calenda sala zingaretti delrio

1. IL PD RINUNCIA ALLE PRIMARIE! IL NUOVO SEGRETARIO SARA’ SCELTO DALLE CORRENTI IN ASSEMBLEA: IN POLE DELRIO - LE MOSSE DI MARTINA E FRANCESCHINI -  ZINGARETTI SCALDA I MOTORI PER IL CONGRESSO CON PRIMARIE DEL 2019 O DEL 2021 E PUNTA SULLA RETE EX PCI (DA D’ALEMA A ORLANDO) - IN CORSA CI SARANNO ANCHE CALENDA E SALA? - MA IL PD RISCHIA DI SPACCARSI IN CASO DI APPOGGIO A UN GOVERNO A TRAZIONE LEGHISTA

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FRANCESCHINI RENZI GENTILONI

Carlo Bertini per la Stampa

 

Il campo martoriato del Pd consiglia a tutti i contendenti di cercare una tregua se pur armata. Per questo da ogni parte si presti orecchio, il refrain è sempre lo stesso: meglio evitare le primarie in questa fase. Lo ammettono perfino i renziani, che - pur divisi al loro interno - si stanno rassegnando a questo epilogo che trova d' accordo tutti: da Franceschini a Fassino, da Orlando a Zanda e via dicendo.

 

Rinviando in sostanza al 2019 la contesa. E, per arrivarci, si sta disegnando un percorso. Che vede Maurizio Martina nel ruolo di traghettatore, il tempo per convocare l' assemblea nazionale una volta scavallata l' elezione dei presidenti delle Camere.

DELRIO

 

Superato questo scoglio, designare all' unanimità, senza candidature contrapposte, un segretario vero: come lo fu Franceschini dopo Veltroni ed Epifani dopo Bersani. Una figura che conduca il partito fuori dalle secche. Fino a quando?

 

Qui le strade divergono: alcuni vorrebbero fino al 2021, scadenza naturale da statuto. Altri fino al 2019, in coincidenza con le europee e magari con un voto anticipato. E chi potrebbe essere questa figura? Il nome più gettonato da varie parti è quello di Graziano Delrio. Anche Renzi - che lunedì sarà in Direzione senza aver alcuna voglia di mollare la presa sul partito - nella sua rosa di favoriti annovera lui al primo posto, seguito da Sergio Chiamparino e in terza battuta da Matteo Richetti. Pure se il ministro dei Trasporti non ha lesinato critiche, Renzi lo considera sempre uno dei suoi.

carlo calenda tessera pd con maurizio martina

 

«È un personaggio di peso e in questa situazione serve qualcuno con una certa statura», dicono i fiorentini. Anche sull' altra sponda, quella degli anti-renziani, Delrio è molto ben visto. Se non altro, perché designare lui consentirebbe di non andare alla "conta", evitando così uno scontro fratricida.

 

Dalle parti di Orlando la pensano in modo un filo diverso, puntando su Martina reggente e Zingaretti segretario. «Non sentiamo il bisogno di tornare alla contrapposizione dei gazebo - dice Cesare Damiano - ma di un partito che consulta gli iscritti. Superando la transizione con la designazione unitaria di un segretario». Ma le vie per la tregua sono tante.

Lo stesso Zingaretti non amerebbe correre senza le primarie e anche per lui, fresco di elezione a governatore, il 2019 o 2021 potrebbero andar bene.

 

FRANCESCHINI RENZI

Stesso dicasi forse per un neo-iscritto di peso come Carlo Calenda. Che non avendo alcuna intenzione di scendere in campo oggi, «non mi candido perché sarei un buffone», forse di qui a un anno-due potrebbe maturare un desiderio che allo stato non si vede. Anche perché pare che da Statuto un nuovo iscritto non possa candidarsi leader. Ma su questa voglia di sedare e sopire, o di rigenerare il partito, incombe una spada di Damocle: l' arrivo - di cui si vocifera tra i renziani - di un' offerta del centrodestra per un appoggio esterno del Pd ad un governo guidato da un fedelissimo di Salvini, Giancarlo Giorgetti.

carlo calenda maurizio martina paolo gentiloni

 

Numero due di fatto del Carroccio, deputato di lungo corso, già presidente di commissioni economiche, cattolico e da sempre in buoni rapporti con i Dem.

 

In quel caso il Pd si spaccherebbe di nuovo: gli orlandiani, ma anche molti renziani, non vogliono finire nelle braccia della Lega. Ma non si sa se gli altri big e il corpaccione dei peones resisterebbero ai richiami di Mattarella. Specie di fronte alla minaccia di un altro voto anticipato a stretto giro, con il rischio di finire nel baratro.

 

 

2. ZINGARETTI PUNTA SULLA RETE EX PCI

Fabio Martini per la Stampa

 

Nicola Zingaretti

Ai compagni più fidati che lo chiamavano in Puglia, da settimane Massimo D' Alema ripeteva: «Il Pd subirà una dura sconfitta, Renzi sarà costretto a lasciare e noi dovremo dare una mano al Pd: Nicola può essere l' uomo giusto». Certo, l' eventuale, imminente ritorno a casa di Pierluigi Bersani e Massimo D' Alema - ponendo fine all' esperienza di LeU e contribuendo all' escalation di Zingaretti - sarebbe una notizia clamorosa. Ma restando in casa Pd il dato finora restato sotto traccia è un altro: oltre a D' Alema, sono in tanti che da settimane disegnavano scenari e fomentavano Nicola Zingaretti, che ieri - calando le sue carte - è diventato di colpo il primo candidato «ufficiale» alla successione di Matteo Renzi.

orlando lotti

 

Un candidato alla segreteria che viene da lontano: come il partito della sua giovinezza. Il Pci. E infatti nei «lavori preparatori» della sua candidatura, i promotori più attivi del loro amico Nicola sono stati proprio i compagni che un tempo avevano militato nel Pci e successivamente nei Ds: oltre a Massimo D' Alema, il ministro Andrea Orlando, Ugo Sposetti (il «custode» del patrimonio materiale e immateriale del Pci), Gianni Cuperlo. E con un passo indietro anche tanti compagni che nel passato sono stati vicinissimi al governatore del Lazio: il presidente della Regione Emilia Stefano Bonaccini , il sindaco di Pesaro Matteo Ricci, il vicesegretario del Pd Maurizio Martina. Per non parlare del «partito romano», che ha ancora in Goffredo Bettini un punto di riferimento. Molti di loro hanno conosciuto Nicola, quando lui era segretario della Sinistra giovanile (l' erede della Fgci) che Zingaretti ha guidato dal 1992 al 1995 dopo che il timone era stato tenuto da Gianni Cuperlo.

 

GENTILONI ZINGARETTI

Una «rete» di compagni che - carsicamente e a intermittenza - è rimasta sempre attiva. E in campagna elettorale il governatore si è «disimpegnato» dal Pd, evitando di appoggiare i candidati nei collegi e scommettendo - come ha confessato agli amici - sulla forbice: a Roma Zingaretti su e partito giù. E proprio questa strategia preparatoria ha consentito al governatore del Lazio un tempismo che i suoi vecchi amici mai avrebbero immaginato: auto-candidarsi in vista della elezioni del nuovo leder del Pd. In una intervista a "Repubblica", Zingaretti ha esplicitamente fatto capire di essere disponibile. Segnalando una tempestività inattesa per un uomo conosciuto nel partito per altre virtù, esattamente capovolte. A Roma lo chiamano «er saponetta», per via di quella sua attitudine a scivolare sulle difficoltà e anche per quella vocazione a rinviare le decisioni più impegnative.

 

giuseppe sala matteo renzi

Ma stavolta Nicola ha spiazzato tutti. Anzitutto perché ha anticipato sul tempo possibili competitori (in primis Graziano Delrio), ma anche perché Zingaretti si presenta con un profilo «giusto» per un Pd che ha perso voti a sinistra. Zingaretti è riuscito a vincere le recenti elezioni Regionali del Lazio grazie alla decisiva alleanza con LeU. E ora nel nuovo scenario regionale e nazionale si propone esplicitamente come l' uomo del dialogo con i Cinque Stelle. Sul voto che gli manca in Consiglio regionale per garantirsi la maggioranza, Zingaretti dice: «Credo che tutte le forze politiche, a cominciare dal M5s, non puntano e non vogliono puntare su schemi politici, ma scommettono sui contenuti. Apriamo un confronto molto aperto».

 

E sul governo nazionale: «Mi pare che i 5 stelle, in quella che io chiamo la loro istituzionalizzazione, abbiano capito che il vaffa non è un buon metodo di governo». E nel giorno in cui si è candidato, Zingaretti ha rispolverato un repertorio nostalgico. Sostenendo che la vittoria in Regione è anche merito «di un progetto politico che nel Lazio ha unito tutta la sinistra. Abbiamo fatto l' accordo con LeU, avevamo i sindaci, le liste civiche e i giovani. È un modello che rilancia lo spirito dell' Ulivo. Ed è il modello che vorrei proporre a livello nazionale».

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