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Alessandro Barbera per “La Stampa”
Lucca, chiesa del convento di San Francesco. In un angolo dell’abside che ospita l’incontro annuale delle ottantotto Fondazioni bancarie, Giuseppe Guzzetti si apparta per rispondere al telefono. Dall’altra parte c’è Piercarlo Padoan, in Lussemburgo per l’ultimo atto della lunga tragedia greca. Il numero uno dell’Acri pone al ministro del Tesoro una domanda alla quale non ha ancora avuto risposta: che cosa ne sarà della Cassa depositi e prestiti a trazione renziana?
GIOVANNI BAZOLI E GIUSEPPE GUZZETTI
Cosa succederà dopo la nomina dei nuovi vertici? Sarà un’azienda ancora capace di fare utili o si trasformerà in una nuova Iri? Prima di sacrificare sull’altare della realpolitik la guida della quarta istituzione finanziaria italiana, Guzzetti vuole garanzie. «Garanzie sui dividendi, non solo quelli di quest’anno, ma dei prossimi tre», spiega il banchiere, sempre più infastidito da una trattativa della quale avrebbe fatto a meno.
GIUSEPPE GUZZETTI E LINDA DI BARTOLOMEO
Gli impegni del governo
Dalle prime indiscrezioni sulla decisione di Palazzo Chigi di sostituire i vertici della Cassa sono passati giorni. Nel frattempo le Fondazioni, unici azionisti privati al 20 per cento, hanno ottenuto il sì a diversi impegni. Anzitutto quelli che il vice di Padoan, Enrico Morando, elenca a Lucca: norme per accelerare i tempi della riscossione dei crediti inesigibili, e una normativa più generosa per la deducibilità delle perdite in bilancio. In gran parte d’Europa è possibile ottenerle in un solo anno, in Italia si possono spalmare in cinque.
GIULIO TREMONTI E GIUSEPPE GUZZETTI
Ci sono poi gli impegni presi dal governo negli incontri e nelle telefonate riservate. Quelli ad una modifica statutaria, la cosiddetta clausola per la «exit strategy» delle Fondazioni: nel caso in cui la Cassa cambiasse drasticamente missione potranno cedere in qualunque momento il loro venti per cento al Tesoro. C’è anche l’impegno del governo alla nomina di un consigliere in più (da tre a quattro su nove) espressione delle Fondazioni e a garantire un bilancio in attivo anche quest’anno. Ma Guzzetti vuole di più: l’impegno deve valere almeno per un triennio, l’unica ragione per dire sì ad una operazione che alle Fondazioni, soprattutto le più grandi, puzza di neostatalismo. «I conti devono essere in ordine», ripete Guzzetti alla platea.
PADOAN VISCO GUZZETTI PATUELLI
Il giro di poltrone
Se anche questo impegno verrà rispettato, a quel punto potrà esserci il giro di poltrone. Palazzo Chigi vuole Claudio Costamagna presidente al posto di Franco Bassanini e Fabio Gallia amministratore delegato in vece di Giovanni Gorno Tempini. Il primo ieri pomeriggio è arrivato a Lucca per chiudersi due ore in una stanza con Guzzetti e il consigliere Cdp - espressione delle Fondazioni - Mario Nuzzo. Bassanini è pronto al passo indietro, per lui c’è pronta una scrivania a Palazzo Chigi come consigliere del premier in attesa della nomina a giudice della Corte Costituzionale.
Giovanni Gorno Tempini Benedetta Lignani Marchesan Gustavo Pacifico
Il caso Gorno Tempini è più delicato: l’amministratore delegato uscente ha firmato un contratto che prevede penali in caso di recesso. Per questo Gorno non ha nessuna intenzione di dare le dimissioni; se lo facesse, perderebbe di fatto il diritto a essere risarcito per una cifra che oscilla fra i settecentomila e il milione di euro. Il manager attende che il governo formalizzi una richiesta, ma quella richiesta esporrebbe l’azionista – ovvero il Tesoro - alla possibile censura della Corte dei Conti.
franco bassanini pier carlo padoan
Un pasticcio nel pasticcio al quale, al momento, non c’è soluzione. Lo testimoniavano le facce piuttosto contrariate di Bassanini e Guzzetti alla fine della lunga riunione a margine del convegno. Per tutto il pomeriggio aleggia l’ipotesi della diffusione di una lettera delle Fondazioni al Tesoro della quale, all’ora di cena, si perdono le tracce.
Twitter @alexbarbera
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