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“IL DRAMMA E' CHE CIO' CHE ACCADE A GAZA E IN CISGIORDANIA INTERESSA A UNA PICCOLA NICCHIA DELLA SOCIETÀ ISRAELIANA" – LE PAROLE DEL CARDINALE PIZZABALLA, PATRIARCA DI GERUSALEMME, AL FESTIVAL DI "OPEN": “IN ISRAELE SI VUOLE LA FINE DELLA GUERRA PERCHÉ CI SONO TROPPI MORTI, ANCHE LA SITUAZIONE ECONOMICA COMINCIA A FARSI SENTIRE” - SECONDO "FOREIGN AFFAIRS" IL PREMIER BIBI NETHANYAU HA DALLA SUA LA STRAGRANDE MAGGIORANZA DEGLI ISRAELIANI SU GAZA – IL LIBRO
Da rainews.it
il messaggio di pizzaballa alla mostra del cinema di venezia
"Cosa accade a Gaza o cosa accade in Cisgiordania interessa a una piccola nicchia della società israeliana e questo è il dramma in corso in questo momento".
Cosi' il Patriarca di Gerusalemme Pizzaballa, intervenendo in collegamento al festival Open di Parma.
In Israele "si vuole la fine della guerra perchè ci sono troppi morti, anche la situazione economica comincia a farsi sentire, centinaia di migliaia di soldati di riserva che non vanno a lavorare, e la paura che possano non tornare, ogni giorno ci sono 4-5 morti anche tra gli israeliani...". Il cardinale ha confermato che anche nelle manifestazioni di protesta in Israele per porre fine alla guerra, si vuole solo "la liberazione degli ostaggi, che i soldati tornino a casa".
COSA PENSA LA SOCIETA' ISRAELIANA SU GAZA - IL LIBRO
benjamin netanyahu - offensiva militare su Gaza City
Stefano Mannoni per Mf – Milano Finanza
Ursula von der Leyen, nel suo discorso sull’Unione, ha annunciato sanzioni a Israele. Si dirà: era ora. Ma si tratta poco più che di un gesto simbolico perché gli Stati in questa materia conservano il potere di veto e qualcuno potrà farne uso. La Commissione però non aveva scelta.
Se non vuole perdere la faccia, continuando ad avallare la politica dei due pesi e due misure tra Ucraina e Israele, almeno il gesto simbolico doveva farlo.
benjamin netanyahu nella striscia di gaza
Tanto più che a bucare il muro della disinformazione che circonda qualsiasi evento riguardi il conflitto in corso a Gaza ci ha pensato Foreign Affairs che ha precisato, a firma di Dahlia Scheindlin e numeri alla mano, quanto segue: il premier Bibi Nethanyau ha dalla sua la stragrande maggioranza degli israeliani sul trattamento dei palestinesi a Gaza e sulla strategia generale sulla questione palestinese. Il dissenso riguarda due punti: le scelte sugli ostaggi ancora in mano ad Hamas e la demolizione dell’indipendenza del potere giudiziario.
Per quello che riguarda invece il tema dei due Stati, o la prosecuzione dell’occupazione militare in Cisgiordania, la quasi totalità dei suoi concittadini la pensa come lui, a cominciare dai giovani che si sono anch’essi radicalizzati a destra.
A differenza di quanto ci fa pensare la passerella mediatica di intellettuali israeliani dissidenti, o l’enfasi su questa o quella episodica manifestazione di protesta, la verità dura e pura è un’altra: il regime di apartheid e il processo di distruzione etnica a Gaza vanno a genio alla stragrande maggioranza della popolazione.
Ed è destinato a restare così fino a quando l’Occidente non cambierà registro e rinuncerà alla sua collusione con questa tragedia. Il che ci porta dritti all’elefante nella stanza. Ossia la convinzione degli occidentali che questi comportamenti, che risalgono alla stessa fondazione dello Stato di Israele, debbano essere condonati perché espiazione per l’enormità del genocidio ebraico e per la tolleranza di un antisemitismo radicato nei secoli.
video su gaza strip in trip creato con ai - netanyahu e trump
(…) Il destino dei palestinesi è stato segnato in modo irreversibile ben prima che si profilasse all’orizzonte il genocidio ebraico, ossia tra il 1917 e il 1939. Lo chiarisce in modo irrefutabile il libro di Rashid Khalidi, Palestina. Cento anni di colonialismo, guerra e resistenza, Laterza 2025.
La matrice della politica britannica, complice la Società delle Nazioni e il razzismo dell’Europa che ha preferito guardare altrove, è riconducibile a una guerra coloniale nello stile più classico possibile.
Gli inglesi hanno favorito spudoratamente il movimento sionista da quando hanno messo piede in Palestina relegando gli arabi al ruolo di intrusi in casa loro e reprimendo con una violenza inaudita la rivolta che provò ad opporsi a questa enormità che costò ai palestinesi il 10 per cento della sua popolazione maschile, uccisa, giustiziata o esiliata. Nel frattempo le milizie sioniste ottenevano armi e addestramento dagli inglesi di cui avrebbero fatto buon uso nel 1948.
Si potrebbe argomentare con il senno di poi che la tardiva proposta di partizione della Palestina della Commissione Peel avrebbe dovuto essere accettata dagli arabi che invece platealmente la rifiutarono. Sarebbe stata meglio di niente. Ma in realtà a quella proposta non credevano né gli inglesi né i sionisti che la consideravano del tutto insufficiente rispetto alle proprie ambizioni. Parliamo quindi di una vicenda di sopraffazione coloniale allo stato puro, assimilabile alla Guerra di Algeria o all’emancipazione del Sud Africa. Perché allora struggersi nei complessi di colpa?
BENJAMIN NETANYAHU E ISRAEL KATZ VISITANO LA STRISCIA DI GAZA
BENJAMIN NETANYAHU A GAZA
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