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Gianluca Di Donfrancesco per "Il Sole 24 Ore"
La frenata dell'economia non risparmia più nessuno e colpisce anche il settore manifatturiero tedesco. Le stime flash dell'indice Pmi dell'Eurozona, un indicatore che anticipa l'andamento del Pil, registrano una flessione a marzo, con il parametro composito (manifatturiero e servizi) a quota 48,7 da 49,7 di febbraio, quando già aveva accusato un calo. Bruciato il recupero sopra soglia 50 messo a segno a gennaio.
Secondo gli analisti, questa dinamica del Pmi è coerente con una contrazione del Pil compresa tra lo 0,1 e lo 0,3% nel primo trimestre dell'anno, rispetto all'ultima frazione del 2011, calo che farebbe entrare l'Eurozona in recessione tecnica, dopo la flessione dello 0,3% già registrata alla fine dello scorso anno.
La frenata più brusca è arrivata dal settore manifatturiero, con il sotto-indice in calo a 47,7 da 49 (i nuovi ordini scendono a 45,6 da 47,2), mentre il Pmi dei servizi resta stabile (a 48,7). Pesa il Pmi del manifatturiero tedesco, sceso da 50,2 a 48,1, quindi sotto la soglia dei 50 punti che separa espansione e contrazione dell'attività economica. Un risultato che ha colto di sorpresa anche gli economisti più pessimisti.
Male anche la Francia: qui il Pmi del manifatturiero è sceso a quota 47,6 (il Governo francese ha rivisto al rialzo le stime sulla crescita per il 2012 portandole allo 0,7% dal precedente 0,5%).
Le difficoltà dell'Eurozona ieri hanno trovato una eco in più in Irlanda, entrata a sua volta in recessione con il calo del Pil registrato nel quarto trimestre dell'anno scorso: -0,2% sui tre mesi precedenti (quando il calo era stato dell'1,1%) e del 2,2% su base annua.
Nonostante questo, il 2011 si chiude con una crescita complessiva dello 0,7%, la prima in quattro anni.
In frenata anche l'indice cinese, rilevato dalla banca Hsbc: a marzo il parametro è sceso da 49,6 a 48,1, ai minimi da novembre, interrompendo una striscia di incrementi che durava da tre mesi. Per il settore manifatturiero si tratta invece della quinta flessione consecutiva, con ordini ed esportazioni in frenata: un riflesso del rallentamento dell'Eurozona, primo partner commerciale della Cina.
La rilevazione è in linea con i recenti dati negativi arrivati dal Paese, dalle stime sul Pil del 2012, al deficit commerciale di febbraio, al calo del prezzo delle case. Non si può ancora parlare di "atterraggio brusco" dell'economia cinese, e un rallentamento in fondo era "cercato" dal Governo per tenere a bada i prezzi, ma l'obiettivo di "atterraggio morbido" sembra complicarsi di settimana in settimana.
Insomma, né l'Europa né la Cina in questa fase sembrano in grado di alimentare la crescita mondiale: tutto il peso resta allora sulle spalle degli Stati Uniti. I mercati ne hanno immediatamente preso atto, con Borse europee, petrolio ed euro in ritirata. La moneta unica, in particolare, ha accusato il colpo scendendo abbondantemente sotto quota 1,32 nei confronti del dollaro. La domanda di asset sicuri ha invece rovesciato il trend dello yen, che dopo una lunga flessione, ieri ha recuperato fino all'1% sul dollaro, spinto anche dall'inaspettato surplus commerciale di febbraio (di 396 milioni di dollari).
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