RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Gabriele Rosana per “il Messaggero”
Ancora stallo fra i Ventisette sullo stop al petrolio tra sei mesi: mentre il lavoro diplomatico sotterraneo continua alla ricerca di un compromesso, una fumata bianca potrebbe arrivare già oggi, quando torna a riunirsi il Coreper, il comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri chiamato ad approvare il sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia all'unanimità.
«Putin ha aperto la via con questa guerra e deve pagare per questo», ha ha detto la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Osservata speciale è, ancora una volta, l'Ungheria di Viktor Orbán, l'unica finora ad aver minacciato il veto al nuovo round di misure contro Mosca, facendosi scudo con la dipendenza totale del Paese dalle forniture che arrivano via oleodotto dalla Russia e che, mancando uno sbocco sul mare, non possono essere rimpiazzate dai carichi via nave. «Se la Commissione europea insiste su questa proposta così com' è, dovrà farsi carico di uno storico fallimento nella storia dell'integrazione europea», avrebbe scritto Orbán in una lettera inviata alla presidente dell'esecutivo Ue citata dal Financial Times.
viktor orban discorso dopo la vittoria 2022
GLI AFFARI
Mentre a Bruxelles si trattava, tuttavia, a Istanbul l'Ungheria è andata dritta per la sua strada e ha confermato l'intenzione di far costruire all'azienda di Stato russa Rosatom i due nuovi reattori della centrale nucleare di Paks, l'unica del Paese. Tutto secondo i piani, insomma, dopo l'aggiudicazione a seguito di assegnazione diretta nel 2014: Orbán vuole continuare a fare affari con Mosca se questi rispondono «all'interesse strategico dell'Ungheria». L'atomo non è ancora stato colpito dalle misure Ue, ma l'incontro fra il ministro degli Esteri Péter Szijjártó e l'amministratore delegato di Rosatom ha infiammato di nuovo le accuse secondo cui Budapest, forte del nuovo successo elettorale di Orbán a inizio aprile, sarebbe fin troppo vicina al Cremlino.
La tesi che prevale a Bruxelles inquadra quella di Budapest - fra braccio di ferro sul petrolio e provocazioni sul nucleare - come una tecnica negoziale per ottenere alla fine maggiori concessioni: nel testo predisposto dalla Commissione l'Ungheria, insieme alla Slovacchia, aveva infatti già avuto un periodo di grazia di un anno, fino a fine 2023, prima dell'obbligo di attuare il divieto di importazione di greggio e raffinati.
Nel tentativo di trovare la quadra, l'eccezione potrebbe adesso essere allungata di un ulteriore anno. E siccome l'opposizione aperta di Orbán ha scoperchiato il vaso di Pandora, nuovi ritocchi al piano potrebbero arrivare per tener conto della levata di scudi non solo di altri Paesi dell'Est Europa, dalla Repubblica Ceca alla Bulgaria, ma soprattutto dei mediterranei come la Grecia, preoccupata per l'impatto sugli armatori nazionali di una disposizione che - se approvata - impedirebbe alle compagnie di navigazione Ue di trasportare il greggio russo, un business che vede Atene in prima linea.
viktor orban ursula von der leyen
La presidenza francese del Consiglio Ue, che coordina le trattative, si dice ottimista: un'intesa potrebbe arrivare già oggi. L'Opec+, il cartello dei Paesi produttori cui partecipa anche Mosca che è tornato a riunirsi ieri, ha intanto confermato la linea degli ultimi mesi e non ha aumentato l'estrazione a giugno, che si conferma graduale con 432mila barili in più al giorno; una decisione che - per quanto attesa e di fronte all'incertezza legata alle sanzioni Ue -, ha spinto i prezzi in su, con il Brent che ha fatto segnare quasi 112 dollari al barile.
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