DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Ugo Magri per “la Stampa”
Le consultazioni che iniziano domani saranno un bagno di realismo per tutti e un passaggio non privo di rischi per i vincitori. Ad esempio, una volta al Quirinale, Matteo Salvini si accorgerà che è un po' diversa da come lui se l'immagina; pensa di andare «a sentire che cosa ci dice il Capo dello Stato», sul quale nell'ultimo biennio ha riversato gentili epiteti (da «cattocomunista» a «sonnolento», da «schiavista» a «venduto»).
Invece è Sergio Mattarella che lo aspetta alle 12 di giovedì per chiedergli come pensa di mettere in piedi una maggioranza e un governo, con l' aiuto di chi, con quali programmi, quanto sono avanti i contatti coi grillini, dove si sono arenati, se Berlusconi c'entra davvero qualcosa e dove altro Salvini conta di bussare. Sarà la Lega a dover fornire risposte, non viceversa.
TRASPARENZA OBBLIGATORIA
Idem quando alle 15,30 sul Colle si presenterà Luigi Di Maio: il capo dei Cinquestelle intende far pesare che «sono stato indicato dal popolo», dunque «l'incarico mi spetta». Però da lui Mattarella vorrà sapere dove prevede di raggranellare i voti mancanti alla Camera e al Senato, nel caso di accordo con Salvini chi siederebbe al volante, se tra loro due ne hanno già ragionato o ancora no, e quando allora lo faranno.
Il presidente in questa fase non nomina «esploratori» in quanto esplorerà personalmente, in modo da girare ai protagonisti le domande che farebbe chiunque. Non ci saranno webcam, ma possiamo attenderci che dai colloqui emergano chiare le posizioni. La trasparenza sarà, inevitabilmente, parte del gioco.
ZERO SCORCIATOIE
Se poi qualcuno dirà «meglio tornare a votare», quel qualcuno dovrà convincere il presidente che nuove elezioni rappresenterebbero una via d'uscita. Al momento, la supermedia dei sondaggi post-elettorali di YouTrend e di Termometro politico segnala una crescita di 1-2 punti del M5S (che salirebbe al 34 per cento) e di uno zero virgola nel caso del centrodestra, prossimo al 38.
Sono scostamenti fisiologici, noti in letteratura come «band wagon effect», la solita corsa a soccorrere il vincitore. Nessuno può al momento garantire che, spendendo 300 milioni per un voto-bis, e scomodando 50 milioni di persone, verrebbe fuori un risultato distante da quello del 4 marzo.
Forse, cambiando per l'ennesima volta il sistema elettorale, lo stallo verrebbe superato.
Ma riscrivere il "Rosatellum" come? Con un premio alla lista, assecondando Di Maio, oppure alla coalizione, per la gioia di Salvini? Mattarella sarebbe probabilmente contento di ricevere qualche primizia.
Tra l'altro, per riscrivere il "Rosatellum" ci vorrebbe un governo in carica; escluso che il Parlamento possa provvedere in sua assenza, sarebbe una forzatura dei regolamenti e la Casellati si coricherebbe sui binari per impedirla. Un governo servirebbe comunque, anche per pochi mesi, perfino per poi rivotare.
VIETATO TERGIVERSARE
Salvini non avverte urgenza di scoprire le carte perché le elezioni in Friuli (il 29 aprile) «daranno un bel segnale al Colle» e a quel punto, sognano i leghisti, Mattarella dovrà scattare sull'attenti. Più passano le settimane, tuttavia, più si avvicina la Scadenza maiuscola, l'appuntamento che l' Italia non potrà assolutamente disertare: il Consiglio europeo del 28-29 giugno.
In quei due giorni sarà vitale che a rappresentarci sia un premier operativo perché l'intenzione franco-tedesca è di prendere decisioni proprio sui cavalli di battaglia dei nostri «sovranisti» e dei grillini. Si deciderà nell' ordine:
1) sul diritto d' asilo, cioè il grosso dell'immigrazione;
2) sul futuro dell' euro (rapporto tra deficit e Pil, Fiscal compact, Fondo monetario europeo);
3) sul dare-avere di ciascun paese membro nei prossimi 7 anni.
Sarebbe una sconfitta per tutti, incominciando dai vincitori delle elezioni, se l'Italia lasciasse una sedia vuota perché Salvini e Di Maio si litigano il giocattolo. Un governo è necessario il più presto possibile per influire già nella fase preliminare. Molto fa ritenere che, Friuli o non Friuli, perdurando la paralisi Mattarella sarà costretto a constatare il fiasco dei predestinati, e a cercare lui qualche possibile soluzione.
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