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MAY PIU’ SENZA - LA “COZZA DI FERRO” THERESA MAY COMPLETA IL GOVERNO, BUFERA SU BORIS JOHNSON AGLI ESTERI - LA FRANCIA: "HA MENTITO AI BRITANNICI" - ''GUARDIAN'': "NON AVEVAMO MAI AVUTO BISOGNO DI PIU’ DIPLOMAZIA: INVECE ABBIAMO JOHNSON" - ''DAILY MIRROR'': "SCUSACI, MONDO"

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Da “ansa.it”

la diplomazia di boris johnsonla diplomazia di boris johnson

 

Un fantasma biondo agita i sonni delle cancellerie d'Europa. Il nuovo governo britannico di Theresa May è fatto, con molte donne, molti sostenitori della Brexit e pochi superstiti della stagione di David Cameron.

 

Ma al centro della scena, alla faccia di coloro che nemmeno due settimane fa ne avevano intonato il de profundis, ricompare lui, Boris Johnson: "il bugiardo", secondo i non pochi detrattori; il tribuno del referendum anti-Ue; il re della battuta politicamente scorretta; probabilmente il ministro degli Esteri meno diplomatico che abbia mai messo piede al Foreign Office. Bruxelles e alcuni colleghi del continente, primi fra tutti il francese Jean-Marc Ayrault e il tedesco Frank Walter Steinmeier, reagiscono con stizza.

 

THERESA MAY E L INCHINO ALLA REGINA ELISABETTATHERESA MAY E L INCHINO ALLA REGINA ELISABETTA

"Ha mentito ai britannici e ora ha le spalle al muro", sbotta da Parigi il titolare del Quai d'Orsay. La stampa progressista londinese si scatena: "Scusaci mondo", titola il Daily Mirror. "Non avevamo mai avuto più bisogno di diplomazia: invece abbiamo Boris Johnson", sfotte Sonia Purnell sul Guardian.

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Ma Boris non si scompone: Ayrault? "Il gentleman di cui mi parlate mi ha appena mandato una lettera lusinghiera", sorride dopo la sua prima giornata di lavoro nell'ufficio che fu di Anthony Eden. Certo, ammicca, il risultato del referendum del 23 giugno "non è stato quello che si aspettavano e i colleghi esprimono il loro punto di vista con franchezza, ma c'è un'enorme differenza fra uscire dall'Ue e mantenere le nostre relazioni con l'Europa".

 

Del resto lascia intendere che Londra è convinta di avere sponde con cui giocare per "rimodellare e allargare il suo ruolo" nel mondo, da "grande attore globale": "Mi ha fatto piacere aver ricevuto la prima telefonata" di felicitazioni "dal segretario di Stato degli Usa, John Kerry", sottolinea.

 

MAY CAMERONMAY CAMERON

Un colloquio amichevole nel quale, a dispetto delle scivolate del Boris da comizio su Obama "mezzo keniano" o su Hillary "nurse sadica" (ma se è per questo anche su Trump o su George W.Bush), Kerry ha ribadito - parola di Washington - fedeltà senza riserve alla "special relationship".

 

Dalla sua l'ex sindaco di Londra, eccentrico ed eccessivo in tutto, ha la capacità d'aver sempre saputo chiedere scusa. Poi è spiritoso, colto, cosmopolita, capace di colpi a effetto. Ma potrebbe non bastare per vincere il muro di ostilità che rischia di trovarsi al tavolo che conta.

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Quello in cui spetterà a lui - l'antico corrispondente del Telegraph responsabile della diffusione di non poche leggende metropolitane su Bruxelles - e all'intero gabinetto May sbrogliare la matassa in cui l'isola si è andata a cacciare con il referendum: passando dagli slogan ai fatti sulla Brexit, in un clima d'incertezza economica (oggi la Bank of England ha rinviato ancora l'atteso taglio dei tassi), di trappole tecniche, di recriminazioni politiche.

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La neo premier è già stata invitata da Berlino dalla sua quasi gemella Angela Merkel per un primo tete a tete. Ma le loro somiglianze restano pur sempre le somiglianze fra una tedesca e un'inglese: non proprio una garanzia di flessibilità.

 

Intanto Francois Hollande, inebriato di spirito patriottico nel giorno della Bastiglia, avverte che per il Regno Unito "è finita" la pacchia, che Londra non potrà avere più "gli stessi vantaggi" in Europa ed è meglio si prepari a negoziare senza illusioni attivando "al più presto l'articolo 50" del Trattato di Lisbona per formalizzare l'avvio delle procedure di divorzio. Certo, Hollande fra pochi mesi sarà con buona probabilità un pensionato che il coiffeur dovrà pagarselo da solo.

 

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E anche in altri Paesi europei, Germania inclusa, gli interlocutori potrebbero cambiare causa voto. Ma l'atteggiamento d'irritazione verso la Gran Bretagna, che nella figura del provocatorio Johnson trova un bersaglio perfetto, appare diffuso.

 

 

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