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DAGONOTA
Il Ducetto di Rignano teme che Piercarlo Padoan, magari “consigliato” dal Quirinale, voglia davvero rispettare le indicazioni di Bruxelles e varare una manovra fatta di sole tasse a ridosso delle primarie del Pd.
Così manda avanti Orfini a ricordargli gli impegni presi. Nell’intervista il presidente dem invia messaggi che sembrano quasi una minaccia. La più evidente è quella di “commissariare” politicamente il ministero dell’Economia; con l’obbiettivo di affiancare al ministro una specie di “consigliori politico”. Nulla di nuovo: nella Prima Repubblica si chiamava "cabina di regia”.
Già che c’è, il compagno di playstation di Matteo avverte pure Carletto Calenda: smettila di fare il Grillo Parlante contro Renzi (e pro Berlusconi). Nella vita reale, spesso, i grilli vengono schiacciati.
Orfini tratteggia sotterraneamente anche un percorso di cui si parla nei corridoi da qualche giorno. Vale a dire, “avvisa” Padoan che esiste anche un “piano B”. E sarebbe: il governo può anche varare un decreto sulla manovra di sole tasse, poi quando arriva in Parlamento il Pd lo modifica così da permettere a Renzi di difendere gli italiani dalle tasse e vincere le primarie.
A quel punto le strade sono due: o Padoan si dimette od accetta le ulteriori modifiche; magari per passare all’incasso a novembre quando scade Ignazio Visco in Banca d’Italia.
2. AVVERTIMENTI (MAFIOSI) PER GENTILONI #PAOLOSTAITRANQUILLO
Tommaso Ciriaco per la Repubblica
Altro che l' alleanza con i 5stelle che propone Bersani, «è impossibile». Il Pd deve puntare al 40%. Nel frattempo, aiuti piuttosto il governo a tracciare la rotta giusta in politica economica. «Per questo - spiega Matteo Orfini, reggente dem - incontrerò domattina (oggi, ndr) i capigruppo dem. Faremo il punto sui prossimi mesi. Poi inizieremo il confronto col governo».
Perché questa necessità?
«La fase è delicata. Per questo è importante che Gentiloni vada avanti, ma rispondendo a una esigenza: da qui a fine legislatura dia priorità ad alcune misure importanti per l' Italia».
Il Pd si appresta a chiedere un' inversione di rotta al "suo" governo?
«Il Pd ha una responsabilità. Con Renzi, premier e segretario coincidevano in un' unica persona, con un automatismo che adesso non c' è: in questa fase, allora, non possiamo perdere la spinta politica nell' azione del governo. Su questo il Pd deve dare una mano a Gentiloni».
Il premier poteva fare di più?
«No, è il Pd che deve fare di più per aiutare il premier. Adesso discutiamo di come affrontare i nodi dei prossimi mesi. Penso alla manovrina e al Def. Sono scelte politiche, da dibattere alla vigilia dell' anniversario dei Trattati di Roma e mentre chiediamo che l' Europa non sia quella della tecnocrazia. Ecco, in questo senso abbiamo bisogno di un segno politico e non tecnico».
Questo governo ha fatto scelte tecniche, dunque?
«Nei ruoli chiave per le politiche economiche ci sono due ministri tecnici (Padoan e Calenda, ndr). Hanno svolto un ottimo lavoro, ma in una fase così delicata le loro competenze vanno integrate con una visione politica, diciamo. Su questo il Pd ha molto da dire».
Intanto Bersani apre a un' intesa post elettorale con Grillo.
«Denota un allarmante disorientamento. Pur di attaccare il Pd, finisce per giustificare e nobilitare fenomeni che dovrebbero preoccuparlo. Come fa a non considerare populista il Movimento? Come tollerare i loro indegni attacchi all' Europa e ai valori della sinistra?».
Eppure Bersani intende sfidarli. E dice che il Pd è "benzina" per i populisti.
«Basterebbe guardare alla cronaca: l' assenza di democrazia interna, candidati sindaci allontanati senza spiegazioni mentre "leoni" come Di Maio e Di Battista non hanno neanche la dignità di sollecitare un chiarimento al capo. E che dire dell' assalto durante l' ufficio di Presidenza in cui stavamo tagliando i vitalizi? La verità è che il Pd è un grande partito popolare, con democrazia e primarie. Proprio quello a cui Bersani ha deciso di sottrarsi. Passa il tempo a parlare di noi e usa argomenti che non fanno onore alla sua storia».
Su un punto però Bersani sembra centrare il bersaglio: il Pd guarda alle larghe intese con Berlusconi. Meglio il Cavaliere che la Casaleggio?
«Meglio conquistare il voto degli italiani. Le larghe intese avevano senso in una situazione emergenziale. Vogliamo governare autonomamente, lo schema delle forze responsabili contro i populisti favorirebbe questi ultimi. Non dobbiamo avere paura. In fondo, col proporzionale puro delle Europee abbiamo preso il 41%».
Con il 27-28% dei sondaggi sembra una vocazione minoritaria, non le pare?
«Siamo sotto congresso. Poi ricominceremo a correre».
Resta un problema: la legge elettorale. Lei è contrario al premio alla coalizione?
«Sì, sono per il premio alla lista. In ogni caso le nostre proposte sono note: Mattarellum - su cui non sembra che ci sia grande accordo - o Italicum, che si potrebbe estendere al Senato».
Il tempo c' è, ormai: si è arreso al voto nel 2018 o spera ancora nel settembre 2017?
«Il governo andrà avanti finché Mattarella e Gentiloni lo riterranno opportuno. Fino ad allora, il Pd ci sarà».
È morto Reichlin. Un ricordo?
«Un grande dolore. Era un uomo da cui tutti abbiamo imparato molto. Resterà un patrimonio per tutta la sinistra italiana».
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