LA MINORANZA PD MANDA AVANTI GRASSO PER FAR CAPIRE AL ROTTAM'ATTORE CHE GLI FARANNO LA GUERRA SULLA RIFORMA DEL SENATO - ANCHE IN FORZA ITALIA ED NCD C'È IL MALDIPANCIA. E PER AVERE L'OK SERVE LA MAGGIORANZA QUALIFICATA, CIRCA 213 SENATORI. CIAO CORE...

Paolo Bracalini per Il Giornale

All'ultima riunione il senatore Minzolini ha evocato La corazzata Potëmkin secondo il giudizio estetico del ragionier Fantozzi: «La riforma del Senato di Renzi è una c... pazzesca». L'ex direttore del Tg1 è stato il più esplicito, ma non è l'unico a pensarla così, anzi. E non solo dentro Forza Italia. Con i tempi stretti per incassare il via libera a Palazzo Madama prima delle Europee, il pallottoliere diventa fondamentale.

E sempre Minzolini, tornato al vecchio mestiere di insider parlamentare, ha raccolto i malumori striscianti a Palazzo madama, tra Pd e partiti della maggioranza, per fare due conti: «I numeri per approvare la riforma di Renzi non ci sono. Serve la maggioranza qualificata, i due terzi del Senato e basta guardare com'è finito il voto sul decreto Province, soltanto 160 sì, per capire che la strada per Renzi è tutta in salita».

E lì c'era la fiducia, più complicata da mettere su una riforma costituzionale. Per il via libera al nuovo Senato renziano - assemblea non elettiva composta da sindaci e delegati regionali - e permettere così al segretario-premier di presentarsi alle Europee, suo primo test elettorale, con un succulento slogan in più («Abbiamo abolito il Senato, 315 stipendi in meno») servirebbero 213 senatori favorevoli, e anche tolta l'opposizione, i margini restano affilati come rasoi.

C'è la pancia di Forza Italia che si contorce. Sempre in quella riunione, un big dei senatori Fi, nemmeno tra i più avversi alla riforma renziana, ha posto un dubbio politico: «Ha senso dare un assist elettorale così a Renzi a pochi giorni dalle elezioni?». Altri contestano il merito della proposta di Renzi, come il senatore Malan («Non ha senso tenere un Senato non eletto, prima ci si lamentava dei nominati del Porcellum, ma qui sarebbero nominati tutti e non dagli elettori, per cui meglio abolirlo totalmente»), altri come Matteoli pensano che la guerra al Senato sia sbagliata di per sé («Si rischia di fare un doppione della Conferenza Stato-Regioni, in tutte le grandi democrazie ci sono due Camere» spiega l'ex ministro). Secondo l'opinionista-pseudonimo di Panorama, Keiser Söze, anche Berlusconi non sarebbe convinto («Come la vuole Renzi, la riforma del Senato certo non passa...»).

Ma i dubbi attraversano tutto l'emiciclo di Palazzo Madama, a partire dal partito del premier. «Io ho presentato un disegno di legge per il superamento del Senato un anno fa, quindi non sono certo contrario - racconta Stefano Esposito, senatore Pd - Ma dico che c'è molto da discutere e la fretta è cattiva consigliera. Soprattutto se Renzi insiste con le battute sui "315 stipendi che si risparmiano". Se c'è un modo per far incazzare quelli che già non sono contenti è proprio trattarli come mangiapane a tradimento.

Si rischiano le imboscate. E al Senato 20 senatori possono chiedere il voto segreto». E sulla riforma del Senato, coi senatori-tacchini che votano sul menù di Capodanno, con lo scrutinio segreto sarebbe il Vietnam. Gli esperti di contabilità dentro il Pd parlano di una trentina di senatori col mal di pancia sulla rottamazione del Senato. Tutta la minoranza bersaniana, senatori come Migliavacca, Pegorer, lo storico Gotor, che però smentisce di essere contro a priori («Non faccio parte di un "fronte del no" alla riforma del Senato, ma voglio discuterne»).

Poi i sei senatori civatiani, quindi parte di quelli che si riconoscono nel nuovo «correntone Pd» appena inaugurato, e poi, con sfumature diverse, i senatori lettiani, a partire da Francesco Russo, che secondo alcune ricostruzioni avrebbe nel cassetto un foglio con 25 firme di colleghi Pd contrari ad «un Senato dopolavoristico». Ma sulla riforma del Senato si affilano le armi anche in altri partiti della maggioranza.

Come in «Gruppo Per l'Italia» (11 senatori), la pattuglia di Mario Mauro («Stiamo attenti a non fare sciocchezze»), e sacche di resistenza anche nel gruppo Autonomie, con il senatore socialista Buemi che ha proposto, per ripicca, l'abolizione della Camera, e persino dentro Ncd. I tacchini sono pronti alla guerra.

 

RENZI E OBAMAMATTEO RENZI E BARACK OBAMA FOTO LAPRESSE AUGUSTO MINZOLINI E GABRIELLA GIANMANCO FIDUCIA AL GOVERNO RENZI IN SENATO FOTO LAPRESSE Mario Mauro e Maurizio Lupi