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Da "repubblica.it"
Ancora una notte di tensione nelle città della Turchia teatro della protesta contro il governo di Recep Tayyip Erdogan, accusato di voler islamizzare il Paese. A Istanbul e Ankara la polizia ha usato gas lacrimogeni e idranti per disperdere centinaia di manifestanti che tentavano di dirigersi verso gli uffici del primo ministro. Scontri sono avvenuti anche ad Hatay, alla frontiera con la Siria, dove lunedì un è stato ucciso e questa notte sono rimasti feriti due poliziotti e tre manifestanti.
Malgrado il governo si sia scusato per la brutalità della repressione, in serata migliaia di dimostranti si sono riuniti in piazza Taksim a Istanbul, luogo simbolico del movimento nato dall'opposizione al progetto di costruire un centro commerciale là dove ora c'è un parco pubblico. Contemporaneamente diverse migliaia di contestatori sono tornati nelle strade di Ankara per chiedere le dimissioni di Erdogan.
A Smirne almeno 25 persone sono state arrestate per aver diffuso su Twitter "informazioni false e diffamatorie". Secondo Ali Engin, responsabile locale della principale forza politica di opposizione, il Partito repubblicano del popolo, avevano "invitato la gente a scendere in piazza".
All'appello per due giorni di sciopero in segno di solidarietà con i manifestanti lanciato dalla Confederazione dei sindacati del settore pubblico dovrebbe unirsi anche la Confederazione degli operai rivoluzionari, che conta 420.000 iscritti.
Il braccio di ferro tra dimostranti e governo ha già fatto tre morti e oltre 2000 feriti. La violenza con cui le forze dell'ordine hanno affrontato la protesta ha suscitato aspre critiche da parte dei governi occidentali. E ieri il vice primo ministro Bülent Arinç ha cercato di gettare acqua sul fuoco con una dichiarazione che nulla ha a che fare con l'intransigenza fin qui dimostrata da Erdogan nei confronti delle più imponenti manifestazioni antigovernative da molti anni a questa parte.
"L'esecutivo ha imparato la lezione - ha detto in conferenza stampa - Non abbiamo il diritto e non possiamo permetterci di ignorare la gente. Le democrazie non possono esistere senza l'opposizione". Quindi si è scusato a nome dell'esecutivo "con quanti hanno subito violenze a causa della loro sensibilità per l'ambiente".
Parole che sono state accolte con un sospiro di sollievo dalle cancellerie europee e dall'amministrazione Usa, preoccupate per quanto sta accadendo in un Paese membro della Nato, ma che non hanno trovato finora riscontro nei fatti. E parlando al Consiglio americano-turco il vice presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha sollecitato il governo Erdogan a rispettare i diritti degli oppositori.
La Turchia ha l'opportunità di realizzare il suo obiettivo di diventare una delle dieci maggiori economie mondiali entro il 2023, ma non deve deviare dal percorso democratico, ha aggiunto. E ancora: "Il futuro della Turchia appartiene al popolo turco e a nessun altro. Ma gli Usa non possono rimanere indifferenti".
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