IL MARZIANO PRESO A MATTONATE - TUTTI CONTRO, DAL PD AD ALFIO MARCHINI, COMUNE VERSO LA CRISI - PER USCIRE DALL’ANGOLO, TRE SETTIMANE FA, MARINO HA INVITATO IN GRAN SEGRETO AL CAMPIDOGLIO PROPRIO CALTAGIRONE, IL VERO PADRONE DELLA CITTA’

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Goffredo Buccini per "Il Corriere della Sera"

La maionese è impazzita. «Magari! Vorrebbe dire che si muove... qua stamo tutti incartati!». Il poliziotto allarga le braccia, davanti alle transenne che sbarrano anche il tratto di solito non proibito dei Fori Imperiali, tra clacson e imprecazioni. «C'è una manifestazione improvvisata. Provi un po' a parcheggiare là», indica. E là è un groviglio di moto e scooter davanti ai cancelli del Palatino, sotto gli occhi di turisti allibiti e finti centurioni indifferenti.

Mezzogiorno. In duecento, forse trecento accorsi qui da tutta Italia invocano il metodo Stamina, innalzano striscioni (Vite a tempo ) e rabbie anche legittime: paralizzando il cuore di Roma, senza autorizzazione, com'è ovvio. Confusi tra i malati campani, con le stesse maglie nere della manifestazione ma molta legittimazione in meno, tifosi della Nocerina e della Salernitana, teste calde che vogliono arrivare alla chetichella sotto Montecitorio a fare ammuina (ne identificheranno una ventina).

Cinquecento metri più su, i senzacasa occupano un pezzo di piazza Santi Apostoli. Una fila di autobus di linea e pullman turistici è ferma per tre ore da piazza Venezia a piazza Colonna e oltre. Via Cavour è un serpente di macchine fino alla Stazione. Sembra una vecchia domenica di austerity, il centro della capitale, in questa bolla di immobilità rancorosa. Invece è un lunedì, e non un «lunedì nero», come piace ai titolisti. È un dannato lunedì quasi di routine, perché a Roma si scaricano ormai senza preavviso tensioni e umori di un Paese sempre più teso e di malumore.

Alemanno non se ne faceva una ragione, e aveva pensato - tra molti sberleffi - di mettere addirittura una tassa sui cortei. Che non erano colpa sua, almeno quelli. Come non sono colpa di Ignazio Marino, il nuovo contestatissimo sindaco, eletto dal Pd: un genovese di madre svizzera con lunga esperienza da chirurgo in America, non proprio un prodigio di sintonia con l'anima buiaccara di Rugantino e i motti di Pasquino.

Come direbbe Guccini, il cuore è di simboli pieno. Il simbolo della Roma mariniana, e del suo ripiegarsi sui propri guai, sta in questa marmellata di lamiere immote, di appuntamenti saltati, di lavori impossibili: capitale stracotta, nazione in ginocchio; Roma incarna più che mai, in peggio, la povera Italia dei nostri giorni. Questo lunedì non è colpa di Marino, ripetiamolo.

E però Marino ha un sesto senso per stare nel posto sbagliato al momento sbagliato (era a Cracovia mentre gli antagonisti assaltavano i Palazzi romani: per una visita ad Auschwitz sacrosanta ma infelice nella tempistica). Sicché adesso, mentre i romani boccheggiano nel caos del centro, lui è all'Eur, a concionare sulla Nuvola di Fuksas, «nuovo punto di forza dello skyline cittadino». Peccato che la struttura («l'edificio inesistente più famoso del mondo dopo la torre di Babele», scriveva ieri Giuseppe Pullara sul Corriere romano), costata finora 200 milioni per soli tre quarti, avrebbe bisogno, per essere completata dopo sei anni (!) di 170 milioni che, valli a trovare, di questi tempi.

Sulla Nuvola e dintorni duellano acidi a distanza il sindaco e il suo maggiore avversario, Alfio Marchini, famiglia dei costruttori «rossi» di Botteghe Oscure, molto appoggiato in campagna elettorale dall'imprenditore più potente e ricco di Roma, Francesco Gaetano Caltagirone. «Sarà un omonimo, non quello di Amo Roma , chi ha lasciato questa visione tipo Beirut all'Eur», sibila Ignazio, alludendo agli scheletri delle Torri ex Finanze, ancora lì in brutta vista. «Non posseggo le Torri delle ex Finanze», fa sapere Alfio: «Il sindaco è inadeguato e superficiale. E, da permaloso, confonde questioni politiche con squallidi attacchi personali».

Il clima politico è questo. Il deficit di 867 milioni di euro (ereditato e denunciato) non aiuta. Per uscire dall'angolo, tre settimane fa, Marino ha invitato in gran segreto al Campidoglio proprio Caltagirone. Per dare un'idea dei rapporti tra i due, avvelenati anche dalle tensioni sull'Acea, basta un titolo del Foglio: «L'Ingegnere e il Marziano. Quer pasticciaccio brutto tra il Messaggero e il sindaco di Roma ».

Mesi di attacchi, attribuiti alla volontà dell'editore (non molto generosamente verso l'autonomia dei colleghi del maggior quotidiano romano). Poi l'incontro: un'ora tesa, nell'ufficio con vista sui Fori. «Andato male», dicono voci vicine a Marino. Il sindaco sperava di parlare di metro C, «che è strategica». Tradotto: altra grana infinita, tre miliardi e mezzo per 30 stazioni, tremila posti di lavoro a rischio ora che i soldi mancano, gli stipendi ballano e il capolinea ipotizzato si sposta indietro allo spostarsi in giù del budget. Il 12 novembre i lavoratori hanno, tanto per cambiare, bloccato centro storico e dintorni.

Marino dà una forte sensazione di solitudine anche ai suoi: «Stiamo sfidando i poteri forti della città, costruttori, editori, imprenditori», proclama, saltato l'abboccamento con Caltagirone. Poi saltano le sedute di consiglio comunale perché la giunta produce poco. Dicono sia in freddo persino con Bettini (saluti formali alla festa di compleanno di Goffredo, un tempo appuntamento imperdibile della Roma potentona ). Dicono anche che l'eterno kingmaker si sfoghi ogni tanto: «Se non mi chiama lui, dovrei chiamarlo io?». Chissà. Di sicuro, da qualche giorno, Marino convoca i suoi assessori più importanti come martiri perseguitati, in colloqui più o meno catacombali in cui invoca un secondo tempo, un 2014 che mandi «forti segnali alla città». Ma è una parola.

Joyce diceva che i romani campano mostrando ai turisti il cadavere della nonna in cantina. Ora non ci sono nemmeno più i soldi per scenderci, in cantina. Il bilancio impossibile (tardivamente preventivo, ossia del 2013) va approvato entro il 30 novembre. L'opposizione (Marchini soprattutto) gli ha scaricato sopra 130 mila emendamenti: «Meglio il default e il commissario piuttosto che questo sindaco». Maurizio Gasparri gongola: «Marino ha fallito, la chiuda qui». In consiglio comunale, all'esordio della maratona proprio per l'approvazione del bilancio, l'altra sera sono volati gli schiaffi, il sindaco ha rimediato una gomitata in testa da Dario Rossin, Fratelli d'Italia.

«Gomitata non involontaria », sostiene adesso, con un contorcimento lessicale che la dice lunga sulla sua capacità di parlare dritto al cuore della gente. Rossin s'era scusato. Ora dice: «Ho rivisto il filmato, Marino è un simulatore». Peggio del peggior Cristiano Ronaldo, insomma.

La verità è che, per rimettere insieme la città in pezzi com'è, occorrerebbe carisma. Molti dubitano che ne abbia, con quell'aria da giovane marmotta stralunata e una certa tendenza a sbagliare le scelte-chiave, assessori e comandanti dei vigili compresi.
«Ma io lo difendo», dice Lionello Cosentino, neosegretario del Pd romano: «C'è una sproporzione tra la guerra che gli fanno in consiglio e i pochi mesi di governo della città. Dico: 130 mila emendamenti su un bilancio previsionale, cioè già speso... non mi tornano, è una farsa. Certo, i problemi di Roma ci sono e grossi. Ma la crisi delle grandi città non è da mettere sulle spalle di Ignazio». Cosentino fa il suo mestiere, da politico navigato. Secondo alcuni maligni, sarebbe una specie di tutore che il partito avrebbe messo accanto al sindaco, per un ultimo salvataggio. Chissà.

Di sicuro le grane si susseguono. Quasi tutte le istituzioni culturali romane ballano coi vertici sotto rinnovo (l'assessore Flavia Barca è alquanto sulla graticola). Ieri sera in una riunione infinita si è riusciti a scacciare lo spettro dello sciopero al teatro dell'Opera per la prima dell'Ernani, un ceffone mondiale all'immagine della città.

Scricchiola persino la Camera di commercio, che con Andrea Modello fu volano del Modello Roma, e che ancora ha soldi in cassa ma è paralizzata dal lungo dimissionamento del presidente Cremonesi. Insomma, i Fori pedonalizzati da Ignazio il ciclista rischiano a questo punto, nella migliore delle ipotesi, di passare come un'operazione di pura immagine all'insediamento; nel peggiore, di finire come il lungomare «liberato» di Giggino de Magistris, l'icona del disastro... Marchini rilancia: «Nel 2014 avremo un miliardo di disavanzo. Rischiamo di finire come la Grecia. Marino ha fatto promesse elettorali su beni non reali, ora squarci il velo di ipocrisia sul default».

Nella lunga sera delle trattive per l'Ernani, il centro si blocca di nuovo. Stavolta è Putin, con un sobrio corteo imperiale di una trentina di macchine. Il nostro governo pare sogni di rifilargli una parte delle grane nazionali dell'Ilva. Tutti fermi, aspettando. I pullman coraggiosamente scoperti tengono in ostaggio turisti americani ormai rassegnati. Sulla fiancata la scritta in inglese recita: tour raccontato, ci prendiamo cura di te. Ciao Roma .

 

 

Ignazio Marino e Anna Falchi Ignazio Marino e Anna Falchi IGNAZIO MARINO CON LA MAPPA DELLA NUOVA MOBILITA SUI FORI IMPERIALI ALFIO MARCHINI jpeggianni alemanno gianni alemanno gianni alemanno DEVITOFrancesco Gaetano Caltagirone atacatac b COLOSSEO