
DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA…
Carmelo Lopapa per “la Repubblica”
L’ultimo sondaggio che li inchioderebbe sotto il due per cento (1,8 Udc inclusa, per l’esattezza, fonte Ghisleri per Ballarò ) ha avuto l’effetto del detonatore. L’Ncd di Angelino Alfano è un partito sull’orlo di una crisi di nervi e in un momento assai delicato per il governo che sostiene e per la riforma da approvare sul filo dei numeri al Senato. Almeno una decina si sono visti al rientro un paio di giorni fa, pronti a dare battaglia. Dalle riforme al terreno per loro caldissimo delle unioni civili, in cui il dissenso col Pd è totale.
«Tutti pensano che siamo solo in tre ad avere perplessità sul ddl Boschi, in realtà ormai siamo la metà del gruppo », racconta Roberto Formigoni in una pausa dei lavori a Palazzo Madama. Gruppo che (coi centristi Udc) è composto da 35 senatori. Per la settimana prossima i «perplessi » - per usare un eufemismo - hanno già chiesto in via informale una riunione al leader Angelino Alfano, finora defilato sui temi caldi. Giusto per capire da che parte andrà il partito, che linea intende seguire.
Non solo sulle riforme, ma anche sulle alleanze alle prossime amministrative. È davvero nell’aria un’alleanza organica col Pd? «Qualcuno dei nostri pensa di trovare riparo all’ombra di Renzi, ma sarebbe un errore, oltre che disonorevole, battiamoci piuttosto per modificare la riforma al Senato per introdurre l’elezione diretta e l’Italicum col premio di coalizione », stronca sempre Formigoni. L’affare non è secondario. Chi tra loro sopravviverà alle prossime elezioni? E in quale lista? Nei giorni scorsi è venuto allo scoperto a sorpresa con una esplicita richiesta di chiarimento ad Alfano anche il capogruppo Renato Schifani. Tra i senatori è il panico.
Con la cancellazione del Senato rischiano di entrare alla Camera con l’Italicum solo una decina di capolista. «Guardacaso i membri del governo e i più filorenziani. E noi?» sbotta sconsolato un dirigente non governativo. E allora la tentazione di far saltare tutto c’è e tanta. Guido Viceconte,senatore, è tra i più motivati: «Non darei affatto per scontato che questa riforma passi così com’è? Deve cambiare, come pure l’Italicum».
Su quella linea c’è Carlo Giovanardi, c’è il molisano Ulisse Di Giacomo, c’è Antonio Azzollini. Non si spinge a tanto Andrea Augello, capogruppo in commissione Affari costituzionali, però pure lui mette in guardia: «Guai a far saltare tutto per questa prova di machismo tutta interna al Pd».
Cambiare il testo, è la parola d’ordine, approdare quantomeno alla mediazione del listino avanzata dal coordinatore Ncd Quagliariello. Ma è tutta Area popolare un piccolo vulcano in ebollizione. Da venerdì a domenica l’Udc di Lorenzo Cesa organizza la sua festa annuale, stavolta a San Giovanni Rotondo, ma in programma non compare nemmeno il fondatore Pier Ferdinando Casini. «Grazie, ho altri impegni» ha tagliato corto l’ex presidente della Camera. In quel che resta dell’Udc non crede più neanche lui.
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