ORA E SEMPRE “RENZUSCONI” - NON PIÙ TARDI DI UN MESE FA, BERLUSCONI HA PROPOSTO A RENZI DI FARE UN PARTITO INSIEME - E VISTO CHE MATTEUCCIO NON CI STA, IL BANANA SI LANCIA NELL’“OPERAZIONE LASSIE” PER ATTRARRE SENATORI NCD

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Francesco Verderami per “il Corriere della Sera

 

GRILLO RITWITTA IL FOTOMONTAGGIO VECCHIOTTO DI RENZI E BERLUSCONI FUSI INSIEME GRILLO RITWITTA IL FOTOMONTAGGIO VECCHIOTTO DI RENZI E BERLUSCONI FUSI INSIEME

Non è detto che userà l’arma del decreto per la riforma del lavoro, ma potrebbe farlo. È questa in fondo la vera svolta: Napolitano è pronto a concedere a Renzi ciò che non concesse a Monti due anni fa, quando sulla stessa materia vietò il provvedimento d’urgenza per «favorire — così disse — un’intesa in Parlamento».

 

Se il Colle ha cambiato verso è perché l’Italia si trova aggrappata a questo governo, alle garanzie che ha fornito e che — come racconta un autorevole ministro — «garantiscono a loro volta il sostegno di una coalizione internazionale che va dal Fondo monetario alla Commissione europea, dall’Ocse alla Bce».

 

Ma le condizioni per Renzi sono stringenti, e Prodi — che quel mondo lo conosce — ne ha rivelato a modo suo i dettagli in un passaggio dell’intervista concessa la scorsa settimana a Ballarò : «Quando in Europa si prendono impegni, poi bisogna fare alla lettera quello che si è detto a voce».

 

RENZI E BERLUSCONI PROFONDA SINTONIA RENZI E BERLUSCONI PROFONDA SINTONIA

La libertà di manovra parlamentare concessa al premier confina quindi con il patto vincolante sul testo del provvedimento. Si vedrà se Renzi userà lo strumento del decreto, ma c’è un motivo se ha voluto accelerare alla vigilia del viaggio negli Stati Uniti e prima della visita alla City di Londra, che fonti di governo dicono starebbe preparando: il leader del Pd non vuole (né può) tornare indietro.

 

È una mossa maturata a ridosso dell’estate, concordata con gli alleati di maggioranza, cui chiese di pazientare perché mirava intanto a incassare il voto del Senato sulla riforma costituzionale, ed era necessario evitare fibrillazioni. E quando in agosto Alfano affondò il colpo sull’articolo 18, il premier chiese di non andare oltre: «Andiamoci piano in questa fase o rischia di saltare tutto». Il progetto era ancora in via di preparazione. Ora che è tutto pronto, la riforma del lavoro potrebbe diventare — più della riforma elettorale — l’incubatrice della Terza Repubblica, per effetto della forza centrifuga che sta generando nei partiti.

 

NAPOLITANO VEDE ITALIA COSTARICA SULLA BATTELLO PER CAPRI NAPOLITANO VEDE ITALIA COSTARICA SULLA BATTELLO PER CAPRI

D’altronde (quasi) tutti sono aggrappati a Renzi: chi per convinzione, chi per scelta, chi per disperazione. Non più tardi di un mese fa, per esempio, Berlusconi ha proposto al capo democrat di lavorare insieme per fondare addirittura un partito, rinnovando l’offerta avanzata quando lo ricevette ad Arcore da sindaco di Firenze. Ora come allora ha ricevuto la stessa risposta. E poco importa se nell’ultima offerta c’era il riconoscimento implicito dell’errore compiuto a suo tempo con la rottura delle larghe intese: il Cavaliere, vista la porta chiusa, sta tentando di rientrare in gioco dalla finestra.

 

ROMANO PRODI ROMANO PRODI

L’operazione ha un nome in codice, perché al leader di Forza Italia piace darne uno alle sue imprese: nel 2008 — quando puntava a far saltare il governo Prodi — la chiamò «Operazione libertà». Adesso invece l’ha chiamata «Operazione Lassie». L’obiettivo è «riportare a casa» una parte dei parlamentari passati con il Nuovo centrodestra, preferibilmente senatori, così da far saltare gli equilibri a palazzo Madama — dove la maggioranza è risicata — e diventare numericamente determinante per il sostegno al governo.

 

Se è vero che la politica oggi è prigioniera di Renzi, Renzi non vuol diventare prigioniero dei suoi stessi prigionieri, e usa i patti per divincolarsi da chi vorrebbe aggrapparsi a lui.

Pierluigi Bersani Pierluigi Bersani

 

D’altronde — dopo la mossa di Napolitano — cos’altro gli chiede la minoranza del Pd se non un patto sulla riforma del lavoro? Perché — a detta di Bersani — ciò che propone l’esecutivo sull’articolo 18 «è inaccettabile. Sarebbe umiliante per la nostra storia». In effetti, per quanti sfilarono con Cofferati e altri tre milioni di persone a Roma nel 2002, dover dire «sì» a Renzi dopo aver detto «no» a Berlusconi sarebbe un gigantesco contrappasso.

 

angelino alfanoangelino alfano

E siccome non sono più i tempi della Bolognina, non ci sono più margini per scissioni a sinistra, e — visto l’intervento del Quirinale — nemmeno per altre soluzioni di governo, il rischio è la capitolazione, la cessione delle ultime quote sociali della «ditta». Ecco perché la minoranza del Pd tenta lo spariglio e parte all’assalto della legge di Stabilità, chiedendo che se ne discuta lunedì in direzione: vuole arrivare a un compromesso sul lavoro. Ma può Renzi stringere un patto con Bersani che non sconfessi il patto sottoscritto con l’Europa, senza dover scendere a patti con il Cavaliere? Una via d’uscita ci sarebbe: il decreto.