DAGOREPORT – DANIELA SANTANCHÈ NON È GENNARO SANGIULIANO, UN GIORNALISTA PRESTATO ALLA POLITICA…
Federico Rampini per "la Repubblica"
La prossima missione per Barack Obama, domani, sarà "vendere" l'operazione-disgelo con l'Iran al più scettico di tutti: il premier israeliano Benjamin Netanyahu in arrivo alla Casa Bianca. Verso la destra americana Obama ha già segnato dei punti. Lo spettacolo delle contestazioni contro Hassan Rohani al suo ritorno a Teheran, conferma che la svolta del neopresidente non è un bluff, scatena resistenze tra i pasdaran.
Nell'indagare i retroscena della svolta storica, sfociata nella prima telefonata tra i presidenti americano e iraniano in 34 anni, si scopre che a prendere l'iniziativa sono stati gli iraniani. Anche se la telefonata è partita dalla Casa Bianca, la richiesta l'aveva fatta la delegazione di Teheran poco prima di lasciare New York. Spettava a loro, in un certo senso.
Perché erano stati loro a "ritirare la mano", quando martedì sera all'Onu lo staff di Obama li aveva sondati per improvvisare un faccia a faccia diretto. Di fronte a un evento così clamoroso, il timore di reazioni durissime a Teheran aveva consigliato alla delegazione iraniana di soprassedere.
E così il colloquio telefonico è avvenuto venerdì proprio mentre la colonna di auto scortate dalla polizia, con Rohani in partenza verso l'aeroporto, stava cimentandosi con il traffico impazzito di Manhattan (donde le "scuse" di Obama all'ospite straniero, per gli ingorghi stradali). 15 minuti di conversazione telefonica, conclusi con ciascuno che salutava nella lingua dell'altro ("Have a nice day", "Khodahfez"), hanno rotto l'incomunicabilità che durava dalla crisi degli ostaggi americani a Teheran nel 1979.
L'ultimo segnale era arrivato proprio poche ore prima della partenza della delegazione iraniana: nella conferenza stampa finale Rohani aveva citato Stati Uniti e Iran come "due grandi nazioni", un linguaggio insolitamente rispettoso per il leader di un paese dove il nome America veniva spesso accompagnato dalla definizione Grande Satana.
In America le diffidenze non sono certo dissipate.
Se ne fa portavoce il leader della maggioranza repubblicana alla camera, Eric Cantor, che attacca Obama per non avere denunciato il sostegno dell'Iran a gruppi estremisti (Hezbollah in testa) e gli abusi contro i diritti umani che continuano ad essere perpetrati a Teheran.
Cantor riprende un leitmotiv familiare, sottolineando che non è Rohani l'uomo forte del regime bensì l'ayatollah Ali Khamenei, a cui spetta la parola su questioni strategiche come lo sviluppo del nucleare. Peraltro, a quest'obiezione Rohani aveva risposto in diverse interviste a media americani prima di lasciare New York, nelle quali si era premurato di confermare l'appoggio di Khamenei alla sua linea di negoziato sul nucleare.
Per Obama l'avvio del disgelo con l'Iran resta però la prima notizia positiva sul fronte della politica estera, che gli ha riservato scarse soddisfazioni in Medio oriente. Ancora pochi giorni fa un sondaggio del New York Times rivelava che la maggioranza degli americani
gli assegna un voto basso in politica estera.
à la conseguenza di quanto accaduto nelle primavere arabe, dove gli eventi in Libia e in Egitto hanno smorzato gli entusiasmi e messo a nudo errori, contraddizioni, tentennamenti della politica americana. Fino alla vicenda siriana, dove Obama si era spinto a chiedere l'autorizzazione del Congresso per l'intervento militare, e rischiava di non ottenerla.
Sull'Iran forse inizia un'inversione di tendenza. Tanto più significativa, perché il "giovane Obama" si era esposto moltissimo nella prima campagna presidenziale, dichiarandosi nel 2008 «pronto a incontrare i leader iraniani senza porre condizioni preliminari», annuncio che allora fu subissato di critiche da destra.
Ora la Casa Bianca è attenta a non eccedere nell'ottimismo. «à troppo presto - dice la responsabile della sicurezza nazionale Susan Rice - per scommettere su un accordo nucleare. Non ci facciamo illusioni. Ma se si riuscisse a cominciare da una soluzione sul programma nucleare, e aggiungervi la fine del sostegno iraniano al terrorismo, allora comincerà una discussione seria sul futuro».
OBAMA ARRIVA IN ISRAELE ACCOLTO DA NETANYAHU obama netanyahu rohani top rohani ahmadinejadANN CURRY DI NBC INTERVISTA IL PRESIDENTE ROHANI
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