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Carlo Tarallo per Dagospia
Padri e figli, tecnici e consulenti, spending review e i soliti incroci delle famiglie che contano (i miliardi di euro): nemmeno il tempo di sedersi sulla nuova poltrona di commissario per i tagli agli acquisti di beni e servizi nella Pubblica amministrazione ed ecco che arriva il primo spiffero maligno su Enrico Bondi.
Fu proprio il neocommissario, infatti, ad assumere nel 2009 (quando era all'opera in Parmalat) il figlio di Mario Monti, Giovanni, in azienda. Montino, all'epoca, era intristito: a 38 anni, con una laurea alla Bocconi e un Master in Business administration alla prestigiosa Columbia University di New York si era annoiato della vitaccia che conduceva tra lavoretti da precario qualunque.
Qualche esperienza in investimenti bancari alla banca d'affari Goldman Sachs, poi un posto in Citigroup e il passaggio alla Morgan & Stanley, alle prese con le transazioni economico-finanziarie sui mercati di Europa, Medio Oriente e Africa, in collegamento diretto con gli uffici centrali di New York. Nel 2009 la chiamata di Bondi: Giovannino arriva a Parmalat come top manager, per volontà dell'amico (di famiglia) Enrico, e si stabilisce in città con moglie e figlio.
Pochi mesi fa la doccia fredda: con l'ingresso di Lactalis viene sostituito quasi tutto il management "bondiano" e Giovannino Monti perde la sua scrivania. Dimissioni? Licenziamento? Non si sa e non si è mai saputo ufficialmente. E oggi? E oggi babbo Mario chi sceglie per tagliare le spese della pubblica amministrazione? Ma Enrico Bondi, naturalmente, e i conti tornano. A chi? A loro naturalmente...
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