KANCELLIERI OBTORTO COLLE - E’ UN’ANATRA ZOPPA (E LEI LO SA) MA NONNA PINA (COME ALFANO) RESTA LI’ PER NON SPEDIRE A CASA IL GOVERNO NAPO-LETTA

Vai all'articolo precedente Vai all'articolo precedente
guarda la fotogallery

Liana Milella per "La Repubblica"

Si può chiamarlo, come fa lei, «l'onore strappato». Come quando dice «voglio che mi sia restituito nella sua interezza ». Ancora: «Ho vissuto una vita di trasparenza e correttezza, questo mi preme, che resti tal quale, senza ombre, tutto il resto è politica». Dovrebbe essere il giorno della vittoria per Annamaria Cancellieri.

Annunciata sin dalla mattina, a palazzo Chigi, quando per una mezza dozzina di minuti si ferma a parlare con Letta. Lì il Guardasigilli comincia a capire che c'è una luce in fondo al tunnel. Chi sta dalla sua parte, chi le crede - perché questo è il punto fermo per lei, la piena fiducia, che invece finirà per essere fiducia a metà - è disposto a sottoscrivere la scommessa.

Letta per certo, più in alto Napolitano. Non ha bisogno di parlargli di nuovo. Gli ha già spiegato tutto. Lo ha convinto della sua buona fede e della sua trasparenza. Ma la questione dell'«onore strappato» resta. Anche nel giorno in cui i suoi collaboratori le si stringono intorno soddisfatti, rimane l'ansia di fugare i dubbi, a questo punto di entrare nei particolari anche minimi.

Soprattutto perché la fiducia che le arriva alla fine dal Pd rischia di essere, alla fine sarà, una fiducia «dimezzata», una fiducia d'ufficio, che c'è perché se cade lei cade anche Letta. L'amarezza è questa. La preoccupazione anche. Che alla fine le facce intorno a lei non siano quelle della condivisione piena, ma del sostegno necessitato. Questo, ragiona Cancellieri, non renderebbe debole lei, ma l'azione di governo su temi sensibili come quelli della giustizia. Per questo l'esigenza è proprio quella di chiarire tutti i dettagli possibili.
La solita sveglia di buon mattino.

La prima ombra per via dei giornali che ancora la attaccano. Poi via a palazzo Chigi, Letta, la rassicurazione, poi via Arenula. Da una parte la routine, come se niente fosse, arrivando a preparare il vertice italo-francese di oggi , che magari potrebbe essere inutile se il voto in Parlamento dovesse andare male, dall'altra il nuovo discorso sulla sfiducia.

Lì l'incubo dell'«onore strappato», della «fiducia dimezzata », si ripropone nella sua dilaniante problematica. Lì Cancellieri vorrebbe togliersi più di un sassolino dalle scarpe. Sicuramente quello di aver mentito ai giudici. Questo è il fatto che le brucia di più. A chi le consiglia di volare alto, di non scendere in dettagli, perché c'è il rischio che a Montecitorio si apra una querelle senza fine, contrappone l'«onore strappato».


«Non posso passarci sopra». All'una se ne va casa per la fisioterapia, ma dà disposizioni precise. «Quando avrò finito di parlare in aula tutti dovranno capire che io non ho mai mentito nella mia vita, tantomeno in questa occasione, è la questione che mi interessa di più». Il pranzo si consuma rapido. La notizia che Letta andrà alla riunione del Pd diventa l'indiscrezione più importante della giornata. Tutti capiscono che Cancellieri è salva. Ma c'è odore di compromesso, non di piena riabilitazione. Lei torna in via Arenula e si dedica al discorso.

A questo punto - sono le cinque del pomeriggio - il discorso è definito. Otto cartelle, tempo stimato per la lettura venti minuti. Un filo rosso vi si srotola dentro. Riassumibile in questa frase: «Ho sempre detto tutta la verità ». E poi: «Adesso ve lo dimostro ». E giù in dettagli delle ormai famose telefonate con i Ligresti, il 17 luglio, il 19 e 21 agosto. Inevitabile - e soprattutto voluta - la citazione di Gian Carlo Caselli e della procura di Torino. Parole chiare, che marginalizzano il sospetto, del tutto infondato, che Cancellieri volesse rivalersi su di loro con un'azione disciplinare. «Ma quando mai, questi sono pazzi, io non ci ho mai pensato».

Il 5 novembre, tra Senato e Camera, aveva chiesto scusa per aver chiamato ed espresso solidarietà alla compagna di Ligresti. Adesso invece - questo è uno dei suoi "sassolini" - è tentata di chiedere che si scusi con lei chi ha «strappato il mio onore », «chi ha messo in dubbio la mia parola», «chi davvero ha pensato che potessi mentire a un magistrato». I collaboratori la invitano alla prudenza, la esortano a non sfidare i tanti deputati, di M5S, di Sel, del Pd, che vorrebbero votare contro di lei. «Sia prudente, ministro» le raccomandano.

Certo, la partita, quando l'assemblea del Pd non è ancora cominciata, è aperta. Letta potrebbe anche essere contestato, la fiducia nei suoi confronti respinta. Lei dice: «Non voglio occuparmi di politica. Non voglio pensare che sulla mia testa si giochino delicati equilibri congressuali, ho un altro obiettivo, continuare a lavorare in questo dicastero se però ne ricorrono a pieno le condizioni. Ho un programma, ho un pacchetto di provvedimenti già pronto, ma mi serve un sostegno pieno, non di facciata». Un'ombra le passa sul viso, quella di chi teme di restare comunque un Guardasigilli compromesso, o «dimezzato » come preferisce dire lei.

 

cancellieri adnkronos x NAPOLITANO E CANCELLIERI NAPOLITANO E CANCELLIERI ENRICO LETTA NEL GIORNO DELLA FIDUCIA FOTO LAPRESSE Giancarlo Caselli ligresti salvatore