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PER FARE GRANDE UN PAPA CI VOGLIONO GRANDI EPURAZIONI – BERGOGLIO NEGLI ANNI HA FATTO PIAZZA PULITA DELLA VECCHIA CURIA ROMANA, A PARTIRE DAI “NEMICI” ITALIANI COME TARCISIO BERTONE, CONSIDERATO COME UNO DEI RESPONSABILI DELLA RINUNCIA DI RATZINGER - IL PAPA HA SEMPRE DETTO DI “AGIRE SECONDO IL MIO MANDATO” MA I SUOI DETRATTORI LO ACCUSANO DI ESSERSI LIBERATO DI CHI NON SI E' ALLINEATO - PADRE GEORG, IL CASO BECCIU, IL CARDINALE MULLER: TUTTI I “TROMBATI” ECCELLENTI
Estratto dell’articolo di Massimo Franco per il “Corriere della Sera”
«Eminenza, quando va a Roma si porti dietro un cane. E gli faccia assaggiare tutto quello che le danno, prima di mangiarlo lei...». Era il 2013. Jorge Mario Bergoglio, al tempo arcivescovo di Buenos Aires, si preparava a partire per il conclave che il 13 marzo lo avrebbe eletto Papa. E il viatico di quell’anonima parrocchiana della capitale argentina avrebbe segnato profondamente il suo pontificato.
E, almeno in parte, spiegato i suoi pregiudizi contro la Curia, il Vaticano e gli ecclesiastici «italiani»; l’ossessione per complotti, veri o inventati che fossero; e la durezza nei confronti di quelli che riteneva i suoi nemici.
bergoglio funerali di ratzinger
La realtà romana doveva apparirgli come un nido di serpenti. Si parlava in quei mesi di una potente lobby «del veleno e del pugnale».
Qualche ragione per pensarlo, Bergoglio la aveva. Benedetto XVI era stato indotto alle dimissioni perché si accorgeva di non riuscire più a governare la Chiesa, circondato com’era da pasticcioni e traditori della sua fiducia. E così, fin dall’inizio Francesco ha voluto sottolineare la cesura col passato: a cominciare dalla scelta di vivere a Casa Santa Marta […]
[…] Negli oltre dodici anni in cui ha regnato, Francesco ha sempre respinto quanti lo criticavano per alcune scelte percepite come avverse all’episcopato del Paese che lo ospitava, sostenendo di agire secondo il mandato ricevuto.
Probabilmente, all’inizio è stato così. E le prime teste sono cadute, a cominciare da quella dell’allora Segretario di Stato, il controverso cardinale Tarcisio Bertone, additato come uno dei responsabili della rinuncia di Benedetto.
PADRE GEORG GAENSWEIN E PAPA FRANCESCO
Ma col passare del tempo quel mandato è apparso anche una giustificazione per liberarsi di chi non era allineato al nuovo corso; per affermare la sua autorità pontificale; per promuovere il clero sudamericano e i fedelissimi.
Una delle frasi ricorrenti che gli venivano attribuite era: «Mi dicono che lei ce l’ha con me».
Quando Francesco accoglieva qualcuno con queste parole, il rapporto era incrinato in modo irrimediabile.
E in quel «mi dicono» si coglieva l’eco tossica delle maldicenze, di quel «chiacchiericcio» vaticano del quale il pontefice argentino era un fustigatore e insieme il terminale, e dunque una vittima involontaria. […] Casa Santa Marta è diventata col tempo una sorta di onnipotente centrale di potere, dalla quale partivano promozioni e condanne improvvise. A Francesco piaceva l’idea dei «blitz» imprevedibili. Era il suo modo di governare, gesuitico e con un tocco sudamericano.
[…] Quando nella primavera del 2017 ha liquidato il cardinale Gerhard Müller, il teologo tedesco scelto da Benedetto XVI, si è capito che non c’erano margini per i distinguo. Müller aveva spiegato che il ruolo del Prefetto per la dottrina della fede era anche quello di garantire l’ortodossia teologica. E questo, alle orecchie di un argentino tacciato di scarsa solidità dottrinale, era apparso come un insulto inaccettabile. Era successo nel 2015. E da Buenos Aires monsignor Victor Manuel Fernández, bergogliano doc e futuro custode dell’ortodossia, lo fece capire con nettezza.
INCONTRO TRA GEORGE PELL E PAPA FRANCESCO SULL OSSERVATORE ROMANO
Già allora, si intuiva che Francesco si sentiva accerchiato e poco amato, a Roma; e, dunque, era deciso a reagire col pugno di ferro. Monsignor Fernández ammetteva in una intervista al Corriere della Sera che non sapeva, ad appena due anni di distanza, se il Papa sarebbe stato rieletto. «Ma è accaduto, e l’unica cosa che conta ed è importante è la votazione in conclave, con l’assistenza speciale dello Spirito Santo. Se poi alcuni si sono pentiti non cambia nulla...», spiegava il futuro cardinale, teologo di fiducia di Bergoglio.
[…]
Nella volontà di rinnovamento radicale ha prevalso la disarticolazione delle strutture e della catena di comando tradizionali, più che la costruzione di un nuovo equilibrio; e un accentramento delle decisioni, delegate di volta in volta a personaggi diversi e intercambiabili in modo spesso sorprendente. Così è stato quando, a settembre del 2020, Francesco ha liquidato all’improvviso quello che per sette anni era stato il suo braccio destro come numero due della Segreteria di Stato, e che aveva promosso al cardinalato: Giovanni Angelo Becciu.
IL CARDINALE ANGELO BECCIU A CINQUE MINUTI SU RAI 1
Alla fine di un colloquio del quale non sono stati mai svelati i contenuti, Becciu si ritrovò «degradato» e poi sottoposto a processo: uno dei casi più clamorosi e inediti del papato, legato ufficialmente alle speculazioni su un palazzo vaticano a Londra e su fondi della Cei a una cooperativa legata alla famiglia Becciu, e a dir poco controverso. Ma da nove mesi si era consumata un’altra clamorosa «punizione» di un suo stretto collaboratore: monsignor Georg Gaenswein, Prefetto della Casa pontificia prima con Benedetto XVI, poi con Francesco.
L’ultima volta che era stato visto in un’udienza pubblica col Papa era stato il 15 gennaio del 2020. Da quel giorno, «don Georg» era scomparso. Nessun comunicato ufficiale. Nessun annuncio. Nessuna spiegazione.
papa francesco bergoglio e monsignor gaenswein
Francesco lo aveva rimosso dopo anni di tensioni sotterranee, approfittando di un pasticcio editoriale: un libro del cardinale conservatore Robert Sarah critico nei confronti di Bergoglio sul celibato dei religiosi, presentato come scritto a quattro mani col Papa emerito, anche se non lo era, e al quale in qualche modo Gaenswein aveva dato in modo imprudente il «via libera».
A colpire, tuttavia, non era il merito dell’allontanamento dai riflettori e da qualunque ruolo pubblico, e o il confinamento dentro il Monastero. Stupiva il metodo di Bergoglio, che aveva deciso senza sentire il bisogno di spiegare i motivi di un provvedimento foriero di scontri, di ritorsioni, e di nuovi pettegolezzi.
D’altronde, anche con altri personaggi che sembravano godere della sua assoluta fiducia il trattamento era stato sbrigativo. Nell’ottobre del 2019 aveva accolto le dimissioni del capo della Gendarmeria da vent’anni, Domenico Giani, capro espiatorio di una fuga di documenti. Prima indotto al passo indietro, e subito dopo lodato pubblicamente: un doppio registro frequente in Francesco.
E nell’autunno del 2023 ha sostituito il presidente dell’Apsa, la cassaforte immobiliare del Vaticano, il fedele monsignor Nunzio Galantino, ufficialmente perché aveva compiuto 75 anni: un criterio seguito a intermittenza. Anche perché rispetto alle premesse palingenetiche del conclave, gli scandali non sono finiti, anzi.
Nunzio Galantino Papa Francesco
I nemici di Francesco sono stati in parte emarginati e battuti, in parte si sono acquattati in attesa di una rivincita. E il fatto che la stragrande maggioranza dei cardinali siano stati nominati da lui non è una garanzia di continuità. Quando tutti sono «bergogliani», nessuno è «bergogliano»: soprattutto dopo la scomparsa di Bergoglio. […]
IL CARDINALE ANGELO BECCIU
IL CARDINALE ANGELO BECCIU A CINQUE MINUTI SU RAI 1
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