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Maria Giovanna Maglie per Dagospia
Magari gli fa orrore, come non hanno mancato di dire per tutta la campagna elettorale, e oltre a dire, hanno speso un sacco di soldi per niente nella campagna di Hillary Clinton, ma certamente si sono presentati a corte alla Torre tutti quanti obbedienti i Fangs, fantasioso acronimo di Facebook Apple Netflix e Google, ovvero i giganti di Silicon Valley, accorsi a baciare la pantofola del presidente eletto.
Magari gli fa orrore ancora, ma solo l'annuncio della visita gli ha fatto capitalizzare 26 miliardi in più, e il tutto si iscrive nell'euforia generale che ormai dura da un po’,con l'indice Dow Jones a 20.000 punti più o meno, cioè il record assoluto. Benvenuti nel Trump bump.
Si accodano perciò anche i CEO di Alphabet, Microsoft, Cisco, IBM, Oracle, Amazon, su invito ufficiale del capo staff Priebus, ma in realtà dopo accurato lavoro di mediazione e di preparazione, organizzato e gestito da Peter Thiel, il tycoon tecno digitale noto soprattutto per aver fondato e inventato PayPal, ora nel board di Facebook.
peter thiel, elon musk fondatori di paypal
Thiel è sempre stato con Donald Trump e ha fatto anche un gran discorso alla convention repubblicana, diventando il simbolo possibile di un tycoon di Silicon Valley e omosessuale che si sentiva a proprio agio con il progetto politico di Donald Trump ; e si intende a meraviglia con l'immancabile, abituarsi che sarà il prezzemolino, Jared Kushner, genero e consigliere del presidente.
“Pagate le tasse all'estero cercando paesi convenienti e costruite imperi senza metterci lavoratori”, queste sono sempre state le accuse mosse da Trump in campagna elettorale a Silicon Valley. Ora si tratta di tirar fuori dal cilindro una forma di accordo.
Le condizioni non sono favorevoli , il problema che ha nella testa il presidente eletto è quello di rappresentare , lui che è miliardario e imprenditore, una classe di lavoratori e di piccola borghesia deprivata della certezza del lavoro e della identità, ed è uno stato di confusione che assomiglia molto all'epoca di crisi degli anni 30.
Ma il presidente eletto sente la famosa aria buona dell'economia che tira e dei mercati che gli sorridono, e non lo preoccupano le ritrosie dei Fangs o il racconto sempre negativo dei media.
In Wisconsin per una tappa del giro di ringraziamento, ha ripetuto che sono disonesti e bugiardi la maggior parte dei giornali e delle televisioni, e il pubblico urlava insulti alla Cnn. Sarà una lunga storia quella dello scontro epocale tra i media americani e Donald Trump, ma soprattutto quella fra Donald Trump e gli esponenti del partito repubblicano, abituati a lisciare il pelo ai giornalisti liberal di Washington.
peter thiel alla convention repubblicana
Sul palco in Wisconsin erano silenziosi e terrorizzati, a partire da Paul Ryan, ma il potere del presidente in questi prossimi due anni, fino alle elezioni di meta’ mandato, e’ tale, visto che ha regalato al partito repubblicano la maggioranza di Camera Senato governatori e parlamenti statali nella maggior parte dei 50 stati, che stanno tutti buoni e zitti, almeno in pubblico.
Scommettiamo che finiranno presto le grandi chiacchiere sull’ aiutino fornito dalla Russia? Scommettiamo che l'approvazione del governo arriverà anche se contiene delle botte micidiali dall'establishment Washington, anche se prima ci saranno un po' di scaramucce al Senato?
E sarà approvato anche l'incarico a Rex Tillerson nuovo segretario di Stato. Sono interessanti I retroscena della nomina di quello che anche il New York Times chiama un pragmatico flessibile. Da Condoleezza Rice a Bob Games, ovvero due Bushiani di ferro, che lo hanno caldamente raccomandato al Presidente, a dimostrazione che un accordo con la Russia e una politica completamente rinnovata in Medio Oriente la vuole l'intero mondo conservatore della politica e degli affari;
dalla sponsorizzazione entusiasta di Jared Kushner, rieccolo, al muro contro Mitt Romney alzato dai più importanti collaboratori della campagna elettorale che non potevano accettare una nomina per un repubblicano infido che aveva insultato Trump e tutti i suoi collaboratori incessantemente; dal gran rifiuto di Rudy Giuliani, che voleva una nomina per acclamazione e quando si è visto in mezzo ad altri candidati ha scritto una lettera di rinuncia rimasta riservata già alla fine di novembre, fino al fatto che nessuno dei convocati convinceva il presidente e di nessuno gli piacevano le dichiarazioni all'uscita dagli incontri.
Tillerson è arrivato dalla porta di servizio, non ha rilasciato mai una dichiarazione, però si è dimesso dal suo incarico di presidente della ExxonMobil prima di avere certezze: quando si sono incontrati lui e Trump, ed era la prima volta, gli ha raccontato col fare un po' smargiasso dei texani la sua storia che sta a metà tra il capitano l'industria e il grande mediatore di geopolitica, perché questo fa uno che a capo della ExxonMobil. I precedenti non mancano nella storia americana, da McNamara a Rockefeller.
Trump si è riconosciuto in un uomo digiuno di politica che si crede migliore dei politici di professione. Inutile fingere che non sia una rivoluzione, perché lo è. Intanto Tillerson passa da 27 milioni di dollari all'anno più benefit di stipendio a 186mila; poi arriva con gli stivali texani uno che ha trattato in quella giungla che e’ il Mar Caspio per circa vent'anni e che ne sa qualcosa su come risolvere i problemi di Ucraina e Crimea con la Russia. L'Europa non si aspetti guanti bianchi.
Trump considera il segretario di Stato la nomina più importante del suo prossimo governo, non male per un isolazionista, come era stato bollato.
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