IL PAPACCHIO DEGLI SCENDI-LETTA: COME MESCOLARE ENZO DE LUCA E LA BIANCOFIORE, FASSINA E CATRICALÀ, MICCICHE’ E JOLE SANTELLI, EVITANDO LA CARFAGNA E GABRIELLI

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1. IL PAPACCHIO DEGLI SCENDI-LETTA: COME MESCOLARE ENZO DE LUCA E LA BIANCOFIORE
Sara Nicoli per "Il Fatto Quotidiano"

È stato quando Denis Verdini, alle 18, ha buttato sul piatto la nomina di Debora Bergamini a nuovo responsabile della Comunicazione del ministero dello Sviluppo Economico (con Anna Grazia Calabria sottosegretario) che le carte del castello della seconda fila di governo, costruito con tatticismo cencelliano con Dario Franceschini, solo volate in aria come colpite da un tornado. Tutto da rifare, allora? Macchè.

Con il decisionismo tipico di chi ha in mano il potere della nomina fresca, Enrico Letta ha convocato un Cdm per evitare che la situazione degenerasse. Dai nomi che sono stati scelti con i ruoli di viceministri e sottosegretari, per altro, dipende anche la filigrana con cui verranno costruite le presidenze delle commissioni, partita che si giocherà da martedì.

Ma ieri notte prima di tutto si è trattato di arginare gli appetiti del Pdl che voleva portare lo squadrone della seconda fila dell'Esecutivo a 68 elementi, quando la legge dice che il numero deve arrivare a 63, ministri compresi. Che sono già 23. Un caos. Acuito anche da un'altra partita, quella della nomina del nuovo capo della polizia. Letta aveva chiesto ad Alfano Franco Gabrielli e il ministro dell'Interno aveva dato il suo placet. Peccato che poi sia entrato a gamba tesa lo stesso Berlusconi. Che da Arcore ha ricordato ad Alfano che Gabrielli non è proprio da considerare "un amico nostro".

2. C'È UN CASO MICCICHÈ
Amedeo La Mattina per La Stampa

Game over. Il premier Enrico Letta ha voluto chiudere i giochi, evitando che le trattative sui viceministri e sottosegretari si prolungassero in una rissa, con i partiti della maggioranza alle prese con le quote da dividersi. Così, al termine del tour europeo e dopo l'incontro a Roma con il segretario generale dell'Ocse Angel Gurria, ha chiamato a Palazzo Chigi i "titolari" della pratica e ha deciso a tamburo battente la convocazione del Consiglio dei Ministri, anticipando i tempi di 48 ore.

Un'accelerazione sulla composizione della quadra di governo per evitare ulteriori rinvii e per bloccare le varie richieste provenienti dai partiti e dalle correnti, in particolare del Pd. Il puzzle si era complicato per diversi motivi, soprattutto perché bisognava bilanciare in ogni ministero la presenza delle due forze maggiori e per nominare un viceministro politico nei dicasteri guidati da tecnici (Economia, Lavoro, Giustizia).

Numerose ed estenuanti riunioni e colloqui che hanno visto protagonista il ministro per il Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini, incaricato da Letta di fare da coordinatore, in contatto diretto con i capigruppo. Per il Pdl in campo direttamente il vicepremier Angelino Alfano e Denis Verdini, longa manus di Silvio Berlusconi che ha tentato di allargare il numero dei sottosegretari fissato alla fine a 40 di cui 10 viceministri. Infine la stretta a Palazzo Chigi in una riunione tra Letta, Alfano, il ministro Maurizio Lupi e gli stessi Franceschini e Verdini.

Per il presidente del Consiglio un eccessivo allargamento della squadra sarebbe stato un «segnale negativo» all'opinione pubblica. Per se stesso ha chiesto tre nomi e altrettanto è andato a Scelta civica. I restanti 34 sono divisi equamente tra Pd e Pdl. Quest'ultimo partito ha voluto privilegiare coloro che non sono riusciti ad essere eletti in Parlamento.

Tra i nomi che spiccano ci sono quelli di Stefano Fassina del Pd e Luigi Casero del Pdl nominati vice ministri all'Economia. A Fassina viene affidata la delega per la riforma fiscale. Altra coppia dei partiti maggiori al ministero di via XX settembre quella di Pierpaolo Baretta e Alberto Giorgetti, entrambi sottosegretari.

Una delle novità più rilevanti riguarda il dicastero dello Sviluppo economico dove è stato nominato viceministro Antonio Catricalà, l'ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con Monti che sembrava destinato a guidare il gabinetto di Saccomanni a via XX Settembre. A Catricalà verrà assegnata la delicata delega alle Comunicazioni che i Democratici non volevano che venisse affidata a un berlusconiano.

Allo Sviluppo economico, sempre con la carica di viceministro, va Carlo Calenda di Scelta civica, vicino a Montezemolo. Accanto a Emma Bonino alla Farnesina ci saranno tre viceministri, Lapo Pistelli, Bruno Arachi (consigliere diplomatico di Berlusconi a Palazzo Chigi) e Marta Dassù. Alla Giustizia altro equilibrio perfetto Pd-Pdl con la nomina di Giuseppe Beretta e Cosimo Ferri come sottosegretari. Tra le new entry il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca che diventa viceministro alle Infrastrutture.

Un uomo di Alfano, Giuseppe Castiglione, ex presidente dell'Unione delle province, andrà alle Politiche comunitarie. Al lavoro un solo viceministro (Cecilia Guerra) e due sottosegretari (Jole Santelli e Carlo Dell'Aringa). Tra i sottosegretari alla presidenza del Consiglio spiccano i nomi di Gianfranco Miccichè, leader di Grande Sud, che si occuperà di Pubblica amministrazione (una nomina che fa già discutere sul web), e il nome di Micaela Biancofiore, una delle amazzoni berlusconiane. Da Palazzo Chigi si occuperà di editoria il Democratico Giovanni Legnini.

La nomina dei 10 viceministri non comporterà alcun costo aggiuntivo perché i loro uffici saranno uniformati a quelli dei sottosegretari.

Nella giornata di ieri è girato un nome per il vertice della Polizia, quello di Franco Gabrielli, attuale capo del Dipartimento della Protezione civile. Fonti parlamentari riferiscono che il nome di Gabrielli sarebbe stato avanzato da Letta. Il Pdl sembra contrario a questa ipotesi e avrebbe invitato il ministro dell'Interno Alfano ad opporsi.

 

 

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