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Tonia Mastrobuoni per “La Stampa”
A fronte di un «vero rischio di deflazione», François Hollande ha fatto appello ieri alla Bce perché «adotti tutte le misure necessarie per iniettare maggiore liquidità nel sistema». Soprattutto, pur assicurando di «non voler chiedere una qualche indulgenza alla Germania», il presidente francese si è rivolto a Berlino perché dia «un sostegno più convinto alla crescita».
Nei giorni scorsi anche il premier Valls aveva fatto un appello a favore di politiche europee più espansive. Apparentemente, la conferma che la Francia vuole affiancare l’Italia nella battaglia per spezzare il fronte nordeuropeo dell’austerità e introdurre una maggiore flessibilità nell’interpretazione del Patto di stabilità, oltre che un rilancio degli investimenti. Ma in realtà la partita è più complessa, nasconde probabilmente una disastrosa situazione dei conti pubblici francesi e si intreccia inevitabilmente con la complicata trattativa sulle nomine europee. Quella che potrebbe sembrare una prova muscolare con la Germania, in realtà è un contropiede.
Parigi ha già rinegoziato con Bruxelles i tempi di rientro del deficit sotto il 3%, spostando in avanti la scadenza per riallinearsi ai parametri alla fine del 2015, ma secondo fonti autorevoli rischia di non rispettare neanche il 3,9% promesso per l’anno in corso. Se davvero le stime si rivelassero ancora più negative, è ovvio che la posizione francese diventerebbe complicata. Primo, Parigi dovrebbe prepararsi a un nuovo braccio di ferro con Bruxelles sul disavanzo; secondo, la candidatura di Pierre Moscovici come commissario agli Affari economici verrebbe definitivamente impallinata dai tedeschi.
È vero che dopo indiscrezioni sulla volontà di Hollande di mettere la fiche su uno dei portafogli più decisivi, il presidente francese ha semplicemente fatto il nome dell’ex ministro delle Finanze per un posto da commissario economico, senza specificare quale. Tuttavia Wolfgang Schäuble aveva già nettamente sbarrato la strada alla possibilità che un Paese con il deficit fuori controllo possa esprimere il commissario agli Affari economici.
E l’Italia? Continua ad appoggiare Moscovici, anche per un altro portafoglio. Soprattutto: va avanti a testa bassa con la candidatura di Federica Mogherini per il ruolo di Alto Rappresentante per la Politica estera, cui i polacchi hanno contrapposto nei giorni scorsi il proprio ministro degli Esteri, Radek Sikorski.
Il punto di caduta del duello tra Roma e Varsavia – dietro la quale si sono compattati anche i tre Paesi baltici - potrebbe essere Mogherini agli Esteri e un politico dell’Est alla presidenza del Consiglio europeo. L’ipotesi del premier polacco Tusk pare sia tramontata già per le resistenze britanniche, ma Andrus Ansip, ex premier estone, è ora uno dei nomi più accreditati.
Quella italiana di non limitarsi a designare una personalità per un portafoglio qualsiasi, ma di legarla anche a un ruolo preciso – ministro degli Esteri e vicepresidente della Commissione – pare sia una scelta che ha fatto irritare Jean-Claude Juncker. Il presidente della Commissione, peraltro, sembra stia pensando a uno spacchettamento degli Affari economici in due, con un commissario responsabile dei dossier economici, l’altro preposto al controllo dei bilanci. Uno sdoppiamento che piace soprattutto a tedeschi e olandesi ma non a Roma, che preferirebbe l’attuale commissario unico. E che si opporrà soprattutto all’ipotesi che venga affidato a un «falco» del nord.
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