IL PASSO DELL’OCCHETTO: “IL PARTITO DEL SOCIALISMO EUROPEO L’HO FONDATO IO - FUI MESSO DA PARTE PER AVER PERSO CONTRO BERLUSCONI MA È IMPERDONABILE CHE LA SINISTRA LO ABBIA TENUTO IN VITA PER ANNI” - IL PREMIER? “NON VORREI CHE SI RIVELASSE UNA BOLLA”

Vai all'articolo precedente Vai all'articolo precedente
guarda la fotogallery

Concetto Vecchio per “la Repubblica

 

LACRIME DI OCCHETTO LACRIME DI OCCHETTO

«Una mattina ho aperto il giornale, c’era un articolo sul Pd, e c’era scritto che per la prima volta si era entrati nel partito del socialismo europeo con Renzi. Sono trasecolato: “Ma non se lo ricordano che il partito del socialismo europeo l’ho fondato io”. Questa damnatio memoriae sarebbe un fatto da psicoanalisi collettiva».

 

È passato troppo tempo, troppa storia, e Achille Occhetto è come dimenticato, una figura di un mondo lontano, come certi film in bianco e nero. Era una domenica, a Bologna, il 12 novembre 1989, quando propose di cambiare il nome al Pci: una bomba politica il cui significato ora un giovane faticherebbe a immaginare.

 

Il muro di Berlino era caduto da tre giorni e il segretario del Pci parlò ai partigiani in una sede oggi occupata da una parrucchiera cinese. «Posso accendere la pipa, vero?». Ha 78 anni. La stanza piena di libri lentamente si riempie di volute di fumo.

 

Cosa ricorda della notte della caduta del Muro?

Silvio Berlusconi RUDY  CAVAGNOLI  Silvio Berlusconi RUDY CAVAGNOLI

«Mi trovavo a Bruxelles, per un colloquio con Kinnock, l’allora segretario del Partito laburista. All’improvviso ci chiamarono concitati: “Accendete la tv”».

 

Fu dinanzi a quelle immagini che prese la decisione di cambiare nome al Pci?

«Io capii subito che non si poteva tornare in Italia e dire “ci vuole un rinnovamento”, quelle cose che si dicevano allora, perché l’evento cambiava la storia mondiale. E quindi diedi un annuncio degno del momento. Poi alcuni dei vecchi dirigenti mi rinfacciarono di non averli avvertiti, io penso che sono loro a non avere capito».

 

Ma perché decise in totale solitudine?

«Ma l’annuncio è un fatto politico terminale di un processo durato tutto l’anno, iniziato con la mia intervista all’ Espresso del gennaio 1989, quando spiegai che ormai la rivoluzione alla quale dovevamo rifarci non era quella di Ottobre, ma quella francese, ponendo al centro il problema della libertà.

 

Con Ingrao a giugno andammo davanti all’ambasciata cinese per protestare contro i fatti della Tienanmen, e lì dichiarai: “In questo modo il comunismo è morto”. I giornali uscirono con titoli a nove colonne: “Occhetto dichiara che il comunismo è morto”. Poi cadde il Muro, ma il crollo del Muro non l’avevo certo scelto io».

 

renzi porro virusrenzi porro virus

Quel che colpisce, anche a distanza di tempo, è la modalità dell’annuncio: un parlare cifrato. Era l’unico modo per dirlo, quasi parlando d’altro?

«Ma io non parlai d’altro. Dissi ai partigiani: “Siamo in una situazione in cui bisogna cambiare tutto, proprio tutto”».

 

Sì, ma non disse: “Ora cambiamo nome”.

«Perché temevo quello che purtroppo sarebbe avvenuto, ovvero che l’attenzione si sarebbe concentrata sul nome, invece che sul contenuto, sulla Cosa».

Il Pci aveva 1 milione e 450 mila iscritti e il dibattito che ne seguì, tra favorevoli e contrari, fu un’epopea collettiva. Perché la Svolta è dimenticata?

«Allora le ideologie facevano parte della vita dei partiti. Intere famiglie si divisero, ci furono perfino separazioni tra marito e moglie: fu la più grande discussione corale della vita politica italiana. Io stesso ero profondamente turbato. Per sciogliere la tensione mia moglie mi faceva cantare».

 

Il suo annuncio rompe un’armonia?

«No, l’armonia non esisteva da tempo, c’erano molte divisioni: nell’ultima fase anche Berlinguer fu contrastato, se si va al di là delle rappresentazioni agiografiche».

veltroni sabaudiaveltroni sabaudia

 

Per contestarla le attribuirono figli illegittimi, le rinfacciarono il bacio pubblico con sua moglie. Ne ebbe dolore?

«Accuse miserabili. Figli illegittimi come si sa non ne ho mai avuti e il bacio con mia moglie, con quello che succede ora nella vita politica italiana, mi pare tutt’altro che scandaloso».

 

Segue ancora la politica?

«Poco. Faccio fatica a capirla. È impoverita, tutta improntata sull’occasionalità, sull’oggi. Noi eravamo abituati, forse esagerando, a coniugare politica e cultura, e quindi la politica era anche progetto».

 

Per chi ha votato alle ultime Europee?

«Per Tsipras, ma sono deluso. Sono tempi duri per la sinistra».

 

Chi vede dei vecchi compagni?

(Ci pensa) . «Un tempo Veltroni, ma il suo film non mi è piaciuto. Afferma che la storia del Pci finisce con la morte di Berlinguer, quando noi lo recuperammo nel congresso dell’89».

Chi le è rimasto amico?

UN PO D ACQUA PER MASSIMO D ALEMA FOTO ANDREA ARRIGA UN PO D ACQUA PER MASSIMO D ALEMA FOTO ANDREA ARRIGA

«Qualche volta incrocio Petruccioli».

 

Di quella generazione lei è l’unico che non va al potere. Le è dispiaciuto?

«Taluni mi avevano rimproverato di avere fatto la Svolta perché avevo narcisisticamente voglia di andare al governo, e poi loro ci sono andati tutti, compresi alcuni di Rifondazione. Io invece non ho avuto più incarichi, non so nemmeno come sono fatti quei palazzi. Ma ho traghettato un partito che poteva finire sotto le macerie del comunismo internazionale».

 

Come ha trascorso questi ultimi anni?

«Ho avuto un periodo molto tormentato. Vede, io avevo immaginato la Bolognina come un’uscita da sinistra dalla crisi del comunismo, invece la maggioranza del gruppo dirigente che mi ha sostituito si è mosso su una linea moderata, di scelta del governo per il governo. Questo inizialmente mi ha addolorato. Ora me ne sono fatto una ragione ».

 

Avrebbe mai immaginato che Berlusconi sarebbe durato vent’anni?

«Quello non poteva immaginarlo nessuno ».

 

foto di Enrico Berlinguer foto di Enrico Berlinguer

Ma la sua uscita del ‘94 sulla coalizione progressista come “gioiosa macchina da guerra” non celava una sottovalutazione del berlusconismo?

«Quella fu una battuta detta ai giornalisti che non ebbe alcun peso nella campagna elettorale. Ci buttammo a peso morto per battere Berlusconi. Il punto è che Martinazzoli non volle fare l’alleanza con noi, aveva dentro i Popolari pezzi della destra Dc.

 

Noi perdemmo, ma prendemmo più voti di quelli che ha preso il Pd alle ultime politiche. Ora una campagna elettorale si può anche perdere, ma quel che è imperdonabile è la respirazione bocca a bocca che la sinistra ha fatto al Cavaliere negli anni successivi».

 

Nelle sue memorie ricorre di continuo D’Alema, come il gran visir che trama contro di lei. Che ruolo ebbe nella sua defenestrazione?

loredana de petris alexis tsiprasloredana de petris alexis tsipras

( Dà un morso alla pipa) . «Ma io non fui defenestrato, diedi le dimissioni da segretario ».

 

Cosa pensa di Renzi?

«Mi piaceva molto quando batteva il tasto della rottamazione, ora lo vedo un po’ confuso, non vorrei che fosse una bolla. Spero per l’Italia che ce la faccia».

 

Secondo lei è un leader?

«Certo che lo è».

 

Ho qui un ritaglio dell’ Espresso di quei giorni: “Il ricordo che Occhetto lascerà di sé potrà dircelo solo il futuro”. Come pensa che sarà ricordato?

«Il ricordo è una cosa molto difficile, perché cambia con il mutare del tempo. Mi piacerebbe che la gente comune mi ricordasse come un uomo onesto: come uno che ha sempre creduto in quello che ha fatto».