scuole cattoliche

NON C’È PIÙ RELIGIONE – LA CASSAZIONE DICE CHE ANCHE LE SCUOLE CATTOLICHE DEVONO PAGARE L’ICI – “NON BASTA SOSTENERE DI ESSERE IN PERDITA PER ESSERE ESENTATI” – PAGINONE DI “REPUBBLICA” IN PRIMO SFOGLIO, CHE GODE DOPO LA GUERRA DEI VATICANISTI

Roberto Petrini per “la Repubblica

 

SCUOLE CATTOLICHESCUOLE CATTOLICHE

Nessun appello: le scuole religiose devono pagare le tasse sulla casa. La Corte di Cassazione, con due sentenze depositate l’8 luglio, spiega che gli istituti scolastici gestiti da congregazioni e ordini religiosi quando incassano una retta e sono dunque organizzati commercialmente, non possono beneficiare di alcuna esenzione e devono pagare l’Ici. Anche se dimostrano di avere i bilanci in rosso cronico e dunque di non riuscire a realizzare profitti. La sentenza non cita Imu e Tasi, tasse analoghe giunte in un secondo momento, ma potrebbe aprire la strada a nuove richieste dei sindaci a caccia di risorse e a nuovi contenziosi con le scuole religiose.

 

La sentenza della Cassazione, la prima del genere in materia, è stata messa in moto da un contenzioso che va avanti dal 2010 tra il Comune di Livorno e i due istituti «Santo Spirito» e «Immacolata». Il Municipio allora bussò alla porta dei due istituti chiedendo conto del pagamento dell’Ici (ancora non era arrivata l’Imu) per gli anni 2004- 2009: furono formulati avvisi di accertamento per «omessa dichiarazione» e «omesso pagamento ».

 

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Le scuole risposero picche e per due gradi di giudizio hanno avuto ragione: la tesi sostenuta dalla difesa è che l’attività commerciale, condizione che fa scattare il pagamento dell’Ici in base alla legge istitutiva della tassa che risale al 1992, non sussiste perché i due istituti sono in perdita. Si continua dunque ad insegnare agli studenti ma non per lucro.

 

La Cassazione tuttavia non ha accettato questa linea difensiva. Per non pagare l’Ici gli enti religioso, ma anche di altra natura, devono rispettare due condizioni: la prima, che sussisteva, era quella di fare attività didattica (vale anche nei casi di attività di assistenza, sanitaria, previdenziale o sociale); la seconda è che l’attività commerciale, cioè il pagamento di rette, fosse marginale, in altri termini una eventuale esenzione non può essere riconosciuta se l’attività commerciale è esclusiva e dunque si deve sottostare alla tassa sugli immobili.

 

«Si riconosce e si ribadisce che quando c’è il pagamento di una retta e una apposita organizzazione si tratta di attività commerciale», spiega il tributarista Nicola Forte.

 

Per le scuole paritarie e religiose si profila una batosta a cominciare dai due istituti livornesi che dovranno pagare al Comune 422 mila euro, con le sanzioni.

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Indignata la reazione del mondo cattolico: «Chiuderemo», si è lamentato don Francesco Macrì, presidente della Fidae (Federazioni istituti attività educative). Il 63 per cento dei 13 mila istituti paritari è infatti gestito dalle congregazioni cattoliche che da oggi entrano a pieno titolo nel mirino degli uffici tributari dei Comuni.

 

La sentenza della Cassazione non riguarda la vecchia questione degli alberghi o delle foresterie spacciate per luoghi di culto per la presenza di una cappella o di una piccola chiesa di pertinenza. Il problema stavolta era limitato alla questione se una attività in perdita poteva essere considera commerciale o meno.

 

Dall’introduzione dell’Imu da parte del governo Monti nel 2012 (regime assunto anche dalla Tasi) infatti, dopo le pressioni di Bruxelles (scaturite da una iniziativa dei radicali Turco e Pontesilli), fu sgombrato ogni dubbio: non si paga la tassa sull’immobile solo se l’attività al quale è destinato non è commerciale e non più se l’attività commerciale è semplicemente marginale. In ogni caso, nelle situazioni miste, viene esentata la parte relativa al culto e si paga su quella commerciale.

 

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La sentenza è stata accolta con preoccupazione dalla schieramento cattolico che attraversa tutte le forse politiche. «Le scuole paritarie svolgono un servizio pubblico e ora sono a rischio», ha dichiarato Edoardo Patriarca (Pd). «La sentenza lascia interdetti», per Elena Centemero di Forza Italia.