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Marco Palombi per "il Fatto Quotidiano"
Pagare i debiti della Pubblica amministrazione nei confronti dei fornitori sarà probabilmente più difficile di quanto sostenuto in questi giorni da Monti e dal suo ministro Grilli. La trattativa con la Commissione Ue - assicurano fonti parlamentari e del Tesoro - non è affatto conclusa: il braccio di ferro tra Roma e Bruxelles sulla procedura d'infrazione per deficit eccessivo (chiuderla prima o dopo il decreto che sbloccherà i soldi) è solo la spia di un conflitto assai più profondo.
I funzionari europei, ad esempio, non sono certi che Eurostat - l'istituto statistico dell'Ue - certificherà le cifre fornite in questi giorni dal governo italiano. Piccolo promemoria. Lo stock complessivo di questo debito, secondo Bankitalia, è di oltre 70 miliardi di euro (altre fonti parlano di 80-100): di questi 56 sarebbero spesa corrente non pagata e quindi avrebbero effetto solo sul debito (il deficit già le conteggia), mentre i restanti quindici miliardi e più vanno in conto capitale e quindi peggiorano anche il disavanzo. "Anch'io non sono convinto di quei numeri, specie quelli che riguardano la sanità - dice Marco Causi, economista e deputato del Pd - Diciamo così: aspetto di sentir dire che è tutto come sostiene Grilli durante l'audizione del presidente dell'Istat, Giovannini".
A Bruxelles la battaglia è in pieno svolgimento, anche se curiosamente il nostro premier continua pubblicamente a negarne l'esistenza: è tutto a posto, "la grande vittoria" dell'Italia al Consiglio europeo ci spalanca le porte per ripagare 20 miliardi di debiti della P.A. quest'anno e 20 il prossimo, aumentando il deficit per il 2013 dal 2,4% a cui si fermerebbe senza interventi al 2,9% con cui chiuderemo dando respiro alle imprese.
Così non va, sostiene invece il responsabile degli Affari economici Olli Rehn, quel 2,9% è pericolosamente vicino alle colonne d'Ercole del tre. Antonio Tajani, commissario all'Industria che con Rehn s'è intestato l'accordo sui pagamenti, ieri ha in sostanza detto che è Monti a non voler risolvere la questione: "L'80% di questi arretrati è stato già contabilizzato ma non pagato - ha sostenuto l'ex portavoce di Berlusconi - quindi va a incidere solo sull'aumento del debito e ânulla quaestio'.
Per il restante 20%, invece, la Commissione dice che l'allentamento dei vincoli si può applicare solo quando non c'è procedura per deficit eccessivo: insomma 56 miliardi possono essere tranquillamente pagati, mentre per il resto la commissione dice di stare attenti, nel 2013, a non caricare troppo, altrimenti non possiamo chiudere la procedura d'infrazione" (più o meno le stesse parole, peraltro, usate dall'eurodeputato Pd Gianni Pittella). La voce che circola a Bruxelles è che il governo italiano non voglia essere costretto, per sborsare 56 e più miliardi in due anni, a "stressare troppo" le aste sui titoli del nostro debito pubblico.
Insomma, la nota di variazione sul Documento di economia e finanza (Def) che Monti ha presentato alle Camere - quella, appunto, che libera uno 0,5% di rapporto deficit/Pil per pagare i debiti della P.A. - è parte di un complesso e sotterraneo braccio di ferro tra un esecutivo dimissionario e le istituzioni europee. Sarà interessante vedere come risponderà il ministro Grilli in Parlamento : potrà farlo davanti alle commissioni speciali insediate da ieri a Montecitorio e palazzo Madama. Ad attenderlo troverà una polemica innescata dalla capogruppo M5S alla Camera, Roberta Lombardi, che parla - a proposito del Def - di "porcata" e punta il dito contro un passaggio della relazione del governo.
Nel testo si parla, infatti, anche di rifondere alle banche quei crediti che alcune imprese hanno già "scontato" presso gli istituti di credito: Lombardi - oltre a denunciare i tempi troppo ristretti per l'esame in Parlamento - ritiene che questa sarebbe una "ennesima, generosa regalìa" alle banche, che invece i 5 Stelle propongono di escludere dai pagamenti ("possono attendere").
Non esistono ancora numeri ufficiali, ma il problema pare secondario: non sono nemmeno 300 le certificazioni rilasciate dall'Agenzia delle Entrate per gli "sconti" in banca, a cui aggiungere eventuali accordi privati. Resta il problema che questo documento del governo si gioca in questa sola partita tutti i margini di flessibilità concessi dall'Ue (se li ha concessi) in materia di deficit, senza sapere - per di più - quale sarà il reale rapporto deficit/Pil a fine anno: nel bilancio dello Stato per il 2013, tanto per dire, ci sono spese non finanziate per almeno 7-10 miliardi.
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