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SANREMO DIVENTA UN TALENT SHOW? LA SALA STAMPA RIBOLLE, SI SENTE DEFRAUDATA DEL POTERE DECISIONALE…
1- TANTO
Jena per La Stampa: Berlusconi non si ricandida: "Tanto c'è già Renzi".
2- "VOLEVO LASCIARE IL PARLAMENTO MA HO DECISO DI RESTARE. RENZI HA SBAGLIATO, E CONTINUA A SBAGLIARE. SI FARÃ MALE"
Federico Geremicca per La Stampa
â'Guardate, ne avevamo perfino parlato, io e Bersani. Un paio di mesi fa. Gli avevo detto: ragioniamo, troviamo un modo per un mio impegno diverso. Del resto, lavoro già tantissimo, lo sai, un appuntamento dietro l'altro, spesso all'estero: valutiamo assieme l'ipotesi che io non mi ricandidi al Parlamento... Ma ora no. Così, per quanto mi riguarda, no. Poi, naturalmente, parlerà il partito...».
Erano in tanti ad attendere la decisione di Massimo D'Alema: si ricandida o arretra - come molti speravano sotto l'impetuoso attacco di Renzi e dei suoi «rottamatori»? Ora quella decisione è finalmente nota. L'altra sera, infatti, ad un paio di fidatissimi amici di partito, ha confidato: «Lo sapete che se mi stuzzicano reagisco. E che se c'è da combattere, combatto. Renzi ha sbagliato, e continua a sbagliare. Si farà del male».
Erano in tanti ad aspettare un segnale: perché in queste primarie segnate da un drammatico scontro generazionale, la sorte di tanti - appunto - dipende dalla rotta di Massimo D'Alema. Un suo passo indietro, infatti, avrebbe costretto alla resa molti dei leader e dei parlamentari con più di tre mandati alle spalle e messi all'indice da Matteo Renzi; un suo «resistere, resistere, resistere» - invece - dà ora più forza a chi ritiene che la «rottamazione» sia un metodo selvaggio e opportunistico di intendere il rinnovamento e la lotta politica. Ora che la rotta di D'Alema è nota, molti possono tirare un sospiro di sollievo: e accartocciare, assieme alle narrazioni che davano il lÃder maximo offeso e depresso, i preannunci di un suo imminente passo indietro.
Naturalmente, che sia rimasto personalmente turbato dal trattamento riservatogli dal sindaco di Firenze, è più che possibile (e comprensibile): infatti, non c'è cinema, teatro o studio televisivo nel quale Renzi non mostri la faccia di D'Alema che dice «se vince lui, il centrosinistra è finito» per poi replicare «se vinco io, al massimo è finita la sua carriera parlamentare». Un tormentone - anzi, praticamente una gag - che lo sta trasformando nel simbolo di ogni male, nel nemico da abbattere. Capita, a volte. Capitò a Craxi, poi ad Andreotti, infine a Berlusconi: ma non è, insomma, che sia una gran compagnia...
Renzi, per altro, non lo convince e non gli piace. à persuaso che si tratti di un fenomeno mediatico o poco più. Ieri in Transatlantico, di ritorno dalla Basilicata, D'Alema spiegava il suo punto di vista ad alcuni deputati del Pd: «Sono stato a Matera per una iniziativa su Berlinguer: c'era il doppio della gente rispetto a quanta era accorsa ad ascoltare Renzi. Però i giornali non lo scrivono, perché "rottamare" il Pd conviene a molti».
Non solo: contesta - per esempio intorno all'ormai noto camper - ingenuità incomprensibili. «La settimana scorsa Renzi è andato a Sulmona. Sapete come? Jet privato da Ciampino, poi una Mercedes... In camper c'è salito alle porte di Sulmona: ma quando è arrivato in piazza, tutti ad applaudire il giovane ribelle che "altro che auto blu, lui viaggia in camper". Non lo ha scritto nessuno che si muove così. Anzi no, sbaglio: lo ha scritto "Repubblica". Ma in cronaca di Firenze. Ora leggo che è finanziato, addirittura dall'America, da Paolo Fresco... Che altro dire?».
Già , che altro dire? Magari che è anche per questo che è arrabbiato con Renzi? «Non ho il tempo di essere arrabbiato con lui - spiega agli amici deputati -. Sono presidente della più importante Fondazione dei progressisti europei, dovreste vedere gli uffici di Bruxelles e la quantità di impegni in giro per l'Europa. Figurarsi se, tra il lavoro che mi attende quando torno in Italia e le iniziative in altri Paesi europei, ho il tempo di arrabbiarmi con Renzi. à anche per questo che stavamo valutando con Bersani la possibilità di un mio abbandono del Parlamento. Del resto, questo non avrebbe ostacolato un qualche mio impegno al governo, se vinceremo le elezioni e se sarà ritenuto necessario».
Ora, però, non è più il caso di parlarne. Certo, agli amici di partito che come lui - sostengono Bersani, non nasconde che «queste primarie sono un risiko, Pier Luigi le vincerà , ma ci sarà da tenere gli occhi aperti». à anche per questo - oltre che per difendere il proprio onore - che sarà in campo: per salvaguardare un quadro di alleanze e una prospettiva di governo che gli paiono più convincenti di quelli proposti dal sindaco di Firenze. Poi, naturalmente, c'è il rischio, la difficoltà della sfida: e le difficoltà - da sempre - piuttosto che spaventarlo, lo hanno sempre motivato...
In fondo in fondo - ma proprio molto in fondo - non è che D'Alema non colga il senso della battaglia ingaggiata da Renzi per un radicale rinnovamento di uomini e politiche: magari non lo ammetterà mai, ma è nell'agone da troppi anni per non sapere che, ciclicamente, la questione del ricambio si pone.
E solitamente (e naturalmente) sono i giovani a porla. Del resto è capitato anche a lui. Aveva appena compiuto 39 anni quando fu inviato in Liguria per spiegare a Natta (sconfitto alle elezioni dell'anno prima e colpito da lieve infarto) che era giunta l'ora che si facesse da parte; e soltanto 45 quando - nel 1994 - diede battaglia per la sostituzione di Achille Occhetto (battuto alle elezioni da Silvio Berlusconi).
Dunque, non contesta la regola secondo la quale chi è sconfitto - talvolta - debba farsi da parte. Ma c'è modo e modo, verrebbe da dire... «A me quella parola, "rottamare", non piace proprio per niente - spiega ai due deputati che lo stanno ad ascoltare -. Voi dite di Natta e di Occhetto... ma io non ho mai spinto verso il ricambio per sostituire qualcuno, per un fatto personale.
Dopo Achille, il segretario poteva farlo tranquillamente Veltroni: e in ogni caso, nessuno riempì di insulti il leader uscente. Quanto a Natta, gli dissi semplicemente quel che ero stato incaricato di dirgli per conto del partito. Lui, un dirigente serissimo, capì. E alla fine ci stringemmo in un abbraccio...». Altri tempi, sicuro. Migliori o peggiori non sapremmo dirlo.
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