DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Estratto dell’articolo di Alessandro Barbera per “la Stampa”
Senatore Monti, il primo turno delle elezioni francesi ha sancito la vittoria della destra di Marine Le Pen […]
«[…] il sistema costituzionale dei Paesi nei quali il capo dell'esecutivo è eletto direttamente dal popolo sta mostrando la corda». […] «[…] […] è clamoroso quel che sta avvenendo negli Stati Uniti e in Francia, dove tutto dipende da una persona. Vale per Macron che può sciogliere l'Assemblea nazionale senza consultare nessuno, o per Joe Biden che si ricandida a dispetto delle condizioni di salute. È la stessa illusione che spinge un Paese come l'Italia a credere di risolvere il problema eleggendo direttamente il presidente del Consiglio».
In cosa consiste l'illusione?
«Alle liberaldemocrazie oggi non basta l'uomo solo al comando per avere un buon governo stabile. Per fare le necessarie riforme strutturali e per tenere in ordine la finanza pubblica di cui c'è bisogno di un consenso più largo di quello garantito dalla parte politica di chi governa. Negli Stati Uniti di Biden o di Trump, nella Francia di Macron e domani nell'Italia del premierato - che spero non passerà - il capo del potere esecutivo ha grande presa sulla propria metà dell'elettorato e l'ostilità pressoché certa dell'altra metà».
Le riforme non sono impopolari a prescindere?
«[…] Gli Stati Uniti ogni anno faticano a chiudere il bilancio ed evitare il fallimento federale. Macron ha dovuto penare per anni, fare i conti con scontri di piazza per ottenere una riforma delle pensioni che - al confronto con la legge Fornero - è molto limitata. Ci sono invece Paesi nei quali - oltre all'Italia penso alla Germania di Angela Merkel - i cambiamenti sono stati ottenuti con un sostegno più largo. Oggi per governare con successo nelle nostre democrazie è necessario un consenso politico ampio».
Dunque sta rivalutando il modello parlamentare. È così?
«I sistemi parlamentari, soprattutto se hanno un presidente della Repubblica non eletto direttamente in funzione di arbitro, consentono più flessibilità di quelli in cui il capo del governo è eletto direttamente. Ciò non toglie che i poteri del premier possano essere più incisivi di quelli attuali. In Germania ad esempio non c'è l'elezione diretta del capo del governo, ma quest'ultimo ha in mano il potere della sfiducia costruttiva. Rafforzamenti di questo tipo andrebbero bene anche in Italia».
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[…] «[…] Direi […] alla presidente Meloni di applicare a sé stessa un principio che lei stessa spesso richiama: fare l'interesse nazionale italiano, che è diverso da quello di presidente di un gruppo politico europeo (Ecr, ndr). Naturalmente a livello di Unione, lavorare per l'interesse comune europeo significa di solito realizzare anche buonaparte dell'interesse nazionale. Se Meloni voterà a favore della Commissione Von der Leyen il ruolo dell'Italia a mio avviso potrà essere più incisivo, l'alternativa non è auspicabile».
Può spiegare concretamente che intende?
«[…] Da circa un anno il ministro degli Esteri tedesco,con l'appoggio del cancelliere Scholz, ha creato un gruppo di pressione per superare il principio dell'unanimità nelle decisioni sulla politica estera europea, oggi spesso paralizzata dai veti. Il ministro Tajani si è detto favorevole. Nell'aula del Senato ho chiesto esplicitamente alla presidente Meloni quale fosse la sua posizione. La sua risposta è stata: "Non sono favorevole al superamento del veto".
Questo è un caso specifico di conflitto di interesse tra l'interesse nazionale e l'interesse di parte. Stessa cosa è avvenuta con le nomine europee. I leader dei grandi partiti europei e Ursula von der Leyen non hanno gestito la faccenda al meglio, ma Meloni a mio parere avrebbe dovuto accettare di sedersi al tavolo quale presidente del Consiglio italiano,come era stata invitata a fare».
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Ancora non è chiaro se l'Italia voterà comunque a favore della nuova Commissione Von der Leyen. Lei crede una maggioranza a suo favore ci sarà?
«Credo supererà la prova, e che sia nell'interesse dell'Europa che ciò avvenga. […] Von der Leyen è stata una buona presidente. Mi auguro abbia il voto anche dei Verdi e di una parte di Ecr, […]: per gestire l'Europa e i suoi problemi occorre una coalizione larga».
Il sì della Meloni certamente garantirebbe all'Italia più peso nella scelta del nuovo commissario. […]
«Compito di un commissario non è seguire le direttive che gli vengano dal governo, e anche se pensasse di piegarsi all'interesse nazionale avrebbe qualche problema. Registro che su quei temi il governo Meloni al suo interno ha posizioni diverse: Forza Italia è parte del mainstream europeo, la Lega parte da presupposti quasi opposti. […]».
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Quali pensa dovrebbero essere le priorità della nuova Commissione?
«Fra le priorità non metterei un nuovo Recovery plan. […] facciamo lo sforzo di aumentare significativamente il bilancio comune, che vale tuttora l'uno virgola del Pil europeo.
È quello il contenitore da riempire con gli investimenti e le spese comuni che di volta in volta si imporranno, oggi direi in primo luogo la Difesa. Un'altra priorità è aumentare la competitività europea […]».
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