IL SENSO DEL LAVITOLA - DA PANAMA, LO SFACCENDIERE DEL BANANA MANDA "MESSAGGI": “MI HA CHIESTO BERLUSCONI DI AIUTARE TARANTINI, COI 500MILA € E SUL PIANO PERSONALE. AD AGOSTO ERO ALL’ESTERO PER CONTO DI FINMECCANICA DI CUI SONO CONSULENTE” - “HO CHIAMATO IL PREMIER AD ARCORE IL 17 LUGLIO, DOPO LA TELEFONATA DI TARANTINI, CHE AVEVA BISOGNO DI INCONTRARLO ANCHE COME BALSAMO PSICOLOGICO” - MA DELLA TELEFONATA NON C’È TRACCIA NEGLI ATTI DEPOSITATI DAI PM…

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Fiorenza Sarzanini per il "Corriere della Sera"

Un comunicato per difendersi e, soprattutto, per lanciare messaggi. Una nota di tre pagine che suona come un vero e proprio «avviso» agli altri indagati e pure al presidente del Consiglio. Perché dalla latitanza latino-americana, il faccendiere Valter Lavitola manda a dire che sul «caso Tarantini» non s'è mosso di sua iniziativa, ma su indicazione di Silvio Berlusconi.

Per negare l'accusa di essere un ricattatore, assicura che lui e il premier erano d'accordo. E fornisce una serie di indicazioni per dimostrare quanto stretto sia questo rapporto. Tanto che rivela l'esistenza di una telefonata avvenuta il 17 luglio sull'utenza di Arcore, che non è stata resa nota dai pubblici ministeri di Napoli. La linea è chiara: «Sono stanco di passare per l'Uomo Nero. Posso solo affermare che il presidente Berlusconi mi ha chiesto di aiutare Tarantini e mi chiese anche di assisterlo sul piano personale, perché aveva intuito lo stato di afflizione in cui versava».

Le intercettazioni dell'inchiesta napoletana hanno rivelato come Lavitola fosse di casa a palazzo Grazioli. Fu lui a consegnare schede telefoniche estere a uno dei collaboratori di Berlusconi convinto che in questo modo potesse parlare senza essere intercettato. Non a caso ieri il partito Democratico è tornato a chiedere che il capo del governo chiarisca la «natura di questo legame».

Anche perché è lo stesso Lavitola a sottolineare come ad agosto fosse all'estero «per conto di Finmeccanica di cui sono consulente» e il sospetto è che questi incarichi con aziende pubbliche - così come i milioni di euro finanziati con i fondi per l'editoria - gli siano stati concessi proprio per il suo rapporto con il capo del governo.

È ancora il faccendiere a raccontare il motivo dell'incontro avvenuto il 9 agosto con lo stesso Berlusconi e i coniugi Tarantini a palazzo Grazioli «per chiarire la questione dei "500 mila euro mancanti" postami da Giampaolo». La storia è nota. Secondo la procura di Napoli i 500 mila euro, così come i pagamenti mensili da 20 mila euro, servivano per tenere «sotto controllo» Tarantini riguardo all'inchiesta di Bari dove è indagato per favoreggiamento della prostituzione.

L'imprenditore, con la mediazione di Lavitola, si sarebbe fatto consegnare il denaro in cambio del silenzio su quanto avveniva durante le feste, ma anche per cercare di evitare il processo e così impedire la pubblicazione delle decine di telefonate con il premier. Conversazioni «mediaticamente pesanti», come ha riconosciuto lo stesso Tarantini, perché riguardavano il reclutamento delle donne, ma soprattutto i commenti successivi alle serate affollate di donne che spesso accettavano di fermarsi per la notte.

Il comunicato di Lavitola viene diramato proprio nel giorno chiave della trattativa tra Procura di Napoli e legali del premier per fissare la data dell'interrogatorio. E anche questo appare un modo per dettare la linea che - almeno a quanto fa intendere il faccendiere - dovrà essere comune.

«La vicenda Tarantini - è scritto nella nota - non ha mai monopolizzato i rapporti tra me e il Presidente, trattandosi di un argomento residuale e per nulla allarmante.

È bene si sappia che il Presidente mi onora della sua amicizia e mi riceve - come emerge dalle intercettazioni e come risulterà di certo ai suoi collaboratori - da vari anni, prima che conoscesse Tarantini. Come si evince dalle intercettazioni, Nicla e Giampaolo mi incalzavano affinché convincessi il premier a riceverli; non potevano certo chiamarlo loro, per i motivi di opportunità prima citati. Ma avevano necessità di incontrarlo perché per loro era un balsamo psicologico».

Affermazioni che lasciano stupito il difensore dei Tarantini Alessandro Diddi, che sottolinea come «Lavitola fa i processi mediatici, mentre i miei clienti sono agli arresti».

È lo stesso Lavitola a sostenere di aver chiamato Berlusconi il 17 luglio, anche se questa telefonata non è stata allegata agli atti depositati, «alle 21.47 sull'utenza di Arcore, dopo che Tarantini mi aveva posto la questione del 500 mila euro. Ho disturbato a quell'ora il Presidente in quanto, per il tono concitato di Tarantini, non sapevo come regolarmi nelle risposte e, intuendo il giudizio che il Tarantini andava formando nella sua mente, per evitare qualsiasi dubbio ho sentito il bisogno di chiarire la questione con chi aveva disposto gli aiuti delegandomi con estrema fiducia».

Poi parla dei tre incontri ed evidenzia di «aver chiesto al presidente di confermare loro frequentemente di riceverli, ma i suoi avvocati lo sconsigliavano».

L'ultima parte serve a prendere le distanze da Nicla Tarantini con la quale aveva un legame sentimentale: «Le "millanterie" attribuitemi, alle quali non sono uso, o erano frutto di sarcasmo o dettate dalla mia intenzione di spegnere l'interesse di Nicla nei miei confronti, a tutela della mia e della sua famiglia».

 

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