
DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA…
Carlo Bertini per “la Stampa”
Le nubi si addensano oltre confine, ma il premier è pronto a ingaggiare un braccio di ferro con Barroso sulla manovra. Una partita delicata che Renzi giocherà sapendo di poter contare anche sulla sponda di Napolitano, con il quale «è andato tutto bene, piena sintonia», ha rassicurato i suoi tornando a Palazzo Chigi.
«Noi siamo tranquilli, andiamo avanti così, se ci sarà bisogno di negoziare lo vedremo, ma in ogni caso non oltre quella riserva che ci siamo tenuti», taglia corto il principale consigliere del premier. Facendo riferimento a quei 3,4 miliardi di euro che potrebbero consentire di sminare eventuali pretese della Commissione europea per il rispetto dei parametri del patto di stabilità.
In un pomeriggio surriscaldato dalle voci messe in campo da Brunetta e poi smentite di un consiglio dei ministri straordinario per correggere le coperture della legge di stabilità, questa è la linea di confine tracciata da Renzi nei confronti di Bruxelles. Da cui in realtà non ci si aspetta una perentoria richiesta, genere aut aut, i segnali giunti alle più alte sfere sono rassicuranti, questa è la novità.
Ci sarà sì una trattativa, ma senza conseguenze drammatiche che inducano il premier a rovesciare il tavolo, raccontano ai piani alti, quelli dove le sonde con Bruxelles sono meglio sintonizzate. Certo, oggi arriverà la lettera con le osservazioni della Commissione sul non rispetto del percorso di riduzione del deficit tendenziale, che l’Italia attuerà solo per lo 0,1%, cioè 1,6 miliardi di euro.
Se l’Ue chiedesse di aumentare lo sforzo, si potrebbe arrivare a impegnare non 1,6 ma 3,4 miliardi di euro, ma arrivare allo 0,5% rinunciando invece a 6 miliardi per stare nei parametri sarebbe un discorso ben diverso e renderebbe ardua l’impresa di far quadrare i conti di una manovra che si vuole espansiva e per la crescita.
«Non credo che ad un Paese in recessione, che malgrado ciò fa progressi, gli organi comunitari siano interessati a chiedere di tornare a fare una manovra recessiva», spiega il viceministro dell’Economia Enrico Morando. Oggi Renzi spiegherà quale sarà il suo approccio al vertice Ue di giovedì e venerdì in due informative alla Camera e al Senato (dove se pure pende un possibile voto segreto sulle mozioni dei gruppi legate alle comunicazioni del premier, non c’è agitazione nella maggioranza per i numeri sempre sul filo).
Ma la sua salita al Colle ieri, preceduta da una nota in cui si faceva notare come il testo arrivato al Quirinale fosse ancora privo della «bollinatura» della Ragioneria, ha fatto crescere la temperatura politica nei Palazzi. E anche se l’incontro preventivato rientra nella prassi di riferire al Colle alla vigilia di un consiglio europeo, di sicuro il tema della solidità anche formale della manovra ha tenuto banco nell’ora e mezzo di colloquio con Napolitano.
Così come l’atteggiamento da tenere con Bruxelles. «Il confronto è aperto, noi abbiamo ben motivato le ragioni per non fare tutto quell’allineamento previsto dal patto di stabilità. Ci aspettiamo che vengano prese sul serio e il parallelo con la Francia è improponibile, noi stiamo convergendo ma ad un ritmo più lento», dice un alto esponente di governo.
Insomma, il nodo è anche legato alla delicata fase di transizione tra la Commissione uscente guidata da Barroso e la nuova che sta per insediarsi a guida Juncker. «C’è da sperare che la Commissione uscente, nella valutazione delle leggi di stabilità nazionali, non voglia ostacolare questo nuovo corso, basato su flessibilità ed investimenti», è il segnale lanciato da Roberto Gualtieri, eurodeputato del Pd presidente della commissione affari economici e monetari del Parlamento Ue.
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