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Tommaso Labate per il “Corriere della Sera”
«Di quella norma non sapevo nulla. L’ho letta sui giornali. E da quello che ho potuto capire poi assieme ai miei avvocati, non è nemmeno detto che fosse applicabile al caso del sottoscritto».
In assenza di riscontri oggettivi su mandanti ed esecutori materiali della norma «salva Berlusconi», oggi il bivio per avversari e osservatori sarà se credere o meno alla sua versione. Se prenderla per «buona» o se derubricarla a «propaganda». Perché anche nella versione di Silvio Berlusconi la protagonista di questa vicenda è una «manina». Una manina che, secondo la convinzione del leader di Forza Italia, si sarebbe mossa perseguendo due obiettivi. E cioè, «mettere in difficoltà sia Renzi che me» con lo scopo di «mettere in crisi il patto del Nazareno» a poche settimane dall’elezione del nuovo presidente della Repubblica.
A sentire il diretto interessato, la norma contenuta nel decreto fiscale che salverebbe Berlusconi si materializza «per la prima volta» agli occhi dell’ex Cavaliere di buon mattino, «leggendo i giornali». L’ex premier, almeno è quello che lascerà trapelare in serata, è addirittura tentato dal fare una dichiarazione pubblica. Poi però si ferma, contatta sia Franco Coppi che Niccolò Ghedini, cerca di capire.
«Nessuno di noi sa niente. Non riusciamo a capire chi può aver infilato questa norma oscura nel decreto fiscale» varato a Palazzo Chigi sotto Natale. A sentire quello che dicono da Arcore, il principale ostacolo alla comprensione degli effetti della norma stessa sta nella difficoltà a recuperare il testo. E dal poco che si riesce a sapere, è la versione che gli avvocati daranno all’ex premier prima dell’ora di pranzo, «non è nemmeno possibile capire se può riguardare il nostro caso oppure no».
Prima della tarda mattinata, quando Renzi decide di ritirarla, Berlusconi coi suoi ha un sussulto. Non capisce «perché ritirare una norma che potrebbe incidere sulla vita di decine di migliaia di italiani solo perché c’è una possibilità che possa riguardare anche il sottoscritto».
Non lo dice pubblicamente, ma lo farà dichiarare in serata dal suo consigliere politico Giovanni Toti al Tg4 («Berlusconi avrà i propri diritti restaurati dalla Corte europea. Ma se si ritira questo provvedimento per il sospetto che aiuti lui anche se aiuta i cittadini, allora questo Paese è destinato a non cambiare mai»), soltanto perché questa presa di posizione sarebbe letta come un attacco diretto a Renzi e al governo.
Non ce l’ha con Renzi, Berlusconi. Perché, e arriviamo ai sospetti che prendono corpo ad Arcore tra il pomeriggio e la serata di ieri, il leader forzista s’è convinto che «chiunque abbia infilato quella norma» nel decreto fiscale ha avuto come obiettivo la messa in crisi del patto del Nazareno. All’elezione del successore di Napolitano mancano sempre meno giorni, l’atmosfera che si respira sotto l’ombrello del «patto Pd-FI» è tutto sommato buona, le possibilità di individuare un candidato che ce la faccia alla quarta votazione sono concrete. Ed ecco che, ragionano ad Arcore, «proprio adesso» spunta una leggina che può mandare a monte tutto.
E si torna al bivio di partenza. Credere o no alla versione di Berlusconi? Lui e i suoi legali, leggina o non leggina, sono convinti di riuscire a ottenere sia la riabilitazione che la candidabilità nel giro di pochi mesi. Le pene accessorie finiranno coi servizi sociali, tra il 15 di febbraio e l’inizio di marzo; e per abbattere la barriera della legge c’è un percorso che contempla il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, la sentenza sulla Severino alla Consulta (per il caso de Magistris), il ricorso alla Corte d’appello di Brescia per ottenere la revisione del processo.
LANCIO DI UOVA PER BERLUSCONI AL NAZARENO
Per quanto grandi, sono tutti temi trascurabili se paragonati alle ricadute che il tema della «norma salva Berlusconi» potrebbe avere sull’approvazione della legge elettorale, sul cammino della riforma della Costituzione, sull’elezione del nuovo capo dello Stato. E ritornano quelle parole dell’ex Cavaliere, quel «giuro che non ne sapevo nulla». E quei sospetti sulla «manina che vuole mettere in crisi il patto del Nazareno».
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