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NAZARENO, ABBIAMO UN PROBLEMA! LA MINORANZA DEM VUOLE IL PASSO INDIETRO DI RENZI: “AZZERARE TUTTO, DIALOGO CON M5S” – IN CASO DI DIMISSIONI DEL "DUCETTO" SI FANNO I NOMI DI VELTRONI E GENTILONI COME REGGENTI – CUPERLO: “SCONFITTA UNA CLASSE DIRIGENTE” (DI CUI LUI FA PARTE. E QUINDI: VIA TUTTI?)
Monica Guerzoni per il Corriere della Sera
Se davvero l' argine del 20% è crollato, quella che per i renziani è «solo» una sconfitta per la minoranza è una débâcle, una disfatta. Un risultato catastrofico e bruciante che costringe il Pd a ripartire da zero, riapre i giochi per la segreteria e interroga un' intera classe dirigente sulla rotta da seguire in Parlamento.
«Noi siamo alternativi al M5S, noi staremo all' opposizione», annuncia a mezzanotte dagli studi di Porta a Porta Ettore Rosato, il capogruppo che ha dato il suo nome al nuovo sistema elettorale. Il Pd sarà compatto su questa linea? «Io credo di sì».
E invece no, il Pd non è mai stato così lacerato e sgomento. È un partito scioccato, quasi rassegnato al big bang e destinato a spaccarsi tra i pretoriani del segretario e i pur deboli oppositori interni. La coalizione ha fallito, il centrosinistra non esiste più. La poltrona del leader balla. C' è chi prevede il passo indietro e chi, a sinistra, già azzarda per il «dopo» i nomi di Gentiloni, Veltroni e Zingaretti. Ragionamenti prematuri, perché ora la priorità è il governo. Michele Emiliano lo dice da giorni, inascoltato: «Renzi deve dialogare con il M5S, impedire che si saldi con la Lega». Ma è una strada che i renziani escludono a priori. «I cinquestelle non si occupano del Paese, si occupano di campagna elettorale - è il no di Rosato al dialogo -. Le loro proposte sono irrealizzabili».
Nella notte più lunga di questo decennio di storia dem, giornalisti, cameramen e fotografi aspettano per ore che si materializzi un dirigente. Ma l' ordine di scuderia è non aprire bocca fino ai dati definitivi e alle due di notte gli operatori dell' informazione sono ancora in attesa nella sala conferenze. I dirigenti che parlano lo fanno al telefono, o in tv. «I primi dati vanno presi con le pinze», spera Lorenzo Guerini. E Rosato si augura che quel 19% da brivido venga smentito allo spuntar del sole: «Io non sono così pessimista».
Ma appena inizia lo spoglio, Rosato ammette che la situazione è più brutta del previsto: «Se il risultato finale fosse così negativo, passeremmo all' opposizione». Per la minoranza è «una catastrofe». Gli esponenti dell' area di Andrea Orlando descrivono un Pd «dimezzato rispetto al 40,8% delle Europee» e si accaniscono sugli errori del leader. Lo accusano di aver sbagliato le liste elettorali. Gli rimproverano di non aver lanciato Gentiloni per Palazzo Chigi. Giudicano un passo falso l' aver introdotto nel rush finale la retorica della sconfitta («Se perdo resto»). Gli addossano il peso della scissione, che ha contribuito alla sconfitta inattesa in tanti collegi delle zone rosse.
«Ha sbagliato a personalizzare - è il giudizio di Michele Emiliano, che ora teme «la rovina» del Pd -. Ha sfidato l' elettorato antirenziano a dare una botta al partito per colpire lui». I numeri in Parlamento e in Direzione sono dalla parte del leader, eppure la resa dei conti è inevitabile.
maria elena boschi gianni cuperlo selfie
Forti dell' asse con Prodi, Veltroni e gli altri ministri e padri nobili che si sono avvicinati a Gentiloni per allontanarsi da Renzi, Orlando ed Emiliano chiederanno una svolta. «Se le proiezioni fossero confermate bisognerà azzerare tutto - attacca Cesare Damiano -.
Davanti a una sconfitta cocente, a Renzi non basterebbe appellarsi alle primarie». Gli orlandiani invocheranno un' assemblea prima delle consultazioni, vorranno essere nella delegazione che salirà al Colle perché di Renzi non si fidano e potrebbero chiedere il congresso straordinario. Per Gianni Cuperlo «un risultato così severo non interroga solo una leadership, ma una intera classe dirigente e di governo», parole che evidenziano le ormai scarse chance di formare un bis di Gentiloni. Preoccupazione e timori per il «dopo» serpeggiano anche tra i ministri uscenti. Ma Dario Franceschini sceglie la cautela: «Aspettiamo che si sappia qualcosa di vero».
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