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Francesco Curridori per “il Giornale”
nicola zingaretti presidente regione lazio
È finita la tregua dentro il Pd. I renziani sono passati all'attacco contro Nicola Zingaretti. Motivo del contendere? Il presidente della Regione Lazio, candidato alla segreteria del partito, in un'intervista a Repubblica, ha chiarito che l'eventuale alleanza politica con il presidente francese Emmanuel Macron per le Europee non significa abbracciare le sue idee.
"Escludo invece di fare come Macron. La nostra storia e il nostro futuro non si può infilare dentro a quel modello elitario, repubblicano ma rappresentativo dei piani alti della società francese", ha spiegato Zingaretti che, a stretto giro, è stato bersagliato di critiche sui social dai compagni di partito di fede renziana.
ANDREA MARCUCCI GRAZIANO DELRIO
"Attacca #Macron prima delle elezioni Europee. Attacca #Renzi prima del Congresso #Pd. Apre al #M5s subito. Raffinata strategia quella di #Zingaretti: per la serie continuiamo a farci del male", ha twittato la deputata Alessia Morani.
Laconico il commento di Roberto Giachetti:"Famose male", mentre Luigi Marattin, stavolta su Facebook, ha chiosato: "no ai falsi miti del Pds". Una serie di bordate che ha richiesto l'intervento della responsabile Comunicazione Marianna Madia, la quale ha invocato una moratoria degli scontri via social. "Rischiamo il ridicolo", ha detto.
Toni infuocati in vista del congresso che è sempre più vicino e si celebrerà prima delle Europee."I tempi sono maturi. Non c'è più tempo, ci siamo resi conto della gravità della situazione", ha confermato il renziano Andrea Marcucci in una intervista al Foglio.
Se la cosidetta "sinistra dem" ha già trovato in Zingaretti il suo candidato, tra i renziani vi è ancora una discussione in corso su chi candidare. Secondo Marcucci, non sarà Matteo Renzi che definisce "una risorsa importante per il Pd" e aggiunge: "Credo che stia facendo bene il senatore e sta dando contributi in termini di proposta politica estremamente importanti".
Per il senatore renziano Matteo Richetti "Serve un grande movimento dal basso. Serve il congresso, non per ridare un nome o un cognome al Pd ma per dare un futuro e una prospettiva all'italia"."Non sono Zingaretti o Bonaccini, Renzi o Richetti che possono cambiare il Pd", aggiunge Richetti. Graziano Delrio (capogruppo alla Camera Pd) e soprattutto Lorenzo Guerini (presidente del Copasir) sembrano essersi chiamati fuori dalla corsa proprio in virtù dei loro ruoli istituzionali. Restano sul campo due outsider come il presidente dell'Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, e Elisabetta Gualmini.
emma bonino e nicola zingaretti
Intanto Zingaretti, dalla festa del Fatto Quotidiano, replica: "Mi attaccano perché capiscono che per la prima volta si sta muovendo qualcosa di competitivo che può cambiare le cose" e poi si rivolge a Renzi dicendo: "Caro Matteo, è andata così, ma adesso, in una posizione diversa, prova a dare una mano".
Sullo sfondo permane anche l'idea lanciata da Carlo Calenda di cambiare nome al partito. Ipotesi che Zingaretti non respinge totalmente: "A soggetto politico corrisponde un nome politico. Non lo escludo, ma solo alla conclusione di un percorso in cui vedremo cosa siamo diventati. Se questo percorso porterà a una identità diversa, vedremo anche se sarà da cambiare il nome al Pd".
Totalmente contrario l'ex premier Paolo Gentiloni: "Va cambiato il partito, ma non archiviato. È un problema di marketing? Rifacciamo il simbolo? Non confondiamo l'idea che debba cambiare con l'idea che abbia esaurito la sua funzione dopo 10 anni. Non è così. Teniamocelo stretto, anche guardando alle forze progressiste in Europa".
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