DAGOREPORT - COSA POTREBBE SUCCEDERE DOPO LA MOSSA DI ANDREA ORCEL CHE SI È MESSO IN TASCA IL 4,1%…
Estratto dell’articolo di Paolo Baroni per “la Stampa”
giorgia meloni giancarlo giorgetti foto lapresse
Ancora brutte notizie per il governo: dopo un 2024 con una crescita tornata allo zero virgola anche nel 2025, secondo le stime dell'Osservatorio sui conti pubblici dell'Università Cattolica, l'economia italiana farà registrare una crescita molto modesta, ben al di sotto le stime del governo.
Col risultato che peggiorano sia le stime sul debito che quelle sul deficit tanto da costringere l'Italia, in assenza di interventi, - a rinviare di un anno la discesa sotto la soglia del 3% di disavanzo restando quindi ancora sotto procedura d'infrazione sino a tutto il 2027. Un problema in più per il governo se si considera che in quell'anno si dovrebbe andare a votare.
giorgia meloni e giancarlo giorgetti foto lapresse 1
Secondo il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, che ieri è intervenuto ad un convegno a Varese, «l'economia italiana, anche in relazione a tutti i disastri che sono stati fatti in passato, è in condizione migliori di tanti altri paesi.
Il problema per noi è che paghiamo 90 miliardi all'anno di interessi e lo scopo nostro, è quello di abbassare lo spread, confidando che la Banca Centrale Europea tiri già i tassi e di pagare 10-20 miliardi in meno l'anno di interessi, da destinare alla scuola e la sanità. Questa è la mia missione».
LA SALA DEGLI SPECCHI DI PALAZZO CHIGI - VIGNETTA BY GIANNELLI
[…] Come conseguenza dei dati pubblicati giovedì dall'Istat, l'Ocpi, intanto, prevede che il tasso di crescita del Pil nel 2025 si fermi allo 0,4%, ovvero otto decimi di punto rispetto all'obiettivo del governo. Di conseguenza, quest'anno il rapporto tra deficit e Pil potrebbe salire di 0,3 punti percentuali al 3,6% mentre il rapporto tra debito pubblico e Pil aumenterebbe di 1,5 punti arrivando al 138,4%.
«Questo – specifica lo studio dell'Ocpi - non causerebbe problemi per il rispetto delle regole europee sui conti pubblici, che consentono una deviazione dagli obiettivi in caso di minore crescita, salvo per l'uscita dell'Italia dalla procedura di deficit eccessivo che potrebbe essere ritardata dal 2026 al 2027». Secondo il direttore dell'Osservatorio, Carlo Cottarelli, però «non servirà una manovra» perché magari basterà rinunciare ad utilizzare i ricavi del concordato biennale per ridurre ulteriormente le tasse.
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Per il 2025 il governo prevedeva un aumento del Pil dell'1,2%. Raggiungere questo risultato, secondo l'Osservatorio, richiederebbe che il tasso di crescita trimestrale, zero nella seconda parte del 2024, salga di colpo allo 0,45% per tutti i trimestri del 2025. Tenendo conto della politica restrittiva di finanza pubblica (il deficit era previsto ridursi di mezzo punto percentuale quest'anno) e della sostanziale invarianza del quadro internazionale, una tale accelerazione sembra al momento del tutto improbabile, nonostante il taglio dei tassi di interesse da parte della Bce.
Ipotizzando che, da un tasso di crescita zero, il Pil reale cresca in ogni trimestre del 2025 dello 0,15% rispetto al trimestre precedente, il tasso di crescita annuale sarebbe dello 0,4%, ossia 0,8 punti percentuali sotto l'obiettivo. «Anche crescere dello 0,15% a trimestre - spiega Cottarelli - non sarà così banale. Serve che la Bce continui nella sua politica di riduzione dei tassi. Poi la guerra dei dazi non aiuta. Inoltre sulla crescita zero dell'Europa aleggiano altre incertezze. L'esito delle elezioni in Germania può avere delle serie conseguenze». Per Cottarelli poi il fatto che il 2025 rappresenti l'anno della «messa a terra» di molti dei progetti del Pnrr non cambia il quadro, questi perché «le stime del governo già ne tengono conto».
giancarlo giorgetti lorenzo fontana giorgia meloni maurizio leo
Per l'Ocpi la crescita stentata del Pil non è «irrilevante rispetto agli obiettivi di finanza pubblica». Il maggior deficit 2025, infatti, «in assenza di nuove misure, potrebbe ritardare la discesa al di sotto della soglia del 3% prevista per il 2026 comportando una più lunga permanenza dell'Italia sotto la procedura di deficit eccessivo». […]
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