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1 - PENATI LA SVOLTA DEL PD SARÃ SOSPESO DAL PARTITO PER ORA NIENTE ESPULSIONE...
Goffredo De Marchis per "la Repubblica"
Il Partito democratico si prepara oggi a sospendere Filippo Penati, l´ex capo della segreteria di Bersani coinvolto nell´inchiesta per tangenti sull´area Falck. «Mi sembra improbabile l´espulsione», annuncia il presidente della commissione di garanzia del Pd Luigi Berlinguer. Eppure il provvedimento dei garanti è destinato a non chiudere la ferita democratica.
Ignazio Marino chiede una pena esemplare. «E la chiedo a Bersani, non al comitato. Di fronte a una situazione estrema tocca al segretario prendere le decisioni difficili. Penati va espulso dal partito. Bersani dice che non c´è la diversità etica, Bene, io la voglio. Il Pd non deve avere rapporti con la mafia, con la corruzione con il malaffare. Siamo diversi dal Pdl. Questo pretende da noi la nostra gente».
Le carte, le regole, i passaggi formali non basteranno a chiudere la polemica interna. à vero: la pena massima, ossia l´espulsione, è prevista dallo statuto solo per il rinvio a giudizio o l´arresto. Non è questo il caso. Ma gli atti dell´indagine di Monza sono comunque devastanti per il partito, tanto più che Penati è stato a lungo il braccio destro del segretario. Così un segnale verrà mandato, si andrà un po´ oltre la semplice certificazione di un´autospensione che Penati ha già comunicato.
La strada potrebbe essere quella di rendere esecutiva l´uscita temporanea dal Pd. Penati, attraverso le dichiarazioni pubbliche e una lettera formale al comitato provinciale di Milano, si è tirato fuori dal Pd. L´ex presidente della provincia di Milano oggi è un iscritto "in sonno" al Pd, un ex consigliere del gruppo regionale del Pd in Lombardia passato formalmente al gruppo misto, non ha altri incarichi nel partito.
Ma le formalità non sono sufficienti a superare lo choc. «Veniamo dal drammatico voto al Senato su Alberto Tedesco, dall´arresto di Pronzato fino alla tragica vicenda di Penati. Dobbiamo fare molto di più. Affrontare di petto l´argomento. Alla prossima direzione Bersani dovrebbe presentarsi con le carte della procura e discutere come vogliamo che sia il nostro partito», rilancia il senatore-chirurgo Marino. Niente sconti, nessun appello garantista. «Capisco che il segretario abbia anche un rapporto personale con Penati. Lo rispetto. Però è il momento delle scelte irrevocabili».
La commissione convocata oggi alle 15 e 30 si muoverà sulla base dello statuto e del codice etico. L´espulsione, sulla carta, non è prevista. Ma Luigi Berlinguer non esclude che nel dibattito possa far capolino. I membri, oltre al presidente, sono Giovanni Bruno, Giuseppe Busina, Graziella Falconi, Adriano Giannola, Beniamino Lapadula, Andrea Manzella, Bianca Lucina Trillò, Luciano Vecchi.
Giuristi, politici, esperti che dovranno valutare sul piano formale la vicenda. «Non è nostro compito - spiega Berlinguer - sostituirci ai giudici. Noi abbiamo il dovere di difendere il partito. Esamineremo il profilo politico, gli atti già compiuti nei confronti del Pd da Penati e le regole statutarie».
La posizione dell´ex presidente della provincia è stata già esaminata dal comitato dei garanti locali. Si è conclusa con una presa d´atto dell´autoespulsione. Ovvero, non si può cacciare da un partito chi non ne fa più parte. La tempesta che si è abbattuta sui democratici consiglierà forse una soluzione più forte: l´esecutività della sospensione. «Poi ci sarà una valutazione complessiva della vicenda. E il 9 a Pesaro - annuncia Berlinguer - riuniremo tutti i garanti locali per inasprire le regole di trasparenza».
à probabile che la "sentenza" di oggi contenga anche una finestra per valutare altre iniziative nei confronti di Penati. Un monitoraggio sugli sviluppi dell´inchiesta. A Marino comunque non basterà . E il rischio di uno scontro tra garantisti e giustizialisti è molto serio. «Dobbiamo darci delle norme ancora più stringenti - insiste il senatore -. A cominciare dalla fine delle deroghe sui mandati parlamentari». Cioè fuori dal Parlamento tutti i big. Sarebbe una rivoluzione.
2 - L'INCHIESTA SU PENATI E LE TANGENTI, ZUNINO IN PROCURA A MONZA...
Giuseppe Guastellla per il "Corriere della Sera"
L'immobiliarista Luigi Zunino si presenterà ai pm di Monza in settimana per essere interrogato come indagato nell'inchiesta che ha coinvolto il pd Filippo Penati, costretto a dimettersi dalla vice presidenza del Consiglio regionale della Lombardia per un presunto giro di tangenti milionarie per 15 anni, da quando era sindaco di Sesto San Giovanni.
Oltre a Zunino saranno presto ascoltati altri indagati tra cui l'attuale sindaco di Sesto Giorgio Oldrini che, pur non ancora convocato, ha annunciato che si presenterà spontaneamente. E mentre la Gdf prosegue gli accertamenti, emergono nuovi particolari sulle indagini. L'interrogatorio di Zunino è legato alla posizione dell'ex assessore all'edilizia Pasqualino Di Leva, uno dei due arrestati su richiesta dei pm Walter Mapelli e Franca Macchia.
Colui che un tempo era uno dei più importanti immobiliaristi italiani, prima che la sua Risanamento fosse schiacciata da debiti per tre miliardi, sarà interrogato sull'affare Falck in cui entrò con l'imprenditore Giuseppe Grossi acquistando l'area da Giuseppe Pasini, grande accusatore di Penati con Piero Di Caterina. Zunino è indagato per una tangente da 700 mila euro a Di Leva con Grossi, che non si presenterà per gravi motivi di salute.
Oldrini è indagato per concussione e violazione della legge sul finanziamento dei partiti dopo che Pasini ha detto di aver pagato tre milioni per ristrutturare il Palaghiaccio di Sesto su richiesta sua e di Penati. Di Caterina ha aggiunto di aver dato a Oldrini «alcune decine di migliaia di euro negli anni» oltre pagare 40 mila euro per un sondaggio preelettorale e acquistare una quota di una società di basket, come pubblicato dal Corriere della Sera. Le dichiarazioni dei due imprenditori sono vagliate scrupolosamente dai magistrati, consapevoli che potrebbero essere dettate da «malanimo».
Oldrini parla di «stillicidio di rivelazioni a rate», «propinato nell'evidente tentativo di impedirci di discutere e adottare in consiglio comunale l'8 e 9 settembre il Piano per le aree ex Falck» e ricorda di aver querelato da mesi Di Caterina per calunnia.
Dai documenti investigativi emerge che Di Caterina era consapevole e preoccupato di essere finito nel mirino della Guardia di finanza di Milano. Nelle prime settimane di maggio 2010 incontra e sente al telefono più volte Penati perché teme di perdere la concessione dei bus di Cinisello Balsamo. Quando si rende conto che Penati non può aiutarlo perché «non controlla più questi qua», gli amministratori pd, il nervosismo aumenta.
Anche perché qualche giorno prima l'Agenzia delle entrate aveva cominciato una verifica negli uffici della Caronte legata all'affare Falck e la Guardia di finanza aveva acquisito in banca documenti che lo riguardavano. Il 13 maggio, le Fiamme gialle lo intercettano al telefono con la sua segretaria la quale teme che il fisco possa trovare nel pc documenti compromettenti come i file «Binasco, Pratica della menzogna, Sondaggio Sesto, Passano informazioni preliminari».
Di Caterina sbotta: «Io non c'ho un c... da nascondere... anche perché quello che c'è c'è» e se qualcuno sta intercettando «me ne fotto. (...) Sono fatti miei, roba che scrivo io, appunti di politica (...), non abbiamo niente da nascondere con nessuno» e «qualsiasi cosa succede sono c... di chi ci ha portati a questa situazione qua, ci potevano pensare prima quegli altri».
Alle 7 del 16 giugno la Gdf perquisisce la sua abitazione trovando nel suo portafogli la famosa lettera-email di accusa a Penati. Alle 16 Di Caterina vuota il sacco con «dichiarazioni spontanee».
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