MERLO SI DIMENTICA DI TUTTI I "FIGLI DI" E MARAMALDEGGIA SU LUPI: “NEL TIRARSI FUORI DAL LAVORO CONCESSO AL FIGLIO, IN LUPI C’È IL FARSI GRULLO PER NON PAGARE IL CONTO. È UN’ASTUZIA MINCHIONEGGIANTE ALLA SCAJOLA, UNA TROVATA DA FINTO STUPIDO”

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francesco merlo francesco merlo

Francesco Merlo per “la Repubblica”

 

Prima che da ministro devi dimetterti da padre», gli avrebbe detto don Giussani, se davvero era quel “San Gius” che ci raccontano loro. E non perché Maurizio Lupi ha procurato un lavoro al figlio: chi non lo farebbe? Ma perché ha consegnato il suo cucciolo alla peggiore Ingegneria italiana.

 

Quell’ingegneria che allarga, sopraeleva e condona, e intanto unge, corrompe e mescola la sabbia di spiaggia al cemento armato. Ecco perché ieri alla Camera l’immagine di quel ministro dell’Ingegneria Pubblica che non molla la poltrona perché sa che il governo Renzi è troppo debole per cacciarlo, si trasfigurava ai miei occhi in quella del papà che invece di liberare il figlio, laureato del Politecnico di Milano con il massimo dei voti, di allontanarlo da sé raccomandandolo per esempio agli Ingegneri veri e ai Capomastri con i calli da lavoro, lo aveva dannato e ora lo continuava a condannare alla Corruzione di Stato.

don giussani e andreottidon giussani e andreotti

 

«Non ho mai chiesto nulla per lui» ripeteva infatti Lupi sempre più spingendolo nella sabbie mobili del Ministero dei piani regolatori e delle norme aggirate, delle grandi opere a costi maggiorati e senza controllo, degli appalti sporchi per 25 miliardi concessi al principale del suo Luca.

 

Lupi rovescia qui il famoso familismo amorale del Meridione dove non c’è bisogno di provare i reati dei figli e dei parenti perché basta il cognome: la famiglia è già reato. Al contrario qui il padre scarica il figlio: «L’avesse regalato a me non l’avrei accettato». È papà Maurizio che poggia la propria innocenza sulle spalle del figlio colpevole, quanto meno di ingenuità: «Se avessi chiesto a Perotti di far lavorare mio figlio o di sponsorizzarlo sarebbe stato un gravissimo errore e presumo anche un reato, non l’ho fatto».

MAURIZIO LUPIMAURIZIO LUPI

 

C’è un’intercettazione che sembra smentirlo, ma soprattutto, nel tirarsi fuori da quel lavoro concesso al figlio, c’è il farsi grullo per non pagare il conto. È un’astuzia minchioneggiante alla Scajola, una trovata da finto stupido. Lupi si fa fesso per farci fessi: «Stefano Perotti conosceva mio figlio da quando con altri studenti del Politecnico andava a visitare i suoi cantieri. Sono amici, così come le nostre famiglie».

 

Se davvero fosse ipotizzabile un reato, questa versione non resisterebbe a nessun magistrato, fosse pure il più benevolo, perché non c’è peggio della finta ingenuità dell’impunito. Ma qui il reato non c’è e dunque l’impunità è politica, ed è gettata come una croce sulle spalle del ragazzo. Chi mai più darà lavoro a Luca Lupi , chi lo tratterà da ingegnere vero, di quelli che Platone metteva a misurare la Terra, costruttori matematici?

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Ha detto Lupi al nostro Francesco Bei: «Sa qual è la battuta che faccio sempre a Luca? Purtroppo hai fatto Ingegneria Civile e ti sei ritrovato un padre ministro delle Infrastrutture».

 

Qui la spregiudicatezza del militante di Cl, che evoca il conflitto di interessi come un inevitabile scherzo del destino, diventa un urlo. E si capisce ancora meglio che il conflitto di interessi pare a Lupi un motore della storia quando fa l’elogio di Ercole Incalza come grande facitore italiano, come l’uomo che sa decidere, il burocrate pragmatico e competente a cui si devono l’alta velocità, i ponti, le autostrade e tutti gli azzardi pubblici d’Italia, Mose compreso: «Voglio presentare e fare un applauso a Ercole Incalza che è una persona eccezionale e un patrimonio per il nostro Paese».

 

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Lupi fa così il (consapevole?) elogio del mascalzone italiano e del “bertolasismo” diffuso. Incalza è infatti il Papa di tutti i funzionari, dirigenti, soprintendenti e Commissari Supereroi con pieni poteri sui grandi eventi, le feste nazionali, le ristrutturazioni, le costruzioni e le ricostruzioni, i rifacimenti, gli ammodernamenti, da Pompei sino all’Expo. Nella versione ciellina è «fede che si fa opera», come l’ospedale di Don Verzè per esempio, “verbum caro factum est”, il verbo si è fatto carne.

 

L’esempio originale è quello della Compagnia delle Opere, di quel gran fumo di clericalismo simoniaco, presunte truffe, denunzie, scandali, ricatti, minacce e processi penali che ha accompagnato il miracolo economico di Cl. E però in questo scandalo del Ministero il cristianesimo come Avvenimento è bestemmiato.

 

Lupi non è un libertino, non è un laico, non è un Machiavelli e neppure uno scamiciato ma, come il suo ex avversario Roberto Formigoni, è un cattolico che fa dell’Avvenimento cristiano l’uniforme della propria vita anche politica, un’armatura morale: teologia, pedagogia, volontariato, famiglia, amore, mistero e magistero, una nuova umanità che incontra Gesù e controlla che ora è nel Rolex regalato al figlio, così come Formigoni mangiava pesce e beveva Champagne a Sacro Sbafo.

LUPI CONTESTATOLUPI CONTESTATO

 

Con il suo viso da bambino con le rughe, Lupi è un Formigoni con più ambizione e meno vanità. Quello serviva Messa e stava seduto su una montagna di brioche, pomatine, cipria, costosissime robine, ninnoli, vestiti, scarpe ed accessori che si portava dietro sugli yacht e nelle case che gli mettevano a disposizione in Sardegna e ai Caraibi, tra camerieri che si inchinavano e bottiglie che si svuotavano.

 

Questo è molto più sobrio, preferisce la penombra del ministero dell’Ingegneria Pubblica dove governa una rete di sostanze economiche fatta di intimità e ferinità di rapporti, con una legge che sta fuori dalla legge, garantendo tuttavia alla sua cattolicissima famiglia una piacevole sensazione di virtù.

LUPI INCALZALUPI INCALZA

 

Mio padre, buonanima, avrebbe preso a calci un suo sottoposto che mi avesse regalato un orologio, o un abito da sartoria o, peggio, avesse offerto un lavoro a me per controllare lui. Dunque, avrebbe detto don Giussani a Lupi: «Per duemila euro al mese hai venduto il tuo Luca all’Italia rapace che nessuno conosce meglio di te». Lo ha infatti ceduto a quel Francesco Cavallo detto Frank, che portava dolciumi e regali al segretario (anche lui di Cl) e pagava il biglietto aereo alla signora Lupi. Ha regalato suo figlio all’ingegnere Stefano Perotti per farlo diventare «il nostro uomo a Milano», e a Ercole Incalza, anche lui ingegnere che si ingegnava tra cavilli e tangenti e non era solo il Dominus italiano delle opere pubbliche ma anche l’ideologo di Ncd.

 

Si vantava infatti di averne scritto “il programma politico”, la carta dei valori . Mi dicono i cronisti retroscenisti che, sotto sotto, questo partito di Alfano aveva in un primo tempo trattato l’uscita di Lupi con posti di sottogoverno: quanti sottosegretari e consulenze valgono un ministro?

LUCA LUPILUCA LUPI

 

Quanto varrebbero al chilo le dimissioni di Lupi? E però il Nuovo Centro Destra ha un pacchetto azionario di minoranza che può mandare all’aria tutto il progetto politico di Renzi. È un partito del tre per cento ma con 4 ministri: Alfano, Lupi, Lorenzin e Galletti (formalmente Udc); due viceministri, Enrico Costa (Giustizia) e Luigi Casero (Economia); e sei sottosegretari : Massimo Cassano, (Lavoro), Simona Vicari (Sviluppo economico, tendenza Schifani), Giuseppe Castiglione (Risorse agricole), Barbara Degano (Ambiente), Gabriele Toccafondi (Istruzione), Gioacchino Alfano (Difesa). È un esercito di impresentabili, a partire dal ministro Alfano che è ancora quello che fece deportare la signora Shalabayeva e sua figlia e invece di dimettersi costrinse alle dimissioni due stimati funzionari di polizia.

LUPI RENZILUPI RENZI

 

Il metodo Alfano, che adesso Lupi sta sperimentando, è quello del ministro dimezzato ma salvato, del «calati juncu ca passa la china», impresentabile ma blindato anche alle mozioni di sfiducia. Persino Crozza ieri ha ricordato a Renzi che per molto meno si scagliò contro Annamaria Cancellieri. I peccati della famiglia Mastella fecero cadere il governo Prodi. La signora Idem fu cacciata da Enrico Letta per una Ici elusa. Adesso invece Renzi sembra la parodia di Forlani, fa sapere fuori scena di volere cacciare Lupi, ma in scena tace e intanto il fido Graziano Del Rio prende tempo, «stiamo valutando», «il ministro ci sta pensando»…

 

LUPI RENZILUPI RENZI

È forlanismo senza curialità, mancanza di coraggio, una sostanziale difesa dell’impunito costruita però sull’imbarazzo. Prima o poi anche loro capiranno che ministri e governi dimezzati impongono un gusto e un’ideologia da mezze porzioni politiche che rinviano alle mezze maniche, alla mezze calzette, ai mezzi uomini di Sciascia.