IL DECLINO DELL’IMPERO AMERICANO - AL VERTICE ASIATICO NON È LA CINA MA IL GIAPPONE A PRENDERE IL POSTO DEGLI USA: “VI PROTEGGIAMO NOI”

Maurizio Molinari per "La Stampa"

I droni di Shinzo Abe, la visibilità della First Lady di Pechino e gli intoppi nel cerimoniale di John Kerry evidenziano al summit del Pacifico come l'America sia scivolata in secondo piano su un fronte diplomatico finora considerato prioritario dalla Casa Bianca.

Nei colloqui bilaterali ai margini del vertice dell'Apec - fra i 21 Paesi del bacino del Pacifico - è il premier giapponese Abe a svettare, sostituendosi a Barack Obama nel garantire aiuti e protezione alle nazioni protagoniste di dispute marittime con Pechino.

Abe promette a Manila e Hanoi forniture di motovedette per «tutelare i confini» e fa capire che presto userà i droni Usa nelle basi giapponesi per monitorare la Marina di Pechino. È un Abe determinato quello che preannuncia «nè cedimenti nè escalation con Pechino» tenendo in sospeso l'incontro a quattr'occhi con il presidente Xi Jinping.

Il protagonismo di Abe punta ad arginare il «momento di Pechino», come i media indonesiani definiscono la popolarità di Xi all'Apec. Reduce da accordi commerciali per 30 miliardi di dollari con Giacarta, Xi guida la discussione del summit su investimenti e commerci, relegando la proposta Usa di una «partnership per il libero commercio» ad un tema secondario che sarà discusso a summit già concluso. Come se non bastasse Peng Liyuan, First Lady di Pechino, campeggia con il suo tailleur bianco sugli schermi delle tv asiatiche mostrando uno stile premiato dai media locali.

Il duello a distanza fra Abe e Xi mette in risalto la debolezza del ruolo dell'America incapace di portare all'Apec il proprio presidente. A dire ciò che molti leader pensano è Lee Hsien Loong, premier di Singapore: «C'è grande delusione per l'assenza di Obama, preferiamo un'America dotata di un governo capace di operare e con un presidente in grado di rispettare gli obblighi internazionali». Le conseguenze si ripercuotono sull'agenda del Segretario di Stato Usa, Kerry, più volte rimaneggiata a causa dei malumori indonesiani per il forfait di Obama.

La simultanea presenza al summit anche di Michael Forman, Alto rappresentante al Commercio, e di Penny Prizker, ministro del Commercio, complica il lavoro già non facile del cerimoniale perché non è sempre certo quale ministro Usa debba andare ad un particolare evento. Il risultato è un Kerry sulla difensiva, obbligato a ripetere di continuo che «dopo il summit andrò in Brunei, Malaysia e Filippine» per rimediare alle mancate tappe di Obama con una presenza complessiva di «quasi due settimane».

Se Abe e Xi duellano sull'equilibrio regionale, Kerry deve rispondere alle domande sullo «shutdown» limitandosi a recitare dietro le quinte un ruolo di sostegno alle mosse di Abe. Se a ciò si aggiunge che l'America è reduce da un mese di diplomazia sulla Siria terminato con l'avallo al piano russo di disarmo chimico non è difficile comprendere il nervosismo del Segretario di Stato.

Anche sul dossier siriano, per via della roboante presenza di Vladimir Putin. Nel tentativo di modificare l'atmosfera, Kerry parlerà oggi, pronunciando il discorso che aveva promesso Obama. Ma anche in questo caso il cerimoniale indonesiano gli solleva contro obiezioni a raffica.

 

Barack Obama e Xi Jinping si incontrano a SunnylandsBarack Obama e Xi Jinping si incontrano a SunnylandsPENG LIYUAN MOGLIE DI XI JINPING vladimir putin e xi jinping aquino il premier indonesiano john kerry al vertice apec presidente vietnamita truong tan sang con il premier giapponese shinzo abe vertice apec