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Ugo Magri per "la Stampa"
Le pretese del Cavaliere si sono un filo abbassate. Fino a poco fa voleva mandare a casa il governo, cacciare i ministri «traditori» e risparmiare eventualmente il solo Alfano, a patto però che il vice-premier si presentasse in veste di penitente chiedendo perdono. Ora invece Berlusconi, nell'ordine:
1) trascorre ore insieme con Brunetta a studiarsi la legge di stabilità e il modo per aggiustarla (non è l'atteggiamento di chi, pregiudizialmente, vorrebbe sbarazzarsi di Letta);
2) ripete in privato che di qui a sabato 16, giorno del Consiglio nazionale, farà l'impossibile per riportare a casa Angelino, il quale del resto «è sempre stato nel mio cuore come lui stesso sa». Significa che Silvio è prossimo a capitolare?
Non esattamente. Su cosa gli verrà in mente di fare all'indomani della decadenza, il 28 novembre, nessuno metterebbe la mano sul fuoco. Di sicuro, una bella crisi gli piacerebbe. Inoltre, SB pare disposto a riammettere l'ex-delfino e il grosso dei dissidenti, non invece l'intera comitiva degli «innovatori». Se ci si fonda sugli ultimi colloqui del pomeriggio, Berlusconi lascerebbe fuori dall'uscio i suoi critici più irriducibili, insieme a quanti gli stanno antipatici.
La composizione della «black list» varia di continuo, ma quasi tutti vi collocano l'ex governatore lombardo Formigoni, gli ex ministri Sacconi e Giovanardi, più 2-3 di quelli in carica che, tolto il vice-premier, sono in 4. Proprio la presenza o meno dei ministri pare sia stata oggetto di un braccio di ferro prima del colloquio tra Berlusconi e Alfano, incominciato alle ore 21. Il primo non li voleva vedere nemmeno dipinti, l'altro insisteva per portarli con sé. Alla fine l'ha spuntata il Cav, Alfano s'è presentato da solo.
In attesa del match, le due fazioni hanno ingannato il tempo con le consuete reciproche imboscate (particolarmente aspro un duello Santelli-Santanché) e provocandosi a vicenda (nel Consiglio si dovrà votare a scrutinio segreto, secondo Formigoni; sarebbe un segno di viltà secondo la Repetti). I senatori «governativi» si sono riuniti con Quagliariello, e da lì si sono sprigionate voci ottimistiche: i consiglieri vicini alle «colombe» sarebbero oltre 300, si azzarda la cifra di 316 salvo precisare che numerosi altri potrebbero aggiungersi, col risultato di strappare ai «falchi» la maggioranza necessaria per le modifiche statutarie legate al trapasso dal Pdl a Forza Italia. Sai Berlusconi, a quel punto, che figura...
Sul tavolo del Cavaliere, che le ha mostrate ad Alfano, sono giunte cifre diverse. Su 863 membri del Consiglio 649 sarebbero schierati con i «lealisti» e solo 135 dalla parte degli insorti, i restanti 79 ancora in bilico. Qualcuno, è chiaro, non la racconta giusta. Ma c'è un'altra possibilità : che un certo numero di consiglieri tenga i piedi in due scarpe, dando la propria adesione al documento ufficiale berlusconiano, approvato dall'ufficio di presidenza, e pure alla mozione alfaniana.
Di quest'ultima è circolata una bozza in 8 punti. Si parte da un omaggio alla leadership del Cavaliere, da una sua difesa sul fronte giudiziario, da una professione di fede nel centrodestra, per planare sul pomo della discordia: il governo. Vi si afferma che «disattendere le istanze di stabilità significherebbe tradire l'Italia, marginalizzare il centrodestra» e fare un regalo alla sinistra. Che con Renzi già va forte di suo.
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