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1- MAL DI MALDIVE
Testo e foto da Oggi.it
Da Casini a Rutelli, da Schifani a Stefania Craxi. Ma anche Francesco Totti (con famiglia) e Christian Panucci. Sull'isola di Madhiriguraidhoo, alle Maldive, per le vacanze di fine anno c'era uno schieramento bipartisan. Con politici mischiati a calciatori e altri personaggi vip. E gli italiani si indignano. Anche perché basta guardare le foto che pubblica in esclusiva Oggi, in edicola da mercoledì, per rendersi conto che sono davvero vacanze di lusso. E in un momento in cui alla gente il governo chiede sacrifici lacrime e sangue... beh, fa un certo effetto.
Sull'isolotto di Madhiriguraidhoo, atollo di Lhaviyani, a salutare il 2011 accogliendo fiduciosi il 2012 c'erano il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini (con sorella, la moglie Azzurra Caltagirone e figlie); il leader dell'Api Francesco Rutelli (con la moglie Barbara Palombelli); il presidente del Senato Renato Schifani (e la moglie Franca); l'onorevole Stefania Craxi col marito produttore Marco Bassetti, di Endemol; Francesco Totti (con Ilary Blasi e figli); gli ex calciatori Christian Panucci e Gianluca Pessotto.
Sportivi e politici si sarebbero più volte incrociati nel ristorante della struttura, ma il livello di socializzazione non si sarebbe spinto oltre i convenevoli. Avvistati in zona anche Caterina Balivo col fidanzato Guido Maria Brera, il giornalista Salvo Sottile con la moglie direttore di SkyTg24 Sarah Varetto. E a un certo punto sarebbe arrivato anche il presidente della Camera Gianfranco Fini (con famiglia) che però avrebbe scelto di soggiornare su un atollo meno affollato. Come dargli torto: nelle ultime due settimane Lhaviyani pareva Fregene...
2- FINI E LE VANCANZE AI TROPICI LA TULLIANI LO DIFENDE: "PAGATE CON SOLDI ONESTI"
Il Giornale.it - Foto di Chi
"Nessuno scandalo, il viaggio alle Maldive è stato pagato con denaro guadagnato onestamente". In una intervista al settimanale Chi Elisabetta Tulliani parla del viaggio fatto con Gianfranco Fini a Capodanno. "Siamo partiti per tagliare un traguardo importante: Gianfranco ha compiuto sessant'anni", spiega la compagna del presidente della Camera. E sottolinea: "Siccome non capita tutti i giorni, abbiamo voluto festeggiare in una maniera gradevole".
Sulle critiche rivolte dall'opinione pubblica nei confronti dei politici che hanno trascorso le vacanze di Natale ai tropici, la Tulliani ci tiene a sottolineare: "Io penso quello che pensa anche Gianfranco (ne abbiamo parlato, ed è un pensiero che ci accomuna), cioè che quando si paga con bonifici bancari, con denaro guadagnato onestamente, non c'è niente di scandaloso".
In molti, tuttavia, hanno giudicato la scelta di andare in vacanza alle Maldive poco sobria, specialmente se presa in un periodo di crisi economica. "Fare una vacanza l'anno non è che sia questo gran lusso", replica la Tulliani.
Nei giorni scorsi Fini è finito sotto i riflettori dei media per aver mancato il funerale di Mirko Tremaglia. Anche in questo caso la Tulliani ci tiene a puntualizzare: "Gianfranco il 31 dicembre ha preso l'aereo ed è andato a fargli visita alla camera ardente, lo ha salutato per l'ultima volta, è stato molto toccato da questa scomparsa. E' partito alla volta di Bergamo anche se noi avevamo il nostro volo il giorno dopo".
3- DAGOREPORT: LA CASTA DI CARTA
"Era la coscienza del proprio tempo, che ne era privo"
(Stanislaw J.Lec)
Non sembra arrestarsi l'onda lunga dell'Antipolitica che, sospinta dal basso del Paese, è cavalcata proditoriamente dai media. Essì, fa un certo effetto assistere alle evoluzioni acrobatiche dei surfisti della morale e dei tagli (altrui) che ogni giorno sulla grande stampa alzano il ditino accusatore contro istituzioni, politici, burocrati, tassisti, ristoratori, operai, impiegati e poveri pensionati.
Dove ormai è difficile distinguere i "buoni" dai "cattivi". Come accadeva nei vecchi e cari film western. Ma con l'arrivo sulla scena dello spietato sceriffo Monti, l'intero cast (pellerossa, cowboy, assaltatori di diligenze e ladri di cavalli) è stato trasformato dai media in un'indistinta scena di massa di attori "privilegiati".
Tutti (comprese le povere comparse) destinatari - almeno a dare ascolto ai Professionisti dell'Anticasta -, di aiuti e prebende varie (improprie). A cominciare dal diritto (acquisito) alla pensione rimandato per tanti alla quarta età tra gli applausi della Casta di Carta, che nel frattempo "incassa" con le aziende i pre pensionamenti a 59 anni. E nella mischia in stile saloon ormai nessuno può distinguere chi le dà e chi le becca.
Ora a questi disgraziati protagonisti del Far West all'italiana (altro che fortunati), per vendicarsi dall'assedio dei media e dalle loro fucilate indistinte, hanno cominciato a fuggire dalle edicole. In autunno le vendite di alcuni giornali leader sono in picchiata libera. Un fenomeno preoccupante che forse dovrebbe far riflettere editori e direttori, dopo Tangentopoli impegnati nella Seconda Crociata Antipolitica.
Che fin qui ha prodotto quel "capolavoro" della seconda Repubblica, oggi ripudiata da tutti i suoi cantori che avevano salutato sulle prime pagine dei giornali la Rivoluzione italiana (copyright Paolo Mieli-Corriere della Sera).
Per capire di che privilegi si tratta oggi basta sfogliare un qualunque giornale padronale: dagli stipendi milionari di alcuni manager bolliti (Alessandro Profumo) - che però incontrato scarsa pubblicità sui giornaloni -, alle pensioni d'oro; dall'art.18 all'età di fine lavoro; dall'inamovibilità nel pubblico impiego agli orari (ora a tempo) dei commessi.
E ancora: dai presunti benefit dei parlamentari alle case degli enti date in affitto ai soliti noti (e i giornalisti che ne godono da anni?); dalle nuove regole per farmacie, notai, benzinai ai mutui casa. Per finire con i libretti postali, mandati al macero per arricchire le banche.
Sempre più a corto di liquidità e di professionalità . Della serie, insomma, del cocomeraio romano: Taja ch'è rosso!
Così, mentre si va lancia in resta contro le corporazioni (giornalisti esclusi, ovviamente) e si scoperchiano le solite malefatte politiche, pari udienza mediatica non incontrano le dichiarazioni di quell'imprenditore che ai funerali di don Verzè ha spiegato in tv (subito smentito) che anche il papabile padrone del San Raffaele, Giuseppe Rotelli, avrebbe pagato tangenti nel settore della sanità .
Il giorno dopo non c'è stato uno straccio di cronista (o di Gabanelli catodica) che sia andato a intervistare l'accusatore dell'azionista numero uno del "Corriere della Sera" per sapere come stavano davvero le cose (presunte mazzette).
Molto più facile, allora, per la Casta di Carta crocifiggere quel povero cristo dell'assessore Buontempo che è andato in gita a Perugia con l'auto blu. E riesumare il volto malato del bancarottiere Callisto Tanzi nel giorno che l'ex governatore Fazio (non l'assessore di Peretola) e l'imprenditore-editore romano, Francesco Gaetano Caltagirone vengono rinviati a giudizio per la scalata milionaria a Bnl. Oppure rimettere alla berlina l'imprenditore Piscitelli per aver sghignazzato durante il terremoto all'Aquila (ma lui nega, nonostante la registrazione telefonica).
Quanto alle sue accuse (vecchie) al sottosegretario Malinconico (ospite della cricca in un albergo all'Argentario), tutti i giornali si sono ben guardati - al momento della sua nomina da parte del governo Napolitano-Monti -, di ricordare quello squallido episodio.
E, in aggiunta, i commentatoti accigliati, si sono ben guardati dal denunciare (con la sola eccezione di Dagospia) il palese conflitto d'interesse in cui si era venuto a trovare Malinconico: da presidente della Federazione editori a responsabile dell'informazione a palazzo Chigi.
Cioè l'ufficio che ogni anno destina decine di milioni ai proprietari dei giornali. Una scelta improvvida che era stata benedetta (sic) pure dal sindacato dei giornalisti (Fnsi).
Così, non passa giorno che la Casta di Carta s'indigni contro le sovvenzioni pubbliche.
Facendo spudoratamente finta che la pioggia di soldi pubblici non finisca anche nelle casse dei loro giornali. Nel 2008 ogni copia venduta è costata al contribuente 179 euro oltre al prezzo di copertina (Marco Cobianchi, â'Mani Bucate'', Chiarelettere).
Le Caste Dive del Corrierone, la rinomata ditta Stella&Rizzo, dovrebbe spiegare ai suoi lettori che solo nel 2004 il gruppo che edita il proprio giornale, l'Rcs con un buco di bilancio da far paura alla Grecia in default, ha avuto sconti sull'acquisto di carta per oltre 14 milioni di euro.
Qualche giorno fa su "il Foglio", Giovanni Negri si è chiesto, a ragione: dove hanno vissuto i Professionisti dell'Anticasta in questi ultimi trent'anni? Quei surfisti della morale (altrui) che fino all'altro ieri erano immersi a fare i sub per non vedere cosa c'era sotto il cielo dei Palazzi romani. E per non sentire i Bunga-Bunga che arrivavano dalle varie (e avariate) Certose mentre la crisi finanziaria incalzava in Europa.
E, viene anche da domandarsi, se la protervia alle malefatte di una certa classe politica non sia figlia, come in passato, anche della viltà (e le troppe) reticenze mostrate della Casta di Carta. Forte con i deboli, pavida con i forti (Poteri Marci).
Troppo facile, allora, fare i lacchè degli editori e il megafono delle disonestà (e iniquità ) altrui se prima non si fa pulizia in casa propria. Altrimenti, per dirla con l'estroso scrittore Channing Pollock, il giornalista-fustigatore "è uomo senza gambe, che vuole insegnare a correre gli altri".
Già , dove ha vissuto (e lavorato) la Casta di Carta che adesso scopre, scandalizzata come una verginella, che mangiare al ristorante dei Palazzo Madama è più che economico.
Nessuno dei 400 giornalisti iscritti alla supercorporazione della Stampa parlamentare (qualche decina in più dei senatori eletti di cui si reclama la riduzione!) era andato mai a dare un'occhiatina ai prezzi sul menù, pur potendolo frequentare alla pari dei senatori?
A proposito di "liberalizzazioni" e di ordini professionali: esiste un solo parlamento europeo in cui l'accesso ai lavori legislativi è affidato all'arbitrarietà dei giornalisti? No. Da decenni le sale stampe di Montecitorio e Palazzo Madama (tutti i servizi pagati dalle Camere: telefono, giornali etc) pagati sono affollate di "velinisti" e impera il doppio lavoro. Proprio mentre lo statuto della SuperCasta sancisce ogni incompatibilità con qualunque incarico e con qualsiasi attività che in modo diretto o indiretto possano condizionare il lavoro del giornalista politico-parlamentare, ovvero che determinino legami economici con uomini politici, partiti, istituzioni ed enti pubblici o privati" .
La Casta di Carta inizi a spogliarsi dei propri "monopoli" prima di chiedere ai tassisti di aprire alla concorrenza. Per esempio, rinunciando al bollo auto (scontato) per il centro di Roma o chiedendo al sindaco Pisapia (Milano) permessi gratuiti per accedere alla nuova Zona C.
Per carità piccoli sacrifici rispetto alla pacchia della prima Repubblica. Quando la Fiat di Gianni Agnelli ai giornalisti economici faceva trovare l'auto sotto casa con il pieno di benzina. O si andava in comitiva in California per presentare i bilanci (taroccati) delle aziende a partecipazione statale.
Certo, anche allora si metteva al bando Clemente Mastella per i torroncini distribuiti ai cronisti politici. Tutti zitti però se all'economia e nelle stanze dei direttori Ibm e Olivetti consegnavano scintillanti computer.
Anche se l'andazzo è proseguito fin dopo la Rivoluzione all'italiana. Grazie ai direttori compiacenti, tutti insieme appassionatamente a New York o a Pechino per la presentazione del solito calendario o dell'ennesima baguette all'ultima moda. Il top (della sfacciataggine) lo hanno raggiunto tre penne del calibro di Carlito Rossella, Enrico Mentana e Paolo Panerai, che si sono fatti fotografare sui divani Frau del caro amico Luca Cordero Montezemolo.
Troppo facile, allora, fare oggi i lacchè degli editori e il megafono delle magagne e distorsioni altrui - invocando, ad esempio, una significativa diminuzione dei parlamentari e un taglio netto ai costi della politica (cominciando anche dalla pletora dei consiglieri d'amministrazione), se poi il parlamentino del sindacato dei giornalisti (Fnsi) è di ben 90 componenti. Neppure fosse un soviet d'altri tempi.
Troppo facile fare i lacchè degli editori e il megafono delle pecche (economiche) altrui se la Casta di Carta non comincia a pubblicare i propri stipendi e le pensioni d'oro di molti direttori (o ex).
L'ex ministro Paolo Cirino Pomicino ha suggerito, provocatoriamente, che invece dell'indirizzo email sotto gli articoli andrebbe posto lo stipendio mensile percepito dai vari De Bortoli, Calabresi, Mauro, Napolitano. Troppo, forse.
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