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Tommaso Labate per il “Corriere della Sera”
DECADENZA BERLUSCONI IL BACIO DI PAOLO ROMANI ALLA BERNINI
«Nemmeno a me piace questa riforma del Senato. Ma la linea è quella che ho espresso nel documento di ieri (venerdì, ndr ). E a quella linea ci atteniamo, almeno per la prima lettura». Ha provato a sentire qualche senatore, ieri mattina, Silvio Berlusconi. Ha provato a tastare il polso di un gruppo parlamentare in cui i «frondisti» si nascondono in ogni dove. Ha provato a tenere ferma la barra sul «patto» siglato con Matteo Renzi. E ha provato a far rientrare qualche malumore, almeno per prendere tempo.
E invece, per tutta risposta, il report telefonico che ha ascoltato da Paolo Romani attorno all’ora di pranzo è stato contrassegnato dai più oscuri presagi. «Presidente», è stata l’avvertenza del capo dei senatori forzisti, «non sottovalutiamo i malumori perché rischiano di moltiplicarsi. E stiamo attenti tutti, perché la situazione rischia di andare fuori controllo. Sul fronte di Renzi e anche su quello nostro».
raffaele fitto silvio berlusconi
Non è un allarme lanciato a vuoto, quello di Romani. Non sono soltanto le paure di un dirigente politico navigato, prudente e accorto. Tutt’altro. Tra i forzisti, ben al di là delle timide dichiarazioni di circostanza e di sostegno al patto Berlusconi-Renzi, le scosse di un possibile terremoto si moltiplicano. Minuto dopo minuto, ora dopo ora, giorno dopo giorno.
Ieri, tanto per fare qualche esempio, ad Arcore sono stati recapitati due «telex».
GIOVANNI TOTI TWITTA IO STO CON DUDU
Uno più infausto dell’altro. Il primo dava conto dell’iniziativa di un gruppo di senatori bipartisan — di Forza Italia e anche del Partito democratico — pronto a sottoscrivere un documento in cui si chiede al presidente del Senato Pietro Grasso di «rinviare di qualche settimana» il voto sulla madre di tutte le riforme. La seconda voce, che per l’ex premier è stata anche più dolorosa, riguarda invece il partito.
Sarebbe alle porte, infatti, una raccolta di firme — animata anche da un pezzo del gruppo dirigente che si riconosce nella battaglia interna condotta da Raffaele Fitto — per chiedere all’ex Cavaliere «di istituire una segreteria politica». Una sorta di organismo ristretto e collegiale che, in pratica, assomiglia molto a quel direttorio che Berlusconi doveva varare tempo fa, e che invece ha annacquato nell’ufficio di presidenza versione monstre .
Alle condizioni date, ha spiegato ieri Giovanni Toti a un collega di partito, «è evidente che tutte le tensioni rischiano di scaricarsi nel voto sulle riforme costituzionali». E questo, ha aggiunto il consigliere politico di Berlusconi, «non riguarda soltanto noi. Ma anche il Pd». La partita è tutto fuorché conclusa. E l’ex Cavaliere, in vista della nuova riunione coi parlamentari prevista per dopodomani, ha di fronte a sé due strade.
La prima è tentare di riaprire — seppur sui dettagli — il confronto con Renzi, magari facendo perno sulla posizione dei nuovi oppositori (leggasi, Bersani) che si stanno facendo largo all’interno del Pd. La seconda è provare a sedare la ribellione interna facendo qualche concessione sul partito. La prima strada viene considerata «ai limiti dell’impraticabilità» perché, come lo stesso ex premier ha riconosciuto in privato, «difficilmente Renzi riaprirà un dossier che considera già chiuso». La seconda avrebbe in ogni caso il sapore di un cedimento in cui l’ex Cavaliere non ha voglia di cadere.
Intervento di Maurizio Gasparri
Nel caldo torrido del sabato di Arcore, qualche nota positiva c’è stata. Maurizio Gasparri, non proprio un fan della riforma del Senato, ha messo a verbale che la «riforma è a un passo». E il Mattinale , l’house organ guidato dal malpancista Renato Brunetta, è uscito con un editoriale in cui si annuncia che — tra mille malumori — «alla fine diremo sì». Ma dietro le quinte è tutto diverso. Tra petizioni dirette a Grasso e raccolte di firme dentro Forza Italia, l’universo berlusconiano sembra una cavia per testare la legge di Murphy. Quella secondo cui «se qualcosa può andar male, lo farà».
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