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Paolo Mastrolilli per "la Stampa"
«In queste ragazze, Barack e io vediamo le nostre figlie. Vediamo le loro speranze, i loro sogni, e possiamo solo immaginare l'angoscia che i genitori provano in questo momento».
à diventato un fatto personale, per Michelle Obama, il rapimento delle 276 ragazze nigeriane che il gruppo terroristico Boko Haram vuole vendere come schiave. Oltre la polemica politica. Come quando suo marito, commentando l'omicidio del giovane nero Taryvon Martin, aveva detto che «poteva essere il figlio che io non ho avuto». Barack e Michelle invece hanno due figlie e pensano che se fossero cresciute in Nigeria, quella notte potevano stare nel dormitorio della scuola da cui sono state strappate.
Il presidente così ha lasciato l'abituale discorso radiofonico del sabato alla moglie, che in audio e video si è rivolta agli americani e al mondo, per lanciare il suo appello in questa festa della mamma resa tragica. «Come milioni di persone in tutto il globo, mio marito e io siamo oltraggiati e straziati dal rapimento.
Questo attacco inconcepibile è stato commesso da un gruppo terroristico determinato a impedire che le ragazze ricevessero un'istruzione. Uomini adulti che cercano di spegnere le aspirazioni di giovani ragazze. Voglio che sappiate che Barack ha indirizzato il nostro governo a fare tutto il possibile per sostenere quello nigeriano nello sforzo di riportarle a casa». Sono state divise in gruppi, secondo l'intelligence Usa, ma sarebbero ancora nel Paese.
Secondo Michelle, però, il problema è assai più ampio: «à una storia che vediamo ogni giorno, con ragazze in tutto il mondo che rischiano la vita per realizzare le proprie ambizioni». Come Malala in Pakistan, sopravvissuta all'aggressione dei taleban e diventata un esempio di fermezza per tutti. Come queste stesse ragazze nigeriane, che avevano continuato ad andare a scuola, nonostante avessero già ricevuto minacce.
Averle perse dovrebbe far riflettere tutti, anche in America, sul valore dell'istruzione che spesso diamo per scontata. Ritrovarle invece è indispensabile, per ridare ai genitori e alle ragazze di tutto il mondo la serenità e la determinazione per continuare a mandarle a scuola.
L'intervento della First Lady ha dato un aspetto umano a questa tragedia, che in America era diventata l'occasione di polemiche politiche per la reazione timida del governo. Washington ha mandato otto agenti in Nigeria per aiutare le ricerche, anche per i timori dei contraccolpi che un intervento più deciso potrebbe provocare, ma ci sono parlamentari che chiedono di inviare le forze speciali per liberare le ragazze.
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