DAGOREPORT - BENVENUTI AL “CAPODANNO DA TONY”! IL CASO EFFE HA FATTO DEFLAGRARE QUEL MANICOMIO DI…
Alessandra Ziniti per “la Repubblica”
Sono le due del mattino di martedì. Un gruppo di migranti disorientati vaga per le strade di Lampedusa. Sono arrivati direttamente sull'isola con un barchino proveniente dalla Tunisia. Ma sono quasi tutti della Costa d'Avorio. Ventiquattr'ore dopo un altro barchino viene intercettato da una motovedetta della Guardia di Finanza ormai a un miglio dal porto. A bordo sono in 28 ma anche questa volta, insieme ai tunisini, ci sono ivoriani e camerunensi. Che ci fanno i migranti subsahariani sulle piccole barche di legno che, senza sosta, percorrono la rotta breve e più sicura dalla Tunisia a Lampedusa?
E poi c'è quel barcone con 102 persone (anche qui tunisini e subsahariani) arrivato direttamente in porto a mezzogiorno dopo tre giorni in mare senza incontrare nessuno. E ancora i 13 arrivati ieri sera L'intelligence ha avvertito Viminale e Palazzo Chigi: qualcosa si muove dall' altra parte del Mediterraneo. Lo dice l' improvvisa impennata degli sbarchi che, solo nei primi 18 giorni di settembre, hanno già superato quota 1435 facendo segnare per la prima volta negli ultimi due anni un segno più.
Numeri a cui devono aggiungersi le centinaia di persone riportate indietro dalla Guardia costiera libica (almeno 500 negli ultimi cinque giorni, dice l' Unhcr), quelli soccorsi da Malta e i 182 ancora a bordo della Ocean Viking in zona sar libica. Qualcosa si muove in Africa, è ancora tutto da decifrare, ma è qualcosa che preoccupa nel momento in cui il governo ha deciso di cambiare strada nella gestione dei flussi migratori e punta al meccanismo di redistribuzione automatica in Europa delle persone soccorse in mare da navi Ong o militari.
Solo che la percentuale di migranti che sbarcano in Italia così, e ancor di più quelle che verrebbero ricollocate nei Paesi volenterosi, è davvero irrilevante rispetto ai numeri in aumento esponenziale degli sbarchi autonomi. E il timore è che questa sia la nuova strada scelta dai trafficanti.
Nelle ultime settimane migliaia di persone si stanno spostando sulle coste in attesa di partire e le condizioni meteo, favorevoli da diversi giorni, stanno aiutando l' intensificazione dei flussi. Che però sembrano privilegiare un' altra rotta, quella più corta e sicura dalla Tunisia a Lampedusa.
Gli sbarchi fantasma nel 2019 hanno portato in Italia circa 5.500 persone sulle 6.570 fin qui arrivate: se tutto va bene bastano 24 ore per percorrere le 110 miglia sulle quali difficilmente, in assenza di un dispositivo di soccorso militare, si incontra qualcuno. Non si attraversa l'enorme sonza Sar maltese, basta entrare in acque italiane ed è fatta.
Solo che adesso ad utilizzare i piccoli barchini non sono più solo gruppi di tunisini autoorganizzati, ma i gruppi di trafficanti libici e dell' Africa centrale che stanno spostando sulle spiagge al confine tra Libia e Tunisia centinaia di migranti rinchiusi nei centri di detenzione nel deserto e lungo le coste libiche.
Colonne di pick up e furgoni fanno la spola di notte tra Tunisia e Libia e non sempre ai posti di frontiera si tengono gli occhi aperti. E questo è un secondo motivo di preoccupazione (e anche estremamente complesso) che riguarda i delicatissimi equilibri del NordAfrica e soprattutto in Libia.
Il timore è che il rinnovato patto di amicizia tra Italia e Francia possa far ipotizzare al governo di Al Serraji un parallelo riposizionamento di Roma rispetto ad Haftar. E che dunque, come è sempre stato in Tunisia, in Egitto e in Libia, il "rubinetto" dei migranti venga aperto e chiuso a piacimento per fare pressione e continuare ad ottenere le imponenti risorse che negli ultimi due anni il governo italiano ha deciso di investire per far fare alla guardia costiera libica il "lavoro sporco" di riportare indietro chi ci prova.
Al momento solo ipotesi, basate sull' osservazione dell' improvviso cambiamento dei flussi. Sui gommoni in partenza dalla Libia le chances di arrivare sono sempre di meno: la percentuale di mortalità è altissima ( uno su venti non ce la fa) così come il rischio di venire riportati indietro e l' atteggiamento più morbido del governo italiano nei confronti delle Ong incide poco o nulla visto che le navi umanitarie sono tutte sotto sequestro tranne la Alan Kurdi e la Ocean Viking che, dopo tre soccorsi, è ancora in zona Sar libica con 182 persone a bordo tra cui un bimbo di cinque giorni. Niente pull factor, dunque. E i trafficanti puntano sui barchini che nessuno riesce ad intercettare.
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