DI MARCO E LUCIO NON RESTA PIU' NULLA: IN VENDITA LA CASA DOVE VISSE IL COMPAGNO DI DALLA

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Emiliano Liuzzi per il "Fatto quotidiano"

Per maltrattarlo a dovere avevano già provveduto: "Ci dispiace, ma sarebbe meglio che lasciasse la casa. Comprendiamo l'affetto, l'amore, i legami. Ma la legge dice che il palazzo di via D'Azeglio 18 è nostra proprietà". Marco Alemanno, professione attore emigrato dal sud, già compagno per 8 anni di Lucio Dalla, non fiatò: fece fagotto e se ne andò in cerca di un'altra casa, zona Pratello, prezzi modesti. "Lascio i miei ricordi", disse. Con molta dignità.

Quella stessa casa oggi è stata messa in vendita. "Dobbiamo pagare le tasse di successione", hanno spiegato i nuovi milionari che un giorno, senza saperlo, hanno scoperto di aver ereditato il patrimonio di Lucio Dalla. Bussarono alla loro porta: siete milionari.

Ma di tanti milioni. La scena fu più o meno questa, anche perché Lucio e i suoi cugini non avevano nessuna frequentazione. Non fece testamento, perché mica doveva andarsene quel primo marzo di due anni fa, quando lo chiamarono a fare musica altrove.

Fumava Lucio, e tanto. Una ciminiera. Ma niente alcol, stravizi, niente dell'artista maledetto, non lo fu mai. Era un folle e geniale senza bisogno di nessuna alterazione. Aveva pensato alla Fondazione, ma l'argomento della morte lo terrorizzava. Neppure con Alemanno, accanto a lui da otto anni, ne parlarono.

Ovvio che nella vita di Lucio non ci fosse nessun'altra persona. S'incontrarono per caso e non si lasciarono mai più. Erano una coppia. C'erano Marco e Lucio, Lucio e Marco. Come quella mattina in Svizzera. Alemanno era sotto la doccia, Lucio era già sceso a fare colazione, era tornato in camera e si era appoggiato sul letto. Quando Alemanno esce e lo vede con gli occhi chiusi e un dito appoggiato sulla guancia nemmeno ci fa caso. "Smettila Lucio", gli dice. Più o meno. Poi si avvicina e capisce che non è uno scherzo.

Il resto è noto. Ci sono i funerali. Ottanta, centomila persone. Lucio scopre di avere tanto di quell'affetto che nemmeno lui immaginava. Se Marco era il suo compagno, Bologna era una matrigna che se l'era coccolato quel ragazzino. Sotto le macerie della guerra o quando ballava il tip tap per gli ultimi alleati. O, dopo ancora, quando girava con il clarino, uno Dyane e lo chiamavano "ragno". Un bolognese tra gli altri. Ricco, ricchissimo. Ma senza ostentarlo mai.

Per questo capitò di essere colti in contropiede quando venne nominato un curatore testamentario. Casa in via D'Azeglio, Lucio voleva che quell'immobile, ricavato in un ex convento dislocato tra il seminterrato e il quarto piano, 2363 metri quadrati calpestabili, 436 quadri, da Klimt in giù, diventasse un museo aperto a tutti.

Poi era proprietario di 6 terreni e 3 fabbricati in provincia di Catania (villa all'Etna), uno studio di registrazione vicino le isole Tremiti, terreni in Abruzzo e una villa alle pendici dell'Etna, 14 stanze, oltre a un appartamento a Urbino. Senza contare la villa alle Tremiti, costruita a pochi passi dal mare, immensa anche quella e alla quale, negli ultimi anni, Dalla aveva aggiunto una dependance che avrebbe ristrutturato.

Una barca, adattata anche a studio di registrazione, chiamata "Brilli e Billy" come i suoi due labrador neri. Il tutto per un patrimonio che si aggira sui cento milioni.
Soldi che Alemanno non solo non ha visto, perché non previsto dalla legge, ma che sono finiti in mano a parenti che per Dalla erano più o meno sconosciuti, Simone Baroncini, i figli di Luisa Melotti (cugina diretta di Dalla, scomparsa da poco), Amelia Melotti, Silvana Scaglione e Lino Zaccanti, l'unico che vive all'estero.

La decisione di vendere la porzione di casa dove viveva Alemanno è stata annunciata da Baroncini: "In quell'immobile viveva Marco. È un appartamento molto grande con due camere, una cucina e un sottotetto. Vendiamo questo primo immobile per sostenere le spese di avvocati e successione che sono molto alte. Ci piange il cuore, ma serviva. Abbiamo fatto delle scelte in base a Lucio stesso e quell'appartamento è stato uno degli ultimi acquistati, a cui lui era meno legato". Finisce quello che ha il sapore di un comunicato e mette la parola fine sulla Fondazione. L'unica cosa alla quale Dalla teneva.

 

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