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MELONI E GIORGETTI RIAPRONO LA MERCHANT BANK DI PALAZZO CHIGI – DALL’OPERAZIONE TIM-POSTE, ALLA SCALATA DI MEDIOBANCA ASSEGNATA A MPS ALLEATA DI CALTAGIRONE E DEGLI EREDI DI LEONARDO DEL VECCHIO (CHE SONO AZIONISTI CONTEMPORANEAMENTE DELLO SCALATO E DELLO SCALATORE), FINO A AUTOSTRADE, SEMBRANO TORNATI I TEMPI DELLO STATO IMPRENDITORE E DELL’IRI – SERGIO RIZZO (“MILANO FINANZA”): "ABBIAMO GIÀ PURTROPPO VISTO I DISASTRI CHE L'AZIONISTA PUBBLICO RIESCE A COMPIERE MA STAVOLTA RISCHIANO DI ESSERE PEGGIORI"

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Sergio Rizzo per "Milano Finanza" - Estratti

 

giancarlo giorgetti giorgia meloni foto lapresse.

Rieccoli, i campioni nazionali. Sparita (di fatto) la Fiat, ci pensa lo Stato. Qualcuno aveva nostalgia dei telefoni pubblici? Nessun problema, le Poste sono pronte a mettere sul piatto una discreta sommetta (quasi 700 milioni di euro) per comprare dai francesi di Vivendi il 15% di Tim. Con il risultato di far tornare la vecchia Telecom Italia (o Sip, per i più anziani) nell'alveo statale.

 

A voler essere sinceri fino in fondo, con ben pochi rimpianti, visti i risultati della privatizzazione che ha fatto ricchi soltanto coloro che si sono palleggiati per più di un quarto di secolo l'azienda, non nell'interesse dell'azienda medesima. (…)  Un rientro forse in tono minore, quello delle Poste su Tim, ma che chiude l'epoca delle vecchie privatizzazioni. 

 

francesco gaetano caltagirone l urlo di munch - fotomontaggio lettera43

Affermando un nuovo ruolo della proprietà pubblica, questa volta attraverso il mercato.Attraverso le banche, per esempio. Vero è che lo Stato era già rientrato da qualche anno in un settore dal quale sembrava essere stato completamente estromesso dopo la riforma Amato-Carli del 1993. Era tornato un po' per una discutibile decisione politica, quella di fare una banca per il Sud rimasto senza banche, secondo una curiosa tesi che si era fatta strada nel governo di Silvio Berlusconi. Compito assegnato a Invitalia con il Mediocredito Centrale ristatalizzato. Ma un po' ci si erano messe anche le crisi bancarie; e si spiega così l'assorbimento della cassa di risparmio di Orvieto e della Popolare di Bari. 

MATTEO DEL FANTE

 

Oltre ovviamente al Monte dei Paschi di Siena. Adesso però è il momento del salto di qualità. Il governo di Giorgia Meloni spinge per creare il terzo polo bancario nazionale, nientemeno. Appoggiando una scalata, assai singolare per le modalità con cui sta avvenendo in un groviglio di conflitti d'interessi, a quello che era considerato in un passato nemmeno troppo lontano il tempio della finanza privata: Mediobanca.

 

giancarlo giorgetti giorgia meloni al senato

La missione è assegnata al convalescente Monte dei Paschi, alleato di Francesco Gaetano Caltagirone e degli eredi di Leonardo Del Vecchio, che sono azionisti contemporaneamente dello scalato e dello scalatore. Per non parlare di Autostrade. Da tre anni lo Stato ne è di nuovo proprietario con la Cassa Depositi e Prestiti che controlla il 51% del capitale. Un controllo acquisito a caro prezzo, ma anche, secondo la Corte di Giustizia Europea, decisamente ai limiti dei regolamenti sovranazionali, che a rigor di logica avrebbero reso necessaria una nuova gara anziché un passaggio di mano alla chetichella.

 

La voglia di passato però doveva essere proprio irrefrenabile. E dato che lo Stato, sempre attraverso Cdp, era tornato anche a fare il costruttore rilevando una grossa quota della più grande impresa italiana (Webuild), per completare il disegno di far rinascere in qualche modo la defunta Italstat le Autostrade erano essenziali. 

FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE - FRANCESCO MILLERI

 

 

Si dirà che lo Stato non era mai completamente uscito dall'economia. Ed è corretto. Le più grandi holding di servizi e dell'industria sono ancora sotto il controllo pubblico, mantenuto grazie a quote azionarie inferiori al 51% ma di maggioranza relativa, con la fattiva collaborazione del mercato. Vale per Eni, Enel, Leonardo... 

 

Uno schema imparato dal privato, che ora viene riprodotto in serie non più per mantenere aziende in mano statale bensì per rientrare in settori considerati nuovamente strategici. Rispetto al passato c'è soltanto una differenza di non poco conto. Ossia che non c'è l'Iri. L'Istituto per la Ricostruzione Industriale, creato nel 1932 dal regime fascista e chiuso definitivamente nel 2000, non era affatto un azionista silente delle imprese pubbliche, com'è oggi la Cassa Depositi e Prestiti.

roberto tomasi - matteo salvini

 

Era una struttura che delineava strategie perché, sia pure con il pesante condizionamento della politica, aveva un apparato manageriale. Con l'Iri non sarebbe mai potuto succedere il pasticcio accaduto con la rete telefonica fissa, ceduta a un fondo speculativo americano salvo poi riprendere con le Poste il controllo della società che l'ha ceduta. 

GIORGIA MELONI TRA GIANCARLO GIORGETTI E ANTONIO TAJANI

 

E con l'Iri difficilmente si sarebbe arrivati a concludere la riacquisizione di Autostrade in quel modo, cioè consegnando metà del capitale a partner che mirano solo ai dividendi, in una società di servizi che ha una disperata necessità di risorse per investimenti e che invece deve sacrificare utili consistenti per soddisfare le mire di fondi speculativi.

 

Se certe privatizzazioni non sono da rimpiangere, nemmeno lo Stato imprenditore lo è. Abbiamo già purtroppo visto i disastri che l'azionista pubblico riesce a compiere. Ma se si decide di imboccare un'altra volta quella strada, osiamo avanzare un modesto suggerimento: si faccia almeno con raziocinio. Diversamente, ci si devono aspettare disastri ancora peggiori.

39 vincent bollore

SERGIO RIZZO 9

francesco gaetano caltagironegiorgia meloni e giancarlo giorgetti foto lapresse 1