DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Gabriella Cerami per repubblica.it - Estratti
Bisogna interrogarsi sulle ragioni della sconfitta, manda a dire da Rio de Janeiro Giorgia Meloni. Un avvertimento che sa di richiesta di chiarimento rivolta agli alleati. E chissà se porterà, al suo rientro dal summit del G20, a un incontro con i due vice, Salvini e Tajani, per fare un punto dopo l’uno-due di Bologna e Perugia. Ed evitare che il tracollo si ripeta nelle cinque regioni al rinnovo nel 2025.
Quanto è difficile nel centrodestra assorbire una botta. «Ovviamente, bisogna interrogarsi per capire cosa in questo caso non abbia funzionato», dice la premier nel day after.
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Frasi di rito per coprire la disfatta in Emilia Romagna e ancor più nella piccola Umbria, in cui il centrodestra sulla carta viaggiava verso la riconferma della governatrice (leghista) uscente, Donatella Tesei.
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In questo processo, sul banco degli imputati finisce inevitabilmente la Lega.
Matteo Salvini riconosce la sconfitta - «abbiamo perso» - ma non molla Tesei. Anzi, replica a muso duro alle accuse che, dall’interno, gli vengono rivolte: «Non mi interessa fare i processi a Tizio o a Caio, io lavoro per il futuro, faccio tesoro delle sconfitte e guardo avanti».
Quello della candidata presidente non è però l’unico nome finito al centro delle polemiche. È in compagnia di Stefano Bandecchi, chiamato in extremis a «fare la differenza e recuperare un gap» nei confronti della candidata di centrosinistra Stefania Proietti. Ora, l’arruolamento del sindaco di Terni, passato a destra per queste elezioni, è un altro motivo di litigio tra i partiti. Voluto da Forza Italia, con il placet della Lega, il patron dell’università Cusano è un altro boccone che FdI ha dovuto ingoiare. Adesso il partito chiede conto agli alleati.
antonio tajani, giorgia meloni e matteo salvini in senato foto lapresse
Meloni, distante da Roma, prova comunque ad abbassare i toni in attesa dell’analisi della sconfitta che farà, al suo ritorno, insieme al suo partito e insieme agli altri leader. Si dice «dispiaciuta dal risultato, particolarmente dalla non conferma del governo in Umbria» e spazza via le voci di dissidi interni bollando come «abbastanza surreali» le ricostruzioni «sul mio giudizio relativo a Tesei, un presidente di Regione che ha comunque lavorato bene».
Salvini vede però nelle mosse di Forza Italia il fuoco amico. D’altronde, quello di Antonio Tajani è l’unico partito che ha aumentato i consensi superando la Lega. Non solo. In Umbria, per esempio, il forzista Andrea Romizi è il candidato che ha preso più preferenze in assoluto, oltre 10mila, e ieri è stato premiato con la nomina nella segreteria nazionale del partito. Un rafforzamento, quello degli azzurri, che causa nervosismo anche in Fratelli d’Italia. I meloniani non vogliono sentir parlare di ricadute sul governo. Ci pensa il leader di Noi moderati, Maurizio Lupi, a scacciare i fantasmi: «Il voto non ha ripercussioni su governo e maggioranza. E di positivo c’è la crescita dei moderati».
antonio tajani giorgia meloni matteo salvini
In effetti, numeri alla mano, FdI ha perso voti mentre gli azzurri, che hanno tenuto, ora rilanciano la strategia centrista, sottolineando che si vince «solo con i candidati moderati», perché «sono i più capaci di attrarre». Matteo Salvini è avvertito.
LEGA IN CRISI
Antonio Fraschilla per repubblica.it - Estratti
VORTICE DI MAGGIORANZA - IL GIORNALONE - LA STAMPA
Il messaggio è arrivato nelle chat del partito appena acquisito il risultato del voto in Emilia Romagna e Umbria: «Nessun commento, solo Matteo Salvini è autorizzato a farlo». L’ennesima batosta alle urne per la Lega, in costante calo di consensi, preoccupa non poco il leader del partito che si chiude nel suo fortino e pensa alle contromosse.
Il Capitano teme davvero per la sua leadership, stretto tra una base in rivolta, soprattutto nelle roccaforti del Nord, e i governatori rimasti in casa Carroccio, Massimiliano Fedriga e Luca Zaia, che potrebbero chiedere conto dei risultati. La débâcle in Umbria, con la perdita di un altro presidente di Regione dopo la Sardegna, sancisce la parola fine al progetto della Lega nazionale.
GIORGIA MELONI E MATTEO SALVINI
E il futuro è ancora più cupo, in vista della sentenza di Palermo sul caso OpenArms e di un 2025 che vedrà il ritorno al voto Milano (per il dopo Sala) e il Veneto (per il dopo Zaia): entrambe le poltrone richieste adesso dagli alleati FI e FdI.
Salvini nel frattempo sembra aver perso il tocco magico che lo aveva portato al 30 per cento dei consensi. La virata ultrasovranista non sta dando i risultati sperati. Il leader ha scommesso sul generale Roberto Vannacci (attraendosi le ire di buona parte del partito) ed è entrato nel gruppo di Viktor Orbán in Europa, con l’obiettivo di diventare l’unico referente di Donald Trump in Italia. Scelte che non hanno portato nuovi voti: l’unica moneta che conta per restare alla guida del partito e avere una voce nel governo guidato da Giorgia Meloni.
giorgia meloni antonio tajani matteo salvini
(...) La base al Nord è scontenta: «Peggio di così non si poteva fare — dice Stefano Bargi, ex consigliere regionale dell’Emilia Romagna non rieletto — ma il punto è che nessuno fa mai autocritica. Non si sanno cogliere i segnali dei territori, né scegliere le persone».
In questo scenario il segretario ha convocato per oggi un consiglio federale del partito che darà il via libera al congresso della Lega lombarda per il 15 dicembre.
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E proprio guardando al 2025 il vicepremier prepara le contromosse per rilanciarsi. Deputati, senatori e amministratori locali non sono contenti del lavoro “politico” svolto dai ministri Giuseppe Valditara e Alessandra Locatelli. Mentre Salvini avrebbe da qui a breve l’esigenza di dare maggiore spazio al “Doge” Zaia. Ottima soluzione per spazzare il campo da potenziali e insidiosissimi competitor per la guida del partito. Come pure rivendica galloni di peso un altro ras dei territorio, come Claudio Durigon.
Il sogno irrealizzabile del vicepremier sarebbe quello di riprendersi il dicastero a lui caro del Viminale. Sarebbe la ragione per la quale Salvini si direbbe pronto a sostenere la candidatura di Matteo Piantedosi alle prossime regionali in Campania: una mossa che libererebbe appunto il posto di ministro dell’Interno. Peccato che quella strada - come avvenuto a inizio legislatura - gli sia inesorabilmente preclusa per volontà della premier Meloni.
Il mantra del ministro in queste ore è quello dell’abbassamento dei toni: «Nella vita si vince e si perde, io guardo avanti. Il prossimo governatore Veneto? Vedremo», dice prendendo tempo.
antonio tajani matteo salvini giorgia melonimatteo salvini giorgia meloni. antonio tajani 2
L’obiettivo primario, in questo scenario terremotato, resta quello di salvarsi.
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