», come quello in cui c’errano «ben 5 Pm e 4 ufficiali della Gdf».
Come finirà stavolta? Nell’attuale Csm in scadenza c’è il forte dubbio che la materia toccherà al prossimo consiglio. La presidente della settima commissione Casella non può agire finché da Milano non arriva almeno il verbale del consiglio giudiziario che ha giudicato il progetto organizzativo di Bruti. Se ne parla la prossima settimana. Ma proprio quel consiglio non chiuderà la pratica prima di agosto. Quindi a Roma devono aspettare. Il caso finirà congelato.
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