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Giacomo Galeazzi per "La Stampa"
Joseph Ratzinger si era già dimesso: nel 1995, da cardinale. Quand'era prefetto dell'ex Sant'Uffizio, si scontrò duramente con ministri della Santa Sede e stretti collaboratori di Giovanni Paolo II. Ratzinger voleva subito sanzionare il cardinale Hans Hermann Groer, arcivescovo di Vienna accusato di molestie sessuali, mentre la Curia faceva quadrato a sua difesa.
Di fronte alle resistenze dei maggiorenti d'Oltretevere, il futuro Benedetto XVI rinunciò all'incarico e decise di lasciare il Vaticano per tornare agli studi teologici e dedicarsi esclusivamente alla preghiera e allo studio. Fu Karol Wojtyla a dissuaderlo «in extremis» dall'abbandono e a convincerlo a proseguire nella sua missione cardinalizia alla Congregazione per la dottrina della fede.
Diciotto anni dopo la storia si è ripetuta. Stavolta Ratzinger è sul soglio di Pietro, ma le resistenze curiali alla sua azione riformatrice si sono riproposte con la stessa logica corporativa. Ad ostacolare la «purificazione» anti-abusi sono stati, infatti, settori degli episcopati nazionali e del Sacro Collegio, come nella vicenda dell'arcivescovo emerito di Los Angeles, Roger Mahony, reo di aver coperto i preti pedofili della sua diocesi.
La linea papale di «tolleranza zero» inciampò quattro mesi fa anche nell'allontanamento imprevisto del pm anti-pedofilia Charles Scicluna, trasferito a fare il vescovo a Malta in seguito a scontri con conferenze episcopali e porporati contrari alla rimozione dei presuli accusati di aver insabbiato abusi. La lotta alla pedofilia nel clero è stato il principale fronte dell'infinito scontro tra Ratzinger e il Sacro Collegio. Una linea di acquiescenza si era affermata dopo il Concilio.
Roncalli e Montini ignorarono il dramma che si sviluppava. Con Wojtyla, che arrivava da una realtà dove la Chiesa era stata osteggiata dal regime comunista con ogni mezzo (comprese accuse calunniose di pedofilia) il problema fu ancora sottovalutato. L'unico in Curia a difendere le vittime e cercare di rendere loro giustizia era Ratzinger che divenuto Papa ha cambiato il quadro normativo.
Nessuna legge statale persegue i rapporti sessuali con i minorenni con la stessa severità , nessuna fa decorrere i termini di prescrizione (10 anni, cioè il doppio che in Italia) al raggiungimento del 18° anno della vittima. Prima i vescovi cercavano di non istruire i processi magari convincendo i sacerdoti pedofili a chiedere la riduzione allo stato laicale per potersi sposare, come accaduto nel caso Kiesle. O coprivano i pedofili perché rei anch'essi degli stessi crimini, come l'ex arcivescovo benedettino Weakland.
Quanto ai due casi nei quali Ratzinger fu fermato da Wojtyla (Maciel e Groer), Ratzinger ebbe maggiore percezione delle tremende e impensabili realtà che riguardavano il fondatore di un importante ordine religioso e il cardinale di Vienna rispetto al predecessore.
Su Groer, alla fine Wojtyla si convinse, tanto che prima gli affiancò Schoenborn e poi lo confinò in un monastero in Germania. Analogo trattamento Ratzinger (che poté punire Maciel solo dopo l'elezione) ha riservato al cardinale Mahoney (accusato di aver coperto 129 casi), che ha prima affiancato e poi sostituito arrivando infine ad autorizzare il successore, José Gomez, a sollevarlo da tutti gli incarichi e dalle celebrazioni pubbliche. Ora i porporati Mahoney e il primate irlandese Brady parteciperanno al conclave e Ratzinger se ne starà «nascosto dal mondo, in preghiera». Ma nella Cappella Sistina entrerà anche il ratzingeriano Schoenborn, che a Vienna «purificò« la diocesi dagli scandali sessuali del predecessore.
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