DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Marco Conti per “il Messaggero”
La maggioranza è sfilacciata e l'opposizione, dopo aver accusato il colpo dovuto alla nascita del nuovo governo, ha ripreso a correre. Ora c'è da attendere il varo della manovra di bilancio, le feste di Natale e, forse, le elezioni in Emilia Romagna, ma dopo tali appuntamenti per i leader della maggioranza è impossibile non tornarsi a guardare negli occhi per capire le intenzioni di ognuno e se ci sono ancora le condizioni per andare avanti. Da Bologna sono arrivate ieri serie bordate.
LE ALTRE
Nel Pd l'insofferenza è crescente e molti dei leader a suo tempo poco inclini al Conte2, hanno ripreso a picchiare e fanno proseliti. Ieri Nicola Zingaretti ha annunciato che il Pd lavora «ad una nuova agenda» di governo dentro la quale ha messo la riforma fiscale, la revisione dei decreti sicurezza di Salvini e lo ius culturae. Luigi Di Maio ha prima replicato con l'argomento del «ci sono ben altre priorità», salvo poi spiegare che «siamo al governo per governare e non per lanciare slogan o fare campagna elettorale».
Nelle parole del segretario dem c'è sicuramente una quota di propaganda, ma visto ciò che il Nazareno si gioca in Emilia Romagna, forse Di Maio sottovaluta la tensione esistente nel partito alleato. Ieri il Pd, spinto dalle sardine di piazza Maggiore, ha provato a reagire da un lato all'iniziativa di Renzi e dall'altro strigliando un alleato al quale rimprovera soprattutto la difficoltà che ha al proprio interno a fare sintesi sull'ex Ilva o su Alitalia, sullo Ius culturae come sulle alleanze nei territori.
Il presidente del Consiglio Conte, lavorando a stretto contatto con la pattuglia dei ministri dem guidati da Dario Franceschini, si è accorto da tempo della tensione e una settimana fa, intervistato dal Fatto, ha lanciato l'idea di una sorte di conclave della maggioranza da fare subito dopo l'approvazione della legge di Bilancio. Nel presidente del Consiglio è forte la consapevolezza che «così non si possa andare avanti a lungo». Anche perché il senso di precarietà della maggioranza rafforza soprattutto la Lega che può coltivare la speranza, e la narrazione, di un suo ritorno a breve al governo.
Alla Farnesina c'è chi è convinto che «lo Ius culturae» sia la zeppa che Zingaretti intende mettere alla legislatura anche a costo di andare ad elezioni anticipate con il vecchio Parlamento e la stessa legge elettorale. Un argomento che fa leva sui dubbi che il segretario del Pd aveva ad agosto nel permettere al suo partito di andare al governo senza passare prima dalle urne.
Ma lo scenario è ora mutato e Zingaretti, come Paolo Gentiloni - altrettanto critico nei confronti di chi governo cercando di piazzare «bandierine» - ragionano sulla legislatura tentando di evitare che per il Pd si ripeta un po' la sorte delle legislature 1996-2001 e 2013-2018: tre governi a legislatura e, dopo, due sonore sconfitte.
Nel M5S la minaccia del voto anticipato sembra ancora funzionare ed è in grado ancora di calmare gli spiriti più bollenti. «Siamo stati al governo un anno e mezzo con chi voleva far saltare il governo e abbiamo visto come è finita», sosteneva ieri sera con i suoi il leader del M5S che in questo modo mostra di esser convinto che dopo il governo-Conte possa esserci ancora un'altra maggioranza per arrivare in fondo alla legislatura.
Il referendum sul taglio dei parlamentari - che i grillini intendono sottoscrivere a fine dicembre - è per il M5S un buon motivo per arrivare sino a giugno in modo da trovarsi poi a ridosso della nuova legge di bilancio. Una strategia un po' da apprendisti stregoni che permette ai parlamentari di assicurarsi un altro anno di legislatura e di sentirsi ancor un po' più liberi di trattare per il dopo.
NICOLA ZINGARETTI E LUIGI DI MAIO BY CARLI
D'altra parte dopo il varo di quella che una volta si chiamava legge finanziaria, l'agenda del governo è tutta da scrivere, specie se si escludono le emergenze (da Alitalia all'ex Ilva). Anche l'intesa sulla legge elettorale langue, mentre sulla prescrizione e la riforma della giustizia (unico argomento che compatta di grillini), l'intesa con il Pd e l'Italia Viva di Renzi, è lontanissima. Consapevole dei rischi che corre soprattutto la sua leadership di governo, Conte prova a reagire esponendosi di persona su tutte le questioni più complesse, ma è costretto ogni volta a guardarsi dal fuoco amico destinato ad infittirsi con il nuovo anno.
2 - MA È SCONTRO CON IL M5S IL TIMORE DI DI MAIO: VUOLE FAR CADERE IL GOVERNO
Federico Capurso per “la Stampa”
LUIGI DI MAIO CON LA VANGA PIANTA UN ALBERTO A CASORIA
«Vuole far cadere il governo», reagisce Luigi Di Maio quando gli vengono riferite le proposte di Nicola Zingaretti lanciate dal palco di Bologna: approvare lo ius soli, smantellare i due decreti Sicurezza partoriti dal vecchio esecutivo gialloverde. Emerge il sospetto - nei ragionamenti di Di Maio con i suoi - che il segretario del Pd stia facendo «campagna elettorale per l' Emilia Romagna sulla pelle del governo».
Perché lì, in caso di sconfitta, Zingaretti perderebbe anche la guida del partito. «Ma se invece vuole un governo di sinistra, allora il governo cade», ragiona uno dei dirigenti M5S. E questo è un messaggio che arriva rapidamente alle truppe, perché qualcuno teme - intorno al capo del M5S - che Zingaretti voglia aizzare contro Di Maio quelle anime grilline di sinistra che su Ius Soli e decreti Sicurezza sono allineate ai dem.
FOTOMONTAGGIO – LUIGI DI MAIO NICOLA ZINGARETTI
Il filo della paura, dunque, non è in mano al solo segretario del Pd. Si intreccia invece ai pensieri di entrambi i leader di governo. Non è un caso che Di Maio sia tornato per il fine settimana nella sua Campania, tra Salerno, Acerra, Pomigliano: da lì, tra gli attivisti e i piccoli bagni di folla che raccoglie nei bar, intende far partire il percorso di ricostruzione della propria leadership. Un tour delle regioni, a riannodare il rapporto con quelli che un tempo erano i meetup, che dovrebbe durare almeno un anno.
LUIGI DI MAIO CON LA VANGA PIANTA UN ALBERTO A CASORIA
E nel frattempo, si prepara a una possibile campagna elettorale in primavera, indurisce i toni, chiede agli alleati «chiarezza» e «basta con gli slogan». Ma se il governo cadrà dopo l'Emilia Romagna, anche i vertici pentastellati più fedeli al capo sono convinti che Di Maio dovrebbe dimettersi. E questa volta, senza ricorrere alla ciambella di salvataggio di un nuovo voto online degli attivisti su di sé, come era accaduto dopo il risultato catastrofico delle Europee.
Gli sherpa di governo, infatti, sono al lavoro. La voce che viene veicolata con insistenza dai 5s in Parlamento - e di cui il premier Giuseppe Conte sarebbe uno sponsor - è che «se anche il Pd perderà in Emilia Romagna, il governo andrà avanti». E all'insegna di questo spirito di conservazione, tra i dem in area Franceschini - dove si ha il polso degli umori del grosso delle truppe Pd -, si darebbe spago alla suggestione: «Se perderemo, dovrà dimettersi Zingaretti da segretario. L'esecutivo, invece, non cadrà automaticamente, anche se dovremo parlarne».
GOVERNO CONTE BIS BY TERRE IMPERVIE
Sulla sponda del Movimento, però, restano le preoccupazioni più forti. Perché nessuno è pronto a tornare al voto. E al di là dei toni duri con i quali sono state respinte le proposte di Zingaretti, si ragiona sugli angoli da poter smussare. Lo ius soli nel Movimento è largamente osteggiato e la possibilità che venga approvato è rasente allo zero, ma «sullo ius culturae, ad esempio, si può aprire un confronto, magari più in là», sostengono fonti di primo piano dei Cinque stelle. E lo stesso vale per i decreti sicurezza partoriti dai leghisti, per i quali si sostiene la volontà di modificarli seguendo le indicazioni fornite dal Colle, «ma non di cancellarne la ratio, come vorrebbe Zingaretti».
Anche sul memorandum per la Libia, di fronte alle richieste di affossarlo, avanzate da Leu e da una parte del Pd, i 5S propongono di migliorare le condizioni dei migranti e assicurare il rispetto dei diritti umani. «Se però continuiamo a dividerci così - dicono -, facciamo solo un favore a Salvini». E infatti, poco dopo, il leader della Lega twitta: «Siamo pronti a dare battaglia, dentro e fuori il Parlamento, per fermare lo Ius Soli ed evitare che si cambino i decreti Sicurezza».
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