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Claudio Del Frate per il "Corriere della Sera"
I milioni di euro erogati dallo Stato per il rilancio turistico della Basilicata e della Campania sono stati dissipati in gioielli, auto di lusso, affitto di appartamenti con vista sulla basilica di san Pietro; quelli che dovevano far nascere un resort cinque stelle in un'isola della laguna veneta hanno invece preso la strada del Lussemburgo e sono spariti in una società off shore. Ciliegina sulla torta: mentre i sospirati progetti languivano e centinaia di persone restavano senza stipendio, venivano spesi 19 mila euro per pagare un consulente incaricato di scegliere i regali di Natale. O venivano scialacquati 11 mila euro per una stilografica.
Il decreto con cui il gip di Milano Donatella Banci ha disposto il rinvio a giudizio per 11 manager della Cit, la storica compagnia italiana del turismo fondata nel '27 da Benito Mussolini, è impietoso: spiega come in pochi anni una società che godeva di illimitati appoggi politici e bancari sia affondata in un gorgo debitorio di 532 milioni di euro perché i suoi amministratori l'hanno usata semplicemente come bancomat per garantirsi un tenore di vita da nababbi. «E tutto questo quando la società era già in stato di insolvenza» sottolinea il magistrato.
La Cit aveva ricevuto per la sola costruzione di villaggi turistici in Basilicata 19 milioni di euro dallo Stato; le indagini condotte dal pm Riccardo Targetti nei mesi scorsi avevano già documentato come quelli e altri fondi pubblici fossero stati usati per l'acquisto di Lamborghini fuori serie, vacanze a Sankt Moritz, gioielli di Bulgari. A questa antologia dello spreco ora si aggiungono altri episodi che vanno ad appesantire l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta. Ci sono ad esempio i 362 «coperti» pagati dalla Cit in ristoranti vista mare in Puglia e Lucania per dare ospitalità a parenti e amici di Arcangelo Taddeo, amministratore di Cit spa o i 40 mila euro spesi per voli con jet privati dallo stesso Taddeo.
Dei residence che Cit doveva realizzare in accordo con lo Stato in riva allo Ionio oggi non c'è traccia così come è rimasto sulla carta il «parco a tema» dedicato a Padre Pio a Pietrelcina, il paese natale del frate. Il mega hotel veneziano di Sacca Sessola è stato venduto e su di esso i magistrati milanesi raccontano una storia esemplare: la progettazione viene affidata alla società lussemburghese Engeco a cui vengono versati oltre 15 milioni di euro, nonostante la Engeco non abbia alcun requisito professionale; il progetto viene redatto da uno studio di architettura veneziano a cui vengono versati 600 mila euro. E tutti gli altri denari? Spariti, «canalizzati - scrive il gip - verso siti inesplorabili in giurisdizioni off shore o in società svizzere».
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